Sneaker, ballerine, k-pop e serie tv, la rivoluzione culturale di Kim Jong-un e della Corea del Nord
Che cosa c'è dietro la svolta pop del leader della Corea del Nord?
Alla fabbrica di scarpe di Ryuwon, a Pyongyang, si lavora senza sosta. I dormitori sono proprio accanto alle stanze che ospitano la linea di produzione dove le operaie incollano e cuciono, assemblano e confezionano coloratissime sneakers simil Air Jordan. La televisione trasmette serie divertenti da guardare. E da qualche parte ballerine in short preparano il prossimo show di k-pop. Altro che kitsch! Sotto la guida del leader Kim Jong-un sembra quasi che per la Corea del Nord sia arrivato il momento di una svolta "pop", ben lontana dai giorni oscuri del passato, del "tutto fatto in serie".
I cambiamenti ci sono stati e abbracciano i campi più disparati. Si va dalla programmazione televisiva alla nuova varietà dei beni di consumo, che, secondo gli osservatori, hanno segnato una svolta, in senso positivo, nell'era del giovane Kim, appassionato di musica, basket e videogame. Forse si tratta di un tentativo di tenere il passo con la Corea del Sud o di un'apertura al mondo occidentale in una sorta di "operazione simpatia", vista l'imminente lancio del paese anche nel mercato del turismo, annunciata dalla costruzione di imponenti e lussuosi resort.
"La cosa più importante per noi è produrre un prodotto che si adatti ai gusti della gente", ha detto Kim Kyong Hui della Ryuwon Shoe Factory intervistata dall'Associated Press nello showroom della struttura, stracolmo di dozzine di tipi di scarpe da corsa, pallavolo, calcio, basket, persino ping-pong. "Il nostro leader Kim Jong-un ci ha insegnato a studiare da vicino le scarpe di tutto il mondo", ha aggiunto, indicando un paio di calzature da basket rosse fiammanti.
I raccoglitori di ginseng selvatico
Non è poco per il paese più isolato del mondo dove ogni cambiamento è visto come sospetto a meno che, appunto, non arrivi dal leader in persona. Così come non può essere un caso che in tanti corrano a casa per guardare gli episodi de "I raccoglitori di ginseng selvatico della guerra di Imjin", un dramma storico ambientato alla fine del XVI secolo, quando la Corea stava lottando contro le invasioni giapponesi della penisola coreana fra il 1592 e il 1598.
Il tema nazionalista anti-giapponese non è una novità ed era già stato usato per la serie animata "The Boy General", voluta da Kim Jong-un, grande appassionato di Dragon Ball, che nel 2015 aveva riscosso un successo tale da sorprendere anche i critici sudcoreani per la qualità della produzione.
La cura usata nella programmazione televisiva di quello che, per ora, è l'unico canale che può essere visto ovunque nel paese, riflette la consapevolezza da parte del regime che il popolo ha sempre più dimestichezza con la cultura straniera, nonostante sia impossibile per la maggior parte dei cittadini viaggiare all'estero o disporre liberamente di prodotti importati. Ovviamente, il discorso vale soprattutto per l'élite abituata a vedere sugli scaffali dei negozi di Pyongyang i marchi di lusso far bella mostra di sé. E anche se è ancora vietato guardare film sudcoreani, le pellicole di Bollywood sono diffuse e popolarissime così come i libri di Harry Potter, presenti in tutte le biblioteche.
La svolta k-pop
Poi c'è la musica, da cui ha avuto inizio la svolta pop di Kim Jong-un alla fine del 2011 con la creazione della Moranbong Band, un ensemble di cantanti e musiciste definite il "volto soft del regime". Le artiste sono tutte membri dell'esercito, ma sfoggiano tagli di capelli alla moda e vestiti attillati. Oltre a loro, alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, cui non era scontato che il Nord partecipasse, hanno attirato i flash dei fotografi di tutto il mondo non solo il tifo delle giovani cheerleader, ma anche una nuova band che si è esibita nella Zona Demilitarizzata in short neri e top rossi. Poco tempo dopo, Kim era tra il pubblico mentre la più popolare delle k-pop band sudcoreane, le Red Velvet si esibivano in pompa magna a Pyongyang.
Una svolta pop annunciata dunque, e nelle corde di un leader giovane che non ha mai nascosto alcune simpatie "occidentali", ma ben lungi dal potersi considerare un'apertura a nuovi stili di vita. La scena musicale di Pyongyang è ancora dominata dalla musica tradizionale, per la strade si indossano i vestiti tradizionali, i programmi televisivi e i film riadattano con canoni moderni i temi del passato. Secondo gli osservatori, l'obiettivo, neanche mai celato, è proprio quello di "fare in casa" ciò che piace tanto dell'estero, come dimostra una politica statale che incoraggia sempre di più la produzione interna a scapito delle importazioni. E questo vale anche per la televisione e la musica pop.
I cambiamenti ci sono stati e abbracciano i campi più disparati. Si va dalla programmazione televisiva alla nuova varietà dei beni di consumo, che, secondo gli osservatori, hanno segnato una svolta, in senso positivo, nell'era del giovane Kim, appassionato di musica, basket e videogame. Forse si tratta di un tentativo di tenere il passo con la Corea del Sud o di un'apertura al mondo occidentale in una sorta di "operazione simpatia", vista l'imminente lancio del paese anche nel mercato del turismo, annunciata dalla costruzione di imponenti e lussuosi resort.
"La cosa più importante per noi è produrre un prodotto che si adatti ai gusti della gente", ha detto Kim Kyong Hui della Ryuwon Shoe Factory intervistata dall'Associated Press nello showroom della struttura, stracolmo di dozzine di tipi di scarpe da corsa, pallavolo, calcio, basket, persino ping-pong. "Il nostro leader Kim Jong-un ci ha insegnato a studiare da vicino le scarpe di tutto il mondo", ha aggiunto, indicando un paio di calzature da basket rosse fiammanti.
I raccoglitori di ginseng selvatico
Non è poco per il paese più isolato del mondo dove ogni cambiamento è visto come sospetto a meno che, appunto, non arrivi dal leader in persona. Così come non può essere un caso che in tanti corrano a casa per guardare gli episodi de "I raccoglitori di ginseng selvatico della guerra di Imjin", un dramma storico ambientato alla fine del XVI secolo, quando la Corea stava lottando contro le invasioni giapponesi della penisola coreana fra il 1592 e il 1598.
Il tema nazionalista anti-giapponese non è una novità ed era già stato usato per la serie animata "The Boy General", voluta da Kim Jong-un, grande appassionato di Dragon Ball, che nel 2015 aveva riscosso un successo tale da sorprendere anche i critici sudcoreani per la qualità della produzione.
La cura usata nella programmazione televisiva di quello che, per ora, è l'unico canale che può essere visto ovunque nel paese, riflette la consapevolezza da parte del regime che il popolo ha sempre più dimestichezza con la cultura straniera, nonostante sia impossibile per la maggior parte dei cittadini viaggiare all'estero o disporre liberamente di prodotti importati. Ovviamente, il discorso vale soprattutto per l'élite abituata a vedere sugli scaffali dei negozi di Pyongyang i marchi di lusso far bella mostra di sé. E anche se è ancora vietato guardare film sudcoreani, le pellicole di Bollywood sono diffuse e popolarissime così come i libri di Harry Potter, presenti in tutte le biblioteche.
La svolta k-pop
Poi c'è la musica, da cui ha avuto inizio la svolta pop di Kim Jong-un alla fine del 2011 con la creazione della Moranbong Band, un ensemble di cantanti e musiciste definite il "volto soft del regime". Le artiste sono tutte membri dell'esercito, ma sfoggiano tagli di capelli alla moda e vestiti attillati. Oltre a loro, alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, cui non era scontato che il Nord partecipasse, hanno attirato i flash dei fotografi di tutto il mondo non solo il tifo delle giovani cheerleader, ma anche una nuova band che si è esibita nella Zona Demilitarizzata in short neri e top rossi. Poco tempo dopo, Kim era tra il pubblico mentre la più popolare delle k-pop band sudcoreane, le Red Velvet si esibivano in pompa magna a Pyongyang.
Una svolta pop annunciata dunque, e nelle corde di un leader giovane che non ha mai nascosto alcune simpatie "occidentali", ma ben lungi dal potersi considerare un'apertura a nuovi stili di vita. La scena musicale di Pyongyang è ancora dominata dalla musica tradizionale, per la strade si indossano i vestiti tradizionali, i programmi televisivi e i film riadattano con canoni moderni i temi del passato. Secondo gli osservatori, l'obiettivo, neanche mai celato, è proprio quello di "fare in casa" ciò che piace tanto dell'estero, come dimostra una politica statale che incoraggia sempre di più la produzione interna a scapito delle importazioni. E questo vale anche per la televisione e la musica pop.