L'eterna bellezza di Canova, ultimo degli antichi e primo dei moderni: al Museo di Roma
Dal 9 ottobre al 15 marzo a Palazzo Braschi
L'arte di Antonio Canova e il suo rapporto con Roma sono al centro della mostra "Canova, eterna bellezza", allestita all'interno del Museo di Roma, a Palazzo Braschi, dal 9 ottobre al 15 marzo.
Oltre 170 opere di Canova e di altri scultori coevi raccontano il legame del grande artista con la città eterna, fonte di ispirazione per costruire il suo linguaggio scultoreo. L'esposizione racconterà in 13 sezioni l'arte canoviana e il contesto che lo scultore trovò giungendo nell'Urbe nel 1779. Attraverso ricercate soluzioni illuminotecniche, lungo il percorso viene rievocata la calda atmosfera a lume di torcia con cui l'artista, a fine Settecento, mostrava le proprie opere agli ospiti, di notte, nell'atelier di via delle Colonnette.
Tra le sculture scelte alcune come la "Danzatrice con le mani sui fianchi" illustrano il dialogo dell'artista con l'arte classica, altre come "Napoleone primo console" riflettono gli sconvolgimenti politici in corso a cavallo tra Settecento e Ottocento.
Per allestire la rassegna sono stati organizzati prestiti di opere, tra gli altri, con l'Hermitage, i Musei Vaticani, il Museo Canova di Possagno, il Musee' des Augustuns di Tolosa, il Museo archeologico di Napoli. "Questa mostra è una delle più importanti dell'autunno romano. È interessante il lavoro avviato con i privati e numerosi poli espositivi anche esteri per fare prestiti che consentissero di allestire una mostra interamente dedicata a Canova e al fascino che Roma ha esercitato su di lui", ha commentato il sindaco Virginia Raggi presentando la rassegna.
L'arte di Canova, ultimo degli antichi, primo dei moderni
Il colloquio di Canova con il mondo classico è stato profondo e basato prima di tutto sulla volontà di far rinascere l’Antico nel Moderno e di plasmare il Moderno attraverso il filtro dell’Antico. "L'Antico bisogna mandarselo in sangue – annotava Canova - sino a farlo diventare naturale come la vita stessa". Anche per tale motivo, lo scultore può essere considerato l’ultimo degli antichi e il primo dei moderni: si rifiutò sempre di realizzare copie di sculture classiche, reputandolo lavoro indegno di un artista creatore, così come non volle mai intervenire con restauri sui marmi antichi, "intoccabili" per definizione.
Il rapporto tra Antico e Moderno viene rievocato nell'esposizione attraverso il confronto dei marmi di Canova - tra cui l’Amorino alato proveniente dall'Ermitage di San Pietroburgo - con marmi antichi come l’Eros Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Una sala accoglie un focus sul tema del Classico e Neoclassico, accostando gessi di celebri capolavori antichi a quelli di statue canoviane realizzate per il conte Alessandro Papafava. L’Apollo del Belvedere e il Gladiatore Borghese sono messi a confronto con il Perseo trionfante e il Pugilatore Creugante di Antonio Canova.
Roma attraverso gli occhi di Canova
Con l’arrivo di Canova, Roma si confermò centro dell’arte moderna: il Monumento di Clemente XIV, innalzato nella basilica dei Santi Apostoli nel 1787, fu subito acclamato come nuovo esempio di perfezione classica.
L'esposizione vede le opere di Canova dialogare con quelle realizzate dai maggiori artisti attivi in città a fine Settecento: Gavin Hamilton, presente in mostra con le tele raffiguranti le Storie di Paride, Pompeo Batoni, del quale Canova frequentò l’Accademia di Nudo, Jean-François-Pierre Peyron, il cui Belisario che riceve ospitalità di un contadino (Tolosa, Musée des Augustins) fu molto ammirato dallo scultore, che definì il pittore francese “il migliore di tutti”.
Canova commissionò numerosi busti a illustri scultori per dare un contributo sostanziale a uno dei più importanti progetti dell’epoca, la trasformazione del Pantheon da chiesa dedicata a Santa Maria ad Martyres in tempio laico dedicato agli artisti. Tra le opere in mostra, erano destinate al Pantheon il Busto di Domenico Cimarosa, ora nella Protomoteca Capitolina assieme a quello raffigurante Pio VII: sculture di straordinaria qualità esecutiva e interpretativa.
Una sezione importante sarà dedicata alla fervida attività dello studio canoviano di via San Giacomo: un’officina senza eguali per l’epoca. Bozzetti in terracotta, piccoli gessi, modelli di grande formato, marmi, e calchi in gesso di sculture già ultimate, costituivano una sorta di ‘antologica’ permanente della produzione del grande scultore.
L’atelier di Canova era una tappa obbligata per artisti, aristocratici, intenditori e viaggiatori di passaggio nell'Urbe.
Canova e la letteratura
La mostra affronta anche il rapporto tra lo scultore e la letteratura del suo tempo: una piccola sezione è dedicata alla relazione tra Canova e Alfieri, la cui tragedia Antigone, andata in scena a Roma nel 1782, presenta più di uno spunto di riflessione in rapporto alla rivoluzione figurativa canoviana.
Grazie ad un prestito istituzionale, c'è anche la rappresentazione di un episodio della più bella favola dei greci, secondo Voltaire, l'Amore e Psiche stanti, un gesso di Canova, tema oggetto di particolare attenzione da parte di numerosi artisti, pittori soprattutto, alla fine del Settecento, ma che solo Canova riuscì a reinventare rivestendola di significati filosofici.
Fieramente antigiacobino, Canova abbandonò Roma all'epoca della Repubblica alla fine del Settecento per rifugiarsi nella natia Possagno. Dipinti, sculture, disegni e incisioni documentano in mostra quel momento che vide la fine provvisoria del potere temporale del papato con l’esilio di Pio VI Braschi. Canova fu incaricato di scolpire la statua di Pio VI, da collocare inizialmente sotto l’altare della Confessione nella Basilica Vaticana, quindi spostata nelle Grotte Vaticane: in mostra - all’interno del palazzo edificato a fine Settecento proprio per i nipoti di Papa Braschi - è presente un modellino realizzato per il monumento.
Dal 1802 Canova fu Ispettore generale delle Belle Arti dello Stato della Chiesa, incarico che rivestì anche durante la seconda dominazione francese a Roma (1809-1814) e nell'epoca della Restaurazione, quando fu incaricato di recuperare le opere d’arte sottratte dai francesi alla fine del Settecento. Negli stessi anni, egli prese anche l’iniziativa di realizzare la statua della Religione, evocata in mostra con modelli in gesso provenienti dall’Accademia Nazionale di San Luca e dai Musei Vaticani. Ad essi si affiancano esemplari del Museo di Roma, come l’Autoritratto in gesso e i bozzetti in terracotta del Monumento a George Washington e del Ritratto di Leopoldina Esterhazy Liechtenstein.
Nell'ultima sala della mostra, uno dei marmi più straordinari di Canova: la Danzatrice con le mani sui fianchi, proveniente da San Pietroburgo. Gira sulla sua base in una stanza rivestita di specchi. Si ripete il mito di Pigmalione, innamorato della sua statua, Galatea, che si anima: da marmo diventa carne.
Una mostra nella mostra
Attraverso 30 fotografie di Mimmo Jodice che ritraggono i marmi di Antonio Canova, il pubblico potrà ammirare le opere dello scultore attraverso lo sguardo di uno dei più grandi maestri della fotografia. Jodice è riuscito a offrirne una rilettura del tutto inedita e sorprendente, creando una serie di immagini che si sono da subito imposte come una delle più emozionanti espressioni della fotografia contemporanea. Le immagini saranno una vera e propria mostra nella mostra, offrendo un’occasione unica per accostarsi allo scultore guidati dalla creatività di un grande artista di oggi.
Amore e Psiche scolpita dal robot
A Palazzo Braschi, Magister presenta la più contemporanea riproduzione in scala reale del gruppo scultoreo di Amore e Psiche giacente di Antonio Canova. A partire da una scansione 3d del gesso preparatorio della scultura oggi esposta al Louvre di Parigi, un robot ha scolpito incessantemente per 270 ore un blocco di marmo bianco di Carrara di 10 tonnellate.
L’installazione di grande potenza emotiva, ideata da Magister e realizzata in collaborazione con Robotor, apre una nuova sfida sui paradigmi della riproducibilità delle opere d’arte: la riproduzione è infatti da leggersi come forma di rispetto per il pensiero dell’artista ed esprime l’aspirazione contemporanea a valorizzarne ancora una volta l’estro creativo. Ad accompagnare l’installazione, un documentario sulla realizzazione dell’opera e un racconto video della fiaba di Amore e Psiche di Apuleio, in un percorso tra spettacolo e approfondimento, un racconto sui testi di Giuliano Pisani, con la voce di Adriano Giannini e la musica originale del violoncellista Giovanni Sollima.
Oltre 170 opere di Canova e di altri scultori coevi raccontano il legame del grande artista con la città eterna, fonte di ispirazione per costruire il suo linguaggio scultoreo. L'esposizione racconterà in 13 sezioni l'arte canoviana e il contesto che lo scultore trovò giungendo nell'Urbe nel 1779. Attraverso ricercate soluzioni illuminotecniche, lungo il percorso viene rievocata la calda atmosfera a lume di torcia con cui l'artista, a fine Settecento, mostrava le proprie opere agli ospiti, di notte, nell'atelier di via delle Colonnette.
Tra le sculture scelte alcune come la "Danzatrice con le mani sui fianchi" illustrano il dialogo dell'artista con l'arte classica, altre come "Napoleone primo console" riflettono gli sconvolgimenti politici in corso a cavallo tra Settecento e Ottocento.
Per allestire la rassegna sono stati organizzati prestiti di opere, tra gli altri, con l'Hermitage, i Musei Vaticani, il Museo Canova di Possagno, il Musee' des Augustuns di Tolosa, il Museo archeologico di Napoli. "Questa mostra è una delle più importanti dell'autunno romano. È interessante il lavoro avviato con i privati e numerosi poli espositivi anche esteri per fare prestiti che consentissero di allestire una mostra interamente dedicata a Canova e al fascino che Roma ha esercitato su di lui", ha commentato il sindaco Virginia Raggi presentando la rassegna.
L'arte di Canova, ultimo degli antichi, primo dei moderni
Il colloquio di Canova con il mondo classico è stato profondo e basato prima di tutto sulla volontà di far rinascere l’Antico nel Moderno e di plasmare il Moderno attraverso il filtro dell’Antico. "L'Antico bisogna mandarselo in sangue – annotava Canova - sino a farlo diventare naturale come la vita stessa". Anche per tale motivo, lo scultore può essere considerato l’ultimo degli antichi e il primo dei moderni: si rifiutò sempre di realizzare copie di sculture classiche, reputandolo lavoro indegno di un artista creatore, così come non volle mai intervenire con restauri sui marmi antichi, "intoccabili" per definizione.
Il rapporto tra Antico e Moderno viene rievocato nell'esposizione attraverso il confronto dei marmi di Canova - tra cui l’Amorino alato proveniente dall'Ermitage di San Pietroburgo - con marmi antichi come l’Eros Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Una sala accoglie un focus sul tema del Classico e Neoclassico, accostando gessi di celebri capolavori antichi a quelli di statue canoviane realizzate per il conte Alessandro Papafava. L’Apollo del Belvedere e il Gladiatore Borghese sono messi a confronto con il Perseo trionfante e il Pugilatore Creugante di Antonio Canova.
Roma attraverso gli occhi di Canova
Con l’arrivo di Canova, Roma si confermò centro dell’arte moderna: il Monumento di Clemente XIV, innalzato nella basilica dei Santi Apostoli nel 1787, fu subito acclamato come nuovo esempio di perfezione classica.
L'esposizione vede le opere di Canova dialogare con quelle realizzate dai maggiori artisti attivi in città a fine Settecento: Gavin Hamilton, presente in mostra con le tele raffiguranti le Storie di Paride, Pompeo Batoni, del quale Canova frequentò l’Accademia di Nudo, Jean-François-Pierre Peyron, il cui Belisario che riceve ospitalità di un contadino (Tolosa, Musée des Augustins) fu molto ammirato dallo scultore, che definì il pittore francese “il migliore di tutti”.
Canova commissionò numerosi busti a illustri scultori per dare un contributo sostanziale a uno dei più importanti progetti dell’epoca, la trasformazione del Pantheon da chiesa dedicata a Santa Maria ad Martyres in tempio laico dedicato agli artisti. Tra le opere in mostra, erano destinate al Pantheon il Busto di Domenico Cimarosa, ora nella Protomoteca Capitolina assieme a quello raffigurante Pio VII: sculture di straordinaria qualità esecutiva e interpretativa.
Una sezione importante sarà dedicata alla fervida attività dello studio canoviano di via San Giacomo: un’officina senza eguali per l’epoca. Bozzetti in terracotta, piccoli gessi, modelli di grande formato, marmi, e calchi in gesso di sculture già ultimate, costituivano una sorta di ‘antologica’ permanente della produzione del grande scultore.
L’atelier di Canova era una tappa obbligata per artisti, aristocratici, intenditori e viaggiatori di passaggio nell'Urbe.
Canova e la letteratura
La mostra affronta anche il rapporto tra lo scultore e la letteratura del suo tempo: una piccola sezione è dedicata alla relazione tra Canova e Alfieri, la cui tragedia Antigone, andata in scena a Roma nel 1782, presenta più di uno spunto di riflessione in rapporto alla rivoluzione figurativa canoviana.
Grazie ad un prestito istituzionale, c'è anche la rappresentazione di un episodio della più bella favola dei greci, secondo Voltaire, l'Amore e Psiche stanti, un gesso di Canova, tema oggetto di particolare attenzione da parte di numerosi artisti, pittori soprattutto, alla fine del Settecento, ma che solo Canova riuscì a reinventare rivestendola di significati filosofici.
Fieramente antigiacobino, Canova abbandonò Roma all'epoca della Repubblica alla fine del Settecento per rifugiarsi nella natia Possagno. Dipinti, sculture, disegni e incisioni documentano in mostra quel momento che vide la fine provvisoria del potere temporale del papato con l’esilio di Pio VI Braschi. Canova fu incaricato di scolpire la statua di Pio VI, da collocare inizialmente sotto l’altare della Confessione nella Basilica Vaticana, quindi spostata nelle Grotte Vaticane: in mostra - all’interno del palazzo edificato a fine Settecento proprio per i nipoti di Papa Braschi - è presente un modellino realizzato per il monumento.
Dal 1802 Canova fu Ispettore generale delle Belle Arti dello Stato della Chiesa, incarico che rivestì anche durante la seconda dominazione francese a Roma (1809-1814) e nell'epoca della Restaurazione, quando fu incaricato di recuperare le opere d’arte sottratte dai francesi alla fine del Settecento. Negli stessi anni, egli prese anche l’iniziativa di realizzare la statua della Religione, evocata in mostra con modelli in gesso provenienti dall’Accademia Nazionale di San Luca e dai Musei Vaticani. Ad essi si affiancano esemplari del Museo di Roma, come l’Autoritratto in gesso e i bozzetti in terracotta del Monumento a George Washington e del Ritratto di Leopoldina Esterhazy Liechtenstein.
Nell'ultima sala della mostra, uno dei marmi più straordinari di Canova: la Danzatrice con le mani sui fianchi, proveniente da San Pietroburgo. Gira sulla sua base in una stanza rivestita di specchi. Si ripete il mito di Pigmalione, innamorato della sua statua, Galatea, che si anima: da marmo diventa carne.
Una mostra nella mostra
Attraverso 30 fotografie di Mimmo Jodice che ritraggono i marmi di Antonio Canova, il pubblico potrà ammirare le opere dello scultore attraverso lo sguardo di uno dei più grandi maestri della fotografia. Jodice è riuscito a offrirne una rilettura del tutto inedita e sorprendente, creando una serie di immagini che si sono da subito imposte come una delle più emozionanti espressioni della fotografia contemporanea. Le immagini saranno una vera e propria mostra nella mostra, offrendo un’occasione unica per accostarsi allo scultore guidati dalla creatività di un grande artista di oggi.
Amore e Psiche scolpita dal robot
A Palazzo Braschi, Magister presenta la più contemporanea riproduzione in scala reale del gruppo scultoreo di Amore e Psiche giacente di Antonio Canova. A partire da una scansione 3d del gesso preparatorio della scultura oggi esposta al Louvre di Parigi, un robot ha scolpito incessantemente per 270 ore un blocco di marmo bianco di Carrara di 10 tonnellate.
L’installazione di grande potenza emotiva, ideata da Magister e realizzata in collaborazione con Robotor, apre una nuova sfida sui paradigmi della riproducibilità delle opere d’arte: la riproduzione è infatti da leggersi come forma di rispetto per il pensiero dell’artista ed esprime l’aspirazione contemporanea a valorizzarne ancora una volta l’estro creativo. Ad accompagnare l’installazione, un documentario sulla realizzazione dell’opera e un racconto video della fiaba di Amore e Psiche di Apuleio, in un percorso tra spettacolo e approfondimento, un racconto sui testi di Giuliano Pisani, con la voce di Adriano Giannini e la musica originale del violoncellista Giovanni Sollima.