Caso Moro: la strage di Via Fani ricostruita in 3D
Quattro killer delle Brigate Rosse spararono in via Fani la mattina del 16 marzo 1978: colpi singoli, mirati scaricati subito sulla Fiat 130 blu ancora in movimento per evitare di uccidere Aldo Moro e colpire, come veri cecchini, gli uomini della sua scorta. Per la prima volta la dinamica di quella strage è stata ricostruita in 3D dalla Polizia Scientifica sulla base dei dati delle autopsie, delle perizie balistiche e della collocazione dei bossoli per conto della Commissione Moro. Una ricostruzione che smentisce, in parte, le stesse affermazioni dei brigatisti che da sempre sostengono di aver sparato solo dal lato sinistro del corteo di auto.
Secondo gli esperti, invece, l'Alfetta bianca - che seguiva come un'ombra la 130 dello statista DC - venne investita da raffiche di mitra per neutralizzare gli altri agenti della scorta: i killer poi si spostarono (tutti o in parte) da una dislocazione di fuoco sulla sinistra del corteo delle auto alla destra delle stesso per uccidere con 17 colpi Raffaele Iozzino, l'unico uscito dall'auto per tentare un'ultima disperata reazione. Smentita anche l'ipotesi del 'tamponamento': la macchina di Moro si appoggiò soltanto alla 128 guidata dal leader brigatista Mario Moretti. I punti bui restano però tanti: il bar Olivetti, ad esempio, che si trovava proprio alle spalle della linea di fuoco delle Br e che in 37 anni di indagini non è mai stato scandagliato. (Il servizio di Roberta Rizzo)