Alla fine del turno. I volti lividi e segnati di infermieri e medici in prima linea, eroi italiani
"Ciò che stiamo vivendo è come un tatuaggio. Rimarrà per sempre". In Italia sono più di 7100 gli operatori sanitari contagiati, più di 50 medici hanno perso la vita
I medici e le infermiere in prima linea nella pandemia di coronavirus sono quasi irriconoscibili dietro le loro mascherine, le cuffie, i guanti, i camici, una fragile armatura da battaglia indossata all'inizio di ogni turno e loro unica barriera al contagio. I fotografi dell'Associated Press hanno catturato i loro volti e i loro sguardi alla fine degli estenuanti turni quotidiani nei reparti di terapia intensiva nelle città di Bergamo, Brescia e Roma. Teli chirurgici verdi a fare da sfondo, zigomi segnati dai lividi lasciati dalle mascherine di protezione.
Venerdì 27 marzo è stata una brutta giornata: l'Italia ha registrato il maggior numero di decessi dall'esplosione del coronavirus nel nostro Paese. Il bollettino diffuso dalla Protezione civile parlava però di una crescita di contagiati stabile. Medici, infermieri e personale sanitario sanno che la guerra non è vinta e l'emergenza non è finita. "Ciò che stiamo vivendo è come un tatuaggio", dice Daniela Turno, un'infermiera della terapia intensiva dell'ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo. "Rimarrà per sempre".
Medici, infermieri, addetti all'amministrazione e alle pulizie degli ospedali. Sono loro gli eroi di questi giorni difficili. Curano i malati e sostituiscono figli, fratelli, sorelle che non possono tenere la mano ai propri cari, tenuti in isolamento, incoraggiano, sostengono. "Abbiamo pazienti che hanno fame d'aria", spiega il dott. Tomasoni dell'Ospedale di Brescia. "Cerchiamo di dare vicinanza, tenerezza". Continua: "A volte, gli operatori non bevono durante i loro turni di 8, 10 o 12 ore, per non andare in bagno, altrimenti si dovrebbero spogliare, perdendo tempo prezioso. Seguono rigorosi protocolli e sanno che una mossa sbagliata potrebbe significare il contagio anche per loro". In tutto il Paese sono più di 7100 gli operatori sanitari contagiati, 51 medici hanno perso la vita.
Venerdì 27 marzo è stata una brutta giornata: l'Italia ha registrato il maggior numero di decessi dall'esplosione del coronavirus nel nostro Paese. Il bollettino diffuso dalla Protezione civile parlava però di una crescita di contagiati stabile. Medici, infermieri e personale sanitario sanno che la guerra non è vinta e l'emergenza non è finita. "Ciò che stiamo vivendo è come un tatuaggio", dice Daniela Turno, un'infermiera della terapia intensiva dell'ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo. "Rimarrà per sempre".
Medici, infermieri, addetti all'amministrazione e alle pulizie degli ospedali. Sono loro gli eroi di questi giorni difficili. Curano i malati e sostituiscono figli, fratelli, sorelle che non possono tenere la mano ai propri cari, tenuti in isolamento, incoraggiano, sostengono. "Abbiamo pazienti che hanno fame d'aria", spiega il dott. Tomasoni dell'Ospedale di Brescia. "Cerchiamo di dare vicinanza, tenerezza". Continua: "A volte, gli operatori non bevono durante i loro turni di 8, 10 o 12 ore, per non andare in bagno, altrimenti si dovrebbero spogliare, perdendo tempo prezioso. Seguono rigorosi protocolli e sanno che una mossa sbagliata potrebbe significare il contagio anche per loro". In tutto il Paese sono più di 7100 gli operatori sanitari contagiati, 51 medici hanno perso la vita.