Brexit, Boris Johnson perde la maggioranza in Parlamento. Deputato Tory va con LibDem
Philip Lee è passato al gruppo di opposizione dei Liberaldemocratici
Il governo di Boris Johnson ha perso la maggioranza assoluta numerica che lo sosteneva alla Camera dei Comuni. Il deputato conservatore britannico Philip Lee ha lasciato i Tory per raggiungere i Lib-Dem, i liberaldemocratici. Mentre Johnson stava parlando, Lee si è alzato e ha attraversato la Camera dei Comuni, per sedersi coi Lib-Dem. La defezione del deputato tuttavia non determina la caduta automatica del governo, per la quale serve un voto di sfiducia.
Successivamente, in un comunicato diffuso dalla stampa locale, Philip Lee ha spiegato: "Oltre 27 anni fa mi sono unito al Partito conservatore. Il partito che lascio oggi non è quello del 1992. Il governo conservatore di oggi sta perseguendo in modo aggressivo una Brexit dannosa e senza principi. Mette a rischio inutilmente delle vite e dei mezzi di sussistenza, oltre a minacciare pericolosamente l'integrità del Regno Unito. Più in generale, sta minando l'economia, la democrazia e il ruolo del nostro Paese nel mondo. Inoltre impiega la manipolazione politica, il bullismo e le menzogne. E sta facendo queste cose in modo deliberato e ponderato. Ecco perché oggi" - prosegue l'ex deputato tory - "mi unisco a Jo Swinson e ai liberaldemocratici, che ritengo siano nella posizione migliore per costituire quella forza politica unificante e stimolante necessaria per superare le nostre divisioni, impiegare al meglio i nostri talenti, attrezzarci per cogliere le opportunità e superare le sfide che affrontiamo come società - e lasciare alle future generazioni un Paese e un mondo migliori". Ha suscitato molte polemiche la decisione di Boris Johnson di bloccare i lavori del Parlamento fino al 14 ottobre per impedire un ulteriore rinvio della Brexit, fissata al 31 ottobre.
Nel suo intervento Boris Johnson ha ribadito di volere "attuare la Brexit il 31 ottobre", contestato la legge anti-no deal e avvertito che non l'accetterà "mai". Johnson ha detto di non essere disposto a chiedere alcun ulteriore rinvio all'Ue e che l'eventuale approvazione del testo anti-no deal "distruggerebbe" ogni tentativo di riaprire il negoziato sul backstop con i 27.
Jeremy Corbyn ha accusato Johnson di "attaccare la nostra democrazia" per cercare di portare la Gran Bretagna verso "una sconsiderata Brexit no deal". "Questo non è più solo il governo del caos, è anche il governo della codardia", ha tuonato il laburista, sfidando Johnson a rispettare "lo stato di diritto" e ad accettare la legge anti-no deal se la Camera l'approverà.
"Il governo di Boris Johnson", ha continuato Corbyn, "non ha il mandato, non ha la credibilità morale e, da oggi, non ha neppure la maggioranza" parlamentare". Un riferimento diretto alla perdita del controllo sulla Camera dei Comuni da parte dell'esecutivo, dopo il passaggio nelle file dei Liberaldemocratici dell'ex viceministroTory anti-Brexit Philip Lee.
Successivamente, in un comunicato diffuso dalla stampa locale, Philip Lee ha spiegato: "Oltre 27 anni fa mi sono unito al Partito conservatore. Il partito che lascio oggi non è quello del 1992. Il governo conservatore di oggi sta perseguendo in modo aggressivo una Brexit dannosa e senza principi. Mette a rischio inutilmente delle vite e dei mezzi di sussistenza, oltre a minacciare pericolosamente l'integrità del Regno Unito. Più in generale, sta minando l'economia, la democrazia e il ruolo del nostro Paese nel mondo. Inoltre impiega la manipolazione politica, il bullismo e le menzogne. E sta facendo queste cose in modo deliberato e ponderato. Ecco perché oggi" - prosegue l'ex deputato tory - "mi unisco a Jo Swinson e ai liberaldemocratici, che ritengo siano nella posizione migliore per costituire quella forza politica unificante e stimolante necessaria per superare le nostre divisioni, impiegare al meglio i nostri talenti, attrezzarci per cogliere le opportunità e superare le sfide che affrontiamo come società - e lasciare alle future generazioni un Paese e un mondo migliori". Ha suscitato molte polemiche la decisione di Boris Johnson di bloccare i lavori del Parlamento fino al 14 ottobre per impedire un ulteriore rinvio della Brexit, fissata al 31 ottobre.
Nel suo intervento Boris Johnson ha ribadito di volere "attuare la Brexit il 31 ottobre", contestato la legge anti-no deal e avvertito che non l'accetterà "mai". Johnson ha detto di non essere disposto a chiedere alcun ulteriore rinvio all'Ue e che l'eventuale approvazione del testo anti-no deal "distruggerebbe" ogni tentativo di riaprire il negoziato sul backstop con i 27.
Jeremy Corbyn ha accusato Johnson di "attaccare la nostra democrazia" per cercare di portare la Gran Bretagna verso "una sconsiderata Brexit no deal". "Questo non è più solo il governo del caos, è anche il governo della codardia", ha tuonato il laburista, sfidando Johnson a rispettare "lo stato di diritto" e ad accettare la legge anti-no deal se la Camera l'approverà.
"Il governo di Boris Johnson", ha continuato Corbyn, "non ha il mandato, non ha la credibilità morale e, da oggi, non ha neppure la maggioranza" parlamentare". Un riferimento diretto alla perdita del controllo sulla Camera dei Comuni da parte dell'esecutivo, dopo il passaggio nelle file dei Liberaldemocratici dell'ex viceministroTory anti-Brexit Philip Lee.