Cesare Battisti: una vita da rifugiato, quattro omicidi alle spalle e un ergastolo da scontare
Terrorista nella vita precedente, scrittore in quella successiva. Rifugiato politico in Brasile, l'ex membro del gruppo Proletari Armati per il Comunismo potrebbe essere estradato in Italia
I quattro omicidi
La prima vittima di Battisti è Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria, ucciso il 6 giugno 1978 a Udine. Il delitto viene rivendicato dai Proletari Armati per il Comunismo (Pac). Secondo la sentenza, il terrorista italiano è uno dei due killer. Il 16 febbraio 1979 vengono commessi due omicidi: alle 15 circa, a Milano viene ucciso il gioielliere Pierluigi Torregiani (il 22 gennaio precedente aveva ucciso un rapinatore durante una tentata rapina), alle 18 a Santa Maria di Sala (Venezia) Lino Sabbadin (si era opposto con le armi ad un tentativo di rapina), macellaio di Mestre. Per il primo delitto (nella sparatoria rimase anche ferito Alberto, il figlio 15enne, da allora costretto su una sedia a rotelle) Battisti viene condannato come co-organizzatore, per l'altro i giudici gli contestano la "copertura armata" all'esecutore materiale. L'ultimo omicidio attribuito a Battisti risale al 19 aprile 1979: a morire è Andrea Campagna, agente della Digos.
La fuga dall'Italia
Nel 1979, nell'ambito di un'operazione antiterrorismo di vaste proporzioni, Battisti venne arrestato. Detenuto nel carcere di Frosinone e condannato a 13 anni e 5 mesi per l'omicidio del gioielliere Torregiani. Nel 1981 riesce a evadere. Passano quattro anni e arriva la condanna all’ergastolo nel processo contro i Pac, sentenza confermata in Cassazione. Per circa un anno vive da latitante a Parigi, poi è la volta del Messico dove fonda la rivista culturale Via Libre. Nel 1990, fa ritorno a Parigi. Viene arrestato di nuovo ma, cinque mesi dopo, la Francia nega l'estradizione. Autore di Noir, nel 1997 è uno degli "esuli" dei movimenti politici dell'estrema sinistra italiana rifugiati in Francia, riuniti nell'associazione "XXI secolo", che chiedono all'allora presidente Oscar Luigi Scalfaro una soluzione politica "di indulto o di amnistia" dei reati loro addebitati.
In quegl'anni, Battisti si scopre giallista e pubblica con la Éditions Gallimard, una delle più grandi case editrici francesi. Nel 2004, sceglie come rifugio il Brasile, poco prima del pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato francese che l'avrebbe estradato in Italia. Arrestato in Brasile ottiene successivamente lo Status di rifugiato politico. Protetto dall'ex presidente Lula, Battisti ha goduto fino ad ora delle "clausole del trattato di estradizione in vigore tra Brasile e Italia".
Nel 2011, l'estradizione in Italia viene definitivamente negata dal Tribunale Supremo brasiliano. Così Battisti ottiene il permesso di soggiorno nel Paese. Come lui stesso dirà in alcune dichiarazioni: "Non è vero che non posso lasciare il Paese. Non sono un rifugiato, sono un immigrato con un visto permanente, posso viaggiare all'estero ogni volta che voglio". Ma il tentativo di varcare i confini brasiliani per entrare in Bolivia - il fatto è avvenuto lo scorso 4 ottobre - ha riacceso i riflettori sul caso. "Non stavo fuggendo, non ho motivo di lasciare il Brasile, l'unico Paese in cui sono protetto è questo". Eppure Battisti è convinto si tratti di un'imboscata: "Tutti i poliziotti erano felici di avermi arrestato, poi quando sono stato rilasciato mi sono sembrati molto tristi".