Totti lascia la Roma
"Ho ricevuto un'offerta da una squadra italiana, ma non svelo quale. Si dice il peccato ma non il peccatore"
"Quello di oggi è un momento terribile, altro che quando ho smesso di giocare... Oggi è come morire". Totti ha annunciato commosso le dimissioni da dirigente della Roma. "Non è colpa mia", ha spiegato in una conferenza stampa dal Salone d'Onore del Coni, perché "non sono mai stato coinvolto in un progetto tecnico. Il primo anno ci poteva stare, ma poi mi ero fatto delle idee chiare". "Mi chiamavano solo quando erano in difficoltà. In due anni avrò fatto 10 riunioni. Mi chiamavano all'ultimo, come se mi volessero accantonare da tutti. Mancato il rispetto verso la persone. Ho cercato in tutti i modi di mettermi a disposizione, ma dall'altra parte ho visto che era diverso il pensiero".
L'ex capitano giallorosso è un fiume in piena: "È sempre stato un pensiero fisso di alcune persone di levare i romani dalla Roma. Alla fine sono riusciti a ottenere quello che volevano". E ancora: "Il mio è un arrivederci, non è un addio alla Roma perché vista dall'esterno è impossibile tenere fuori Totti dalla Roma. Mi dà fastidio e da romanista non penso che possa succedere. Adesso prenderò altre strade, e nel momento in cui un'altra proprietà punterà forte su di me io sarà sempre pronto". "Nel prossimo mese valuterò le tante offerte che mi sono arrivate e sceglierò col cuore quella che più mi si addice".
Totti e la Roma: trent'anni d'amore
A due anni dall'addio al calcio giocato e a 18 esatti dalla conquista del suo unico scudetto, Francesco Totti lascia definitivamente la squadra della sua vita, dimettendosi anche da dirigente. Dal giorno in cui entrò nelle giovanili della Roma, a 12 anni 'scippato' alla Lazio che lo aveva preso dalla Lodigiani, fino al divorzio di oggi è stata una parabola fatta di gol e classe, cadute e polemiche, tutto nel segno della Roma e di Roma, di cui è divenuto nel bene e nel male simbolo, per scelta e a volte perfino suo malgrado.
Da calciatore ha festeggiato le nozze d'argento con la prima squadra, la fine di una favola destinata alla leggenda del calcio a dispetto dei pochi titoli in bacheca, dai campetti in cui cominciò a giocare con la maglietta dell'allora Smit Trastevere fino all'Olimpico, un idolo per generazioni di ragazzi cresciuti studiando le sue magie. Il Pupone, il Gladiatore, l'ottavo Re di Roma, i siparietti alla Sandra e Raimondo con la moglie Ilary Blasi, i libri di barzellette e il ruolo da ambasciatore Unicef, lo scudetto e il titolo mondiale, ne hanno fatto un campione "nazionale", amato anche fuori dalla Capitale. Tutta Italia seguì il suo addio al calcio. Era il 28 maggio del 2017: quel giorno Totti confessò la paura di 'diventare grande', e non pensava solo al ruolo di dirigente che la Roma gli aveva riservato. In questi due anni, è rimasto solo simbolo, e ha deciso di non stare più al gioco. Seguirà la sua squadra da tifoso allo stadio, "con De Rossi in Curva Sud, con una parrucca forse....", ha promesso.
L'ex capitano giallorosso è un fiume in piena: "È sempre stato un pensiero fisso di alcune persone di levare i romani dalla Roma. Alla fine sono riusciti a ottenere quello che volevano". E ancora: "Il mio è un arrivederci, non è un addio alla Roma perché vista dall'esterno è impossibile tenere fuori Totti dalla Roma. Mi dà fastidio e da romanista non penso che possa succedere. Adesso prenderò altre strade, e nel momento in cui un'altra proprietà punterà forte su di me io sarà sempre pronto". "Nel prossimo mese valuterò le tante offerte che mi sono arrivate e sceglierò col cuore quella che più mi si addice".
Totti e la Roma: trent'anni d'amore
A due anni dall'addio al calcio giocato e a 18 esatti dalla conquista del suo unico scudetto, Francesco Totti lascia definitivamente la squadra della sua vita, dimettendosi anche da dirigente. Dal giorno in cui entrò nelle giovanili della Roma, a 12 anni 'scippato' alla Lazio che lo aveva preso dalla Lodigiani, fino al divorzio di oggi è stata una parabola fatta di gol e classe, cadute e polemiche, tutto nel segno della Roma e di Roma, di cui è divenuto nel bene e nel male simbolo, per scelta e a volte perfino suo malgrado.
Da calciatore ha festeggiato le nozze d'argento con la prima squadra, la fine di una favola destinata alla leggenda del calcio a dispetto dei pochi titoli in bacheca, dai campetti in cui cominciò a giocare con la maglietta dell'allora Smit Trastevere fino all'Olimpico, un idolo per generazioni di ragazzi cresciuti studiando le sue magie. Il Pupone, il Gladiatore, l'ottavo Re di Roma, i siparietti alla Sandra e Raimondo con la moglie Ilary Blasi, i libri di barzellette e il ruolo da ambasciatore Unicef, lo scudetto e il titolo mondiale, ne hanno fatto un campione "nazionale", amato anche fuori dalla Capitale. Tutta Italia seguì il suo addio al calcio. Era il 28 maggio del 2017: quel giorno Totti confessò la paura di 'diventare grande', e non pensava solo al ruolo di dirigente che la Roma gli aveva riservato. In questi due anni, è rimasto solo simbolo, e ha deciso di non stare più al gioco. Seguirà la sua squadra da tifoso allo stadio, "con De Rossi in Curva Sud, con una parrucca forse....", ha promesso.