Il fotoreporter egiziano Mahmoud Abu Zeid, icona della libertà di stampa #WorldPressFreedomDay
È in carcere dal 14 agosto 2013 quando fu arrestato mentre seguiva per l'agenzia britannica Demotix le manifestazioni di protesta contro la deposizione del presidente Mohamed Morsi al Cairo. Rischia la pena di morte
Il premio mondiale per la libertà della stampa Guillermo Cano dell'UNESCO è stato assegnato a Mahmoud Abu Zeid, fotogiornalista egiziano noto col soprannome Shawkan.
La storia di Shawkan
Il fotoreporter, trent'anni da poco compiuti, è in carcere dal 14 agosto 2013 quando fu arrestato "mentre copriva le dimostrazioni a piazza Rabaa Al-Adawiya" al Cairo contro la deposizione del presidente Mohamed Morsi, sedate nel sangue di centinaia di vittime. Lavorava per l'agenzia britannica Demotix. Secondo Amnesty International, durante il violento sgombero, le forze di sicurezza egiziane uccisero centinaia di manifestanti in un solo giorno, fu un massacro.
Shawkan è imputato di un lungo elenco di accuse: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”. Il 28 aprile si è svolta la 62ma udienza del maxi-processo (gli imputati sono 739 di cui l'unico giornalista è lui) iniziato il 12 dicembre 2015 al Cairo. La prossima udienza, la n. 63, si terrà il 5 maggio.
Su Shawkan pende anche la richiesta della pena di morte da parte della procura egiziana, severamente condannata da Reporters sans frontières che ha esortato “le autorità a rilasciare immediatamente e senza condizioni il giornalista". "Invocare la pena di morte per un fotografo che ha semplicemente documentato una manifestazione dell'opposizione non è un atto di giustizia ma una punizione politica", denuncia l'organizzazione. "Il solo crimine di Shawkan è di avere fatto il suo mestiere di giornalista. Deve essere liberato immediatamente".
Le critiche del governo egiziano
"La scelta di premiare Mahmoud Abu Zeid rende omaggio al suo coraggio, alla sua resistenza e al suo impegno per la libertà di espressione", si legge nel comunicato di assegnazione del premio dell’Unesco, duramente criticato dal ministero degli Esteri egiziano. Il Cairo ha denunciato una "politicizzazione" dell'organizzazione, che a suo dire fa il gioco di alcune ong e del Qatar, noto per il suo sostegno "al gruppo terroristico della Fratellanza musulmana (di cui Morsi è espressione politica)". Un portavoce della diplomazia egiziana ha detto che con il premio a Shawkan si "ricompensa una persona accusata di atti di terrorismo e altri reati" e ha preannunciato la consegna al segretariato dell'Unesco di un "esaustivo dossier" con le accuse a carico del reporter.
Intanto lo stato di salute del giornalista è sempre più precario: è affetto da anemia e epatite C, ma finora gli è stato sempre negato il ricovero in ospedale. E' soggetto a continue ispezioni in cella - due metri per quattro, per tredici persone -, restrizioni alle visite di amici e parenti, periodi di isolamento. Del caso si è occupato nel 2016 anche il gruppo di lavoro Onu sulle detenzioni arbitrarie. Il suo arresto in custodia cautelare ha infatti di gran lunga superato i due anni previsti dalla legge egiziana.
La classifica del World Press Freedom 2017
L'Egitto figura al 161esimo posto su 180 paesi nell'indice World Press Freedom 2017 compilato da Reporters Sans Frontières ed è il terzo paese al mondo per numero di giornalisti in carcere, secondo solo a Turchia e Cina: se ne contano almeno 29, sia professionisti che non, attualmente detenuti. Da agosto 2016 sono stati bloccati 500 siti internet, compresi la maggior parte dei media indipendenti, che si sono visti costretti a chiudere o a ridimensionare fortemente la loro attività.
Il Premio Unesco
Il premio a Shawkan sarà consegnato simbolicamente in occasione della Giornata Mondiale per la Libertà della Stampa. Porta il nome del giornalista colombiano ucciso davanti alla sede di El Espectador, il giornale per cui scriveva, a Bogotà, in Colombia il 17 dicembre del 1986.
La storia di Shawkan
Il fotoreporter, trent'anni da poco compiuti, è in carcere dal 14 agosto 2013 quando fu arrestato "mentre copriva le dimostrazioni a piazza Rabaa Al-Adawiya" al Cairo contro la deposizione del presidente Mohamed Morsi, sedate nel sangue di centinaia di vittime. Lavorava per l'agenzia britannica Demotix. Secondo Amnesty International, durante il violento sgombero, le forze di sicurezza egiziane uccisero centinaia di manifestanti in un solo giorno, fu un massacro.
Shawkan è imputato di un lungo elenco di accuse: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”. Il 28 aprile si è svolta la 62ma udienza del maxi-processo (gli imputati sono 739 di cui l'unico giornalista è lui) iniziato il 12 dicembre 2015 al Cairo. La prossima udienza, la n. 63, si terrà il 5 maggio.
Su Shawkan pende anche la richiesta della pena di morte da parte della procura egiziana, severamente condannata da Reporters sans frontières che ha esortato “le autorità a rilasciare immediatamente e senza condizioni il giornalista". "Invocare la pena di morte per un fotografo che ha semplicemente documentato una manifestazione dell'opposizione non è un atto di giustizia ma una punizione politica", denuncia l'organizzazione. "Il solo crimine di Shawkan è di avere fatto il suo mestiere di giornalista. Deve essere liberato immediatamente".
Le critiche del governo egiziano
"La scelta di premiare Mahmoud Abu Zeid rende omaggio al suo coraggio, alla sua resistenza e al suo impegno per la libertà di espressione", si legge nel comunicato di assegnazione del premio dell’Unesco, duramente criticato dal ministero degli Esteri egiziano. Il Cairo ha denunciato una "politicizzazione" dell'organizzazione, che a suo dire fa il gioco di alcune ong e del Qatar, noto per il suo sostegno "al gruppo terroristico della Fratellanza musulmana (di cui Morsi è espressione politica)". Un portavoce della diplomazia egiziana ha detto che con il premio a Shawkan si "ricompensa una persona accusata di atti di terrorismo e altri reati" e ha preannunciato la consegna al segretariato dell'Unesco di un "esaustivo dossier" con le accuse a carico del reporter.
Intanto lo stato di salute del giornalista è sempre più precario: è affetto da anemia e epatite C, ma finora gli è stato sempre negato il ricovero in ospedale. E' soggetto a continue ispezioni in cella - due metri per quattro, per tredici persone -, restrizioni alle visite di amici e parenti, periodi di isolamento. Del caso si è occupato nel 2016 anche il gruppo di lavoro Onu sulle detenzioni arbitrarie. Il suo arresto in custodia cautelare ha infatti di gran lunga superato i due anni previsti dalla legge egiziana.
La classifica del World Press Freedom 2017
L'Egitto figura al 161esimo posto su 180 paesi nell'indice World Press Freedom 2017 compilato da Reporters Sans Frontières ed è il terzo paese al mondo per numero di giornalisti in carcere, secondo solo a Turchia e Cina: se ne contano almeno 29, sia professionisti che non, attualmente detenuti. Da agosto 2016 sono stati bloccati 500 siti internet, compresi la maggior parte dei media indipendenti, che si sono visti costretti a chiudere o a ridimensionare fortemente la loro attività.
Il Premio Unesco
Il premio a Shawkan sarà consegnato simbolicamente in occasione della Giornata Mondiale per la Libertà della Stampa. Porta il nome del giornalista colombiano ucciso davanti alla sede di El Espectador, il giornale per cui scriveva, a Bogotà, in Colombia il 17 dicembre del 1986.