Biodiversità in crisi. Allarme Onu: un milione di specie a rischio estinzione
Secondo il rapporto Ipbes le attività umane hanno "significativamente modificato" la maggior parte degli ecosistemi terrestri e marini
Nuova preoccupante allerta per il pianeta. Un milione di specie animali e vegetali - vale a dire una su otto - sono a rischio estinzione nel breve termine, ha avvertito oggi la Piattaforma Intergovernativa per la Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (Ipbes), riunita da una settimana all'Unesco di Parigi.
L'Ipbes individua anche le principali responsabilità di questa situazione: al primo posto, l'utilizzo che stiamo facendo di terra e mare, seguito dallo sfruttamento di piante e animali, mentre al terzo posto ci sono i cambiamenti climatici.
Secondo il rapporto, le attività umane hanno "significativamente modificato" la maggior parte degli ecosistemi terrestri e marini: il 40% dell'ambiente marino globale mostra "gravi alterazioni" a seguito delle pressioni umane e a essere in declino sono "ricchezza e abbondanza" dei mari di tutto il mondo.
Gli esperti dei 110 paesi presenti ai lavori, sui 132 dell'organizzazione Onu, vogliono tuttavia continuare a nutrire un briciolo di speranza: evitare il peggio, avvertono, è ancora possibile, a condizione di porre fine all'eccessivo sfruttamento del pianeta Terra.
"La salute degli ecosistemi da cui dipendiamo, come tutte le altre specie, peggiora in modo più rapido che mai", sintetizza il presidente dell'Ipbes, Robert Watson, spiegando che il pianeta sta erodendo "le fondamenta stessa delle sue economie, dei mezzi di sussistenza, la sicurezza alimentare, la salute e la qualità di vita nel mondo intero".
"Non è troppo tardi per agire, ma solo se si comincia a farlo adesso a tutti i livelli, locale e mondiale", ha aggiunto, rivolgendosi ai governi e ai cittadini di tutto il pianeta. Una delegazione di esperti dell'Ipbes verrà ricevuta nel pomeriggio dal presidente Emmanuel Macron.
L'Ipbes individua anche le principali responsabilità di questa situazione: al primo posto, l'utilizzo che stiamo facendo di terra e mare, seguito dallo sfruttamento di piante e animali, mentre al terzo posto ci sono i cambiamenti climatici.
Secondo il rapporto, le attività umane hanno "significativamente modificato" la maggior parte degli ecosistemi terrestri e marini: il 40% dell'ambiente marino globale mostra "gravi alterazioni" a seguito delle pressioni umane e a essere in declino sono "ricchezza e abbondanza" dei mari di tutto il mondo.
Gli esperti dei 110 paesi presenti ai lavori, sui 132 dell'organizzazione Onu, vogliono tuttavia continuare a nutrire un briciolo di speranza: evitare il peggio, avvertono, è ancora possibile, a condizione di porre fine all'eccessivo sfruttamento del pianeta Terra.
"La salute degli ecosistemi da cui dipendiamo, come tutte le altre specie, peggiora in modo più rapido che mai", sintetizza il presidente dell'Ipbes, Robert Watson, spiegando che il pianeta sta erodendo "le fondamenta stessa delle sue economie, dei mezzi di sussistenza, la sicurezza alimentare, la salute e la qualità di vita nel mondo intero".
"Non è troppo tardi per agire, ma solo se si comincia a farlo adesso a tutti i livelli, locale e mondiale", ha aggiunto, rivolgendosi ai governi e ai cittadini di tutto il pianeta. Una delegazione di esperti dell'Ipbes verrà ricevuta nel pomeriggio dal presidente Emmanuel Macron.