Kashmir, storie di donne in stato d'emergenza
Una madre che non riesce a saper nulla sul suo neonato prematuro in ospedale, una sposa che non è riuscita a realizzare il matrimonio dei suoi sogni, una fotoreporter che subisce molestie da parte delle forze di sicurezza a causa della sua professione e del suo genere. Il reportage fotografico di Associated Press dal Kashmir sotto lo stato di emergenza imposto dal governo indiano.
Da quando, nell'agosto scorso, il governo nazionalista indù del Primo ministro Narendra Modi ha tolto al Kashmir indiano i suoi poteri semi-autonomi e messo la regione a maggioranza musulmana sotto un pesante blocco di sicurezza, la vita quotidiana per la gente comune è diventata difficile, una lotta continua. E per le donne ancora di più.
L'esercito indiano aveva occupato le strade e migliaia erano stati gli arresti. Il governo aveva imposto il coprifuoco e interrotto gran parte delle comunicazioni della regione con il mondo esterno, chiudendo Internet e i servizi telefonici. Anche i servizi di trasporto pubblico erano stati interrotti. Da allora le autorità hanno alleggerito alcune restrizioni, togliendo il coprifuoco, rimuovendo i blocchi stradali e ripristinando i telefoni fissi e alcuni servizi di telefonia mobile, ma le altre misure rimangono in vigore. Per il governo indiano queste misure sono necessarie per prevenire la violenza delle proteste di strada, frequenti nella regione.
Mentre gli uomini costituiscono storicamente la maggioranza dei manifestanti e degli insorti nella regione e sono spesso i primi arrestati e anche le prime vittime degli abusi di cui vengono spesso accusate le forze di sicurezza, gli esperti spiegano che sono le donne a soffrire di più per il giro di vite sul Kashmir anche se in un modo meno visibile.
Il figlio di Zahida Jahangir è nato prematuro e debole. Dopo il parto è stato trasferito d'urgenza dalla clinica dove era nato nel reparto di terapia intensiva neonatale in un ospedale pediatrico dall'altra parte della città. Lo stato di emergenza ha reso quasi impossibile per Zahida visitare suo figlio e addirittura comunicare con l'ospedale. Il risultato è che Zahida è stata separata dal figlio durante i primi 20 giorni della sua vita, e anche se ora è in buona salute, l'esperienza ha inferto in lei un dolore che, dice, solo una madre può comprendere.
Il matrimonio di Kulsuma Rameez era già fissato quando è stato imposto lo stato di emergenza impedendole di andare a cercare l'abito da sposa che sognava. Si è sposata con un abito preso in prestito e con una piccola cerimonia alla quale hanno partecipato soltanto alcuni parenti e vicini. Dopo la cerimonia, ha dovuto raggiungere a piedi con il marito la nuova casa perché le strade erano bloccate dalla polizia.
La fotoreporter Masrat Zahra stava documentando la prima protesta del venerdì dopo l'entrata in vigore del blocco quando un agente di polizia ha minacciato di prenderla a calci. Dice che le donne del Kashmir non possono uscire di casa senza un compagno accanto per paura di essere molestate dai soldati. Tuttavia, non si dà per vinta: "Non si può rimanere in silenzio. Se esci e parli, qualcuno sentirà la tua voce. Uscire per fare il mio lavoro è il mio modo di protestare."
Ateeqa Begum vive da sola da quando il suo unico figlio, Fasil Aslam Mir, 22 anni che ha preso il ruolo di capofamiglia, è stato arrestato mentre tornava a casa dopo aver acquistato delle medicine per lei durante il primo giorno di coprifuoco: "Mio figlio è stato trasferito in un prigione indiana e non ho alcun mezzo per andare a trovarlo."
Sabahat Rasool, medico in un ospedale nella città principale del Kashmir indiano, dice che lo stato di emergenza ha completamente stravolto la sua vita. Al reporter di Ap racconta la storia di una donna incinta che ha rifiutato di essere ricoverata in ospedale perché non aveva modo di dire alla sua famiglia che non sarebbe tornata a casa e non voleva che si preoccupassero che fosse stata rapita. È stata portata in stato di incoscienza il giorno successivo: "È sopravvissuta ma ha perso il bambino."