Beni confiscati e nuove immagini di Rocco Morabito: tra i 10 mafiosi più ricercati d'Italia
Tra qualche giorno partirà l'iter per la richiesta di estradizione in Italia di Rocco Morabito. Il ministero della Giustizia ha già disposto la traduzione degli atti giudiziari riguardanti il boss
ottobre 1967 in Rio de Janeiro (Brasile) e grazie al quale aveva ottenuto una carta d'identità uruguaiana. Quei documenti lo hanno inchiodato, perché segnalati dallo Scip, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del dipartimento della Pubblica Sicurezza e dalla polizia brasiliana, che li aveva inseriti nella banca dati dell'Interpol. Le impronte digitali, grazie alla collaborazione tra la polizia uruguayana ed il Comando provinciale carabinieri di Reggio Calabria attraverso il contributo del III Servizio della Dcsa e l'Interpol, hanno confermato si trattasse di uno dei 10 latitanti di massima pericolosità, insieme ad altri boss del calibro di Matteo Messina Denaro.
E mentre il ministero della Giustizia italiana si appresta alla traduzione degli atti giudiziari riguardanti Morabito, la polizia di Montevideo ha diffuso le immagini di alcuni beni confiscati al boss. Tra questi una villa di lusso con piscina, situata nella località di Punta del Este, una mercedes, numerosi telefonini e carte di credito.
Morabito, l'arresto in hotel
La sua individuazione è stata possibile grazie all'attività di ricerca che la polizia aveva avviato su indicazione dell'esperto per la sicurezza della Dcsa in Argentina, e per la collaborazione tra carabinieri reggini con il III Servizio della Dcsa. Le ricerche, svolte in Italia con la direzione della Dda di Reggio Calabria, poi estese in campo internazionale, sono state progressivamente ristrette al Sud America ed in particolare all'Uruguay, alla cui polizia sono state fornite dai carabinieri, attraverso il III Servizio della Dcsa, gli elementi utili all'identificazione. Morabito è stato individuato in un noto albergo a Montevideo. Al momento dell'irruzione era insieme alla compagna, una donna angolana con passaporto portoghese che è stata arrestata, ed aveva con sé tre cellulari, una pistola, 12 carte di credito, assegni in dollari e 150 foto carnet con il suo viso.
Morabito, consegnò una valigia con 2,9 miliardi di lire
Fu un'inchiesta milanese, coordinata all'epoca dal pm Laura Barbaini, ora alla Procura generale, a scoprire che Rocco Morabito, il super latitante di 'ndrangheta, consegnava valigette con miliardi e miliardi di lire ai narcos colombiani direttamente in piazza San Babila, nel centro di Milano. In un'occasione, in particolare, il 15 marzo del '94, gli investigatori fotografarono il boss in doppiopetto grigio, accompagnato dal cognato Domenico Mollica, mentre in uno di questi incontri
teneva in mano una valigetta con dentro 2,9 miliardi di lire. Sulla base di questa inchiesta, che accertò come Morabito, che non aveva ancora 30 anni, passasse dagli incontri in San Babila e nella zona della Galleria Vittorio Emanuele a quelli nelle banche a Lugano. Nel 1997, il boss è stato condannato dalla Corte d'Appello milanese per associazione mafiosa e traffico di droga a 28 anni di carcere, poi confermati dalla Cassazione nel 2000 (l'ordine di esecuzione per i 30 anni da scontare, invece, è della magistratura di Reggio Calabria, perché è arrivata una condanna successiva).
Morabito sfuggì all'arresto nel '94
Nel giorno del suo compleanno, il 13 ottobre del '94, Morabito riuscì a sfuggire all'arresto. Nell'ambito dell'inchiesta 'Fortaleza', 21 persone vennero portate in carcere per traffico di droga e armi. Successivamente, la Cassazione ha riconosciuto a suo carico anche il reato di associazione mafiosa con una sentenza che, seguendo la tesi del pm Barbaini, per la prima volta certificò la capacità della 'ndrangheta di mimetizzarsi in un tessuto sociale ed economico come quello milanese. La capacità, scrissero gli Ermellini, della mafia calabrese, e in questo caso del gruppo Morabito-Mollica, di infiltrarsi "in un'area geografica diversa per cultura, mentalità e abitudini" con una "forma di controllo ambientale selettivo", funzionale alla "conduzione" delle loro attività illecite. La Cassazione parlò, in particolare, di "occulta e incontrollabile pervasività" della 'ndrangheta a Milano. Tra gli atti dell'inchiesta, anche un appostamento degli investigatori che fotografarono Morabito al funerale del gestore di uno stand dell'Ortomercato milanese, altro zona di business del gruppo.