Piazza Tienanmen: libero dopo 27 anni l'ultimo detenuto
In Cina l'ultimo detenuto fra i manifestanti di Piazza Tienanmen del 1989, sarà liberato il 15 ottobre. L'uomo ha oggi 55 anni e sarebbe fisicamente molto debole e malato.
Dopo 27 anni trascorsi in carcere, Miao Deshun tornerà ad essere un uomo libero. È l'ultimo detenuto di Tienanmen a uscire di prigione. Almeno secondo quanto hanno rivelato un suo ex compagno di prigionia e la Dui Hua Foundation, un'organizzazione che lotta per i diritti umani in Cina con base a San Francisco.
Miao Deshun è stato una delle migliaia di vittime della repressione che si abbatté sugli studenti e i cittadini che per settimane avevano occupato in sit-in permanente la grande piazza davanti alla Città proibita, chiedendo democrazia e libertà di parola. Tra il 3 e il 4 giugno 1989 i carri armati e l'esercito arrivati dalle periferie aprirono il fuoco sulla gente. Fu un bagno di sangue. La foto simbolo di quei giorni è l'immagine dello studente armato solo di una busta di plastica che sta in piedi di fronte a un carro armato cercando di fermarlo. Il numero dei morti è stimato da alcuni in centinaia, da altri in migliaia. Oltre 1.600 persone furono poi arrestate a Pechino e in tutta la Cina e da allora è calato il sipario del regime su quegli eventi, dei quali è vietato scrivere e persino discutere.
Tra gli studenti che manifestavano c'era Miao Deshun, un operaio, che, dopo l'arresto, fu inizialmente condannato a morte per aver lanciato un cesto contro un carro armato in fiamme: un gesto che per il tribunale equivaleva a "incendio doloso". La pena fu poi commutata in ergastolo.
Adesso ha 51 anni, è fisicamente molto debole, malato di epatite B e soffre di schizofrenia. Sembra che non si sia mai "pentito" di aver preso parte alla protesta e che non abia mai firmato dichiarazioni che potevano abbreviargli la pena, come fecero altri. Nel 1997 gli fu accordata una riduzione di pena a vent’anni, seguita da un'altra di 11 mesi, dopo aver trascorso più della metà della sua vita dietro alle sbarre. Secondo la Dui Hua Foundation, si trova nel penitenziario di Yanqing, alla periferia di Pechino, che ospita i detenuti ammalati. "Nessuno al di fuori delle guardie carcerarie e di alcuni detenuti del suo stesso braccio della prigione per disabili, anziani e malati lo ha mai visto da anni", ha spiegato John Kamm, direttore esecutivo della Dui Hua.
Dopo l'arresto del 1989, Miao trascorse diversi anni nel Carcere numero 1 di Pechino, lì fece la sua conoscenza Wu Wenjian, operaio di fabbrica che trascorse quattro anni con lui in cella. Col passare degli anni, ha riferito Wu, "Miao divenne molto testardo, rifiutava di fare lavori usuranti, di scrivere "lettere di pentimento", si opponeva alla "rieducazione". Per questo fu trasferito in un carcere per "irriducibili". Secondo Wu, Miao fu trattato con particolare ferocia dalle guardie carcerarie, che spesso lo picchiavano con i manganelli o lo colpivano con gli sfollagente elettrici. "È un miracolo che sia ancora vivo. Noi tutti pensavamo che non ce l'avrebbe fatta", ha raccontato. Adesso dovrebbe lasciare finalmente il carcere, ma conferme ufficiali non ce ne sono ancora.
Miao Deshun è stato una delle migliaia di vittime della repressione che si abbatté sugli studenti e i cittadini che per settimane avevano occupato in sit-in permanente la grande piazza davanti alla Città proibita, chiedendo democrazia e libertà di parola. Tra il 3 e il 4 giugno 1989 i carri armati e l'esercito arrivati dalle periferie aprirono il fuoco sulla gente. Fu un bagno di sangue. La foto simbolo di quei giorni è l'immagine dello studente armato solo di una busta di plastica che sta in piedi di fronte a un carro armato cercando di fermarlo. Il numero dei morti è stimato da alcuni in centinaia, da altri in migliaia. Oltre 1.600 persone furono poi arrestate a Pechino e in tutta la Cina e da allora è calato il sipario del regime su quegli eventi, dei quali è vietato scrivere e persino discutere.
Tra gli studenti che manifestavano c'era Miao Deshun, un operaio, che, dopo l'arresto, fu inizialmente condannato a morte per aver lanciato un cesto contro un carro armato in fiamme: un gesto che per il tribunale equivaleva a "incendio doloso". La pena fu poi commutata in ergastolo.
Adesso ha 51 anni, è fisicamente molto debole, malato di epatite B e soffre di schizofrenia. Sembra che non si sia mai "pentito" di aver preso parte alla protesta e che non abia mai firmato dichiarazioni che potevano abbreviargli la pena, come fecero altri. Nel 1997 gli fu accordata una riduzione di pena a vent’anni, seguita da un'altra di 11 mesi, dopo aver trascorso più della metà della sua vita dietro alle sbarre. Secondo la Dui Hua Foundation, si trova nel penitenziario di Yanqing, alla periferia di Pechino, che ospita i detenuti ammalati. "Nessuno al di fuori delle guardie carcerarie e di alcuni detenuti del suo stesso braccio della prigione per disabili, anziani e malati lo ha mai visto da anni", ha spiegato John Kamm, direttore esecutivo della Dui Hua.
Dopo l'arresto del 1989, Miao trascorse diversi anni nel Carcere numero 1 di Pechino, lì fece la sua conoscenza Wu Wenjian, operaio di fabbrica che trascorse quattro anni con lui in cella. Col passare degli anni, ha riferito Wu, "Miao divenne molto testardo, rifiutava di fare lavori usuranti, di scrivere "lettere di pentimento", si opponeva alla "rieducazione". Per questo fu trasferito in un carcere per "irriducibili". Secondo Wu, Miao fu trattato con particolare ferocia dalle guardie carcerarie, che spesso lo picchiavano con i manganelli o lo colpivano con gli sfollagente elettrici. "È un miracolo che sia ancora vivo. Noi tutti pensavamo che non ce l'avrebbe fatta", ha raccontato. Adesso dovrebbe lasciare finalmente il carcere, ma conferme ufficiali non ce ne sono ancora.