Col contributo di 17 miliardi previsto dalla legge di stabilità a carico delle Regioni per i prossimi anni sarebbero a rischio il rinnovo contrattuale del settore sanità , l’assorbimento dei precari (attorno ai 50mila), ma pure farmaci innovatici, il fondo vaccinazioni, quello per gli emotrasfusi.
Queste le paure e le critiche arrivate soprattutto dalle Regioni a guida centrodestra alla manovra di cui sta discutendo il Governo.
Ma un altro ciclone si sta preparando, ed arriva da Bruxelles: il 29 di Novembre entra in vigore la normativa sui nuovi orari dei medici, più volte rimandata in questi anni: addio ai doppi e tripli turni, massimo 12 ore e 50’ di lavoro giornaliero, massimo 48 ore lavoro settimanale, minimo 11 ore continuative di riposo.
Quella che è la normalità, che il Ministro della Salute ha detto che deve assolutamente essere rispettato, rischia però di far saltare gli equilibri instabilissimi su cui si reggono molti ospedali italiani. Che fanno fede proprio sulla disponibilità dei medici (ed infermieri) a turni massacranti, per tenere aperte sale operatorie e far funzionare i reparti.
“Salireste su un aereo se il comandante è stanco ed ha sonno?” si è chiesta retoricamente il Ministro Lorenzin: ma non è chiaro come, in mancanza di nuove assunzioni, questi nuovi orari possano entrare realmente in vigore. Se si vogliono mantenere i servizi attuali.
Certo, una mano potrebbe arrivare da una diversa gestione anche del personale: ma in alcune regioni bisogna rivoluzionare dalle fondamenta il sistema, come hanno iniziato a fare in Calabria dopo anni bui, quelli in cui alcune ASL neppure producevano un bilancio, o pagavano due volte le stesse fatture. Come ci racconta in questo reportage Karen Sarlo