Scarabocchi, il disegno dei bambini e l'arte del Novecento
Un'indagine sull'origine e la creatività del pensiero visivo che mette a confronto la produzione grafica dei bambini dai 2 agli 8 anni e le strutture iconografiche dei grandi artisti del Novecento: Mirò, Fontana, Picasso e tanti altri
Bambini e grandi e artisti del Novecento a confronto. E' l'arte dello scarabocchio, ovvero i disegni di bambini dai 2 agli 8 anni messi per la prima volta a raffronto con il genio visivo di Picasso, Mirò e soci protagonisti dell'arte del XX secolo.
Analizzando i primordiali tratti del disegno nell'essere umano, dunque dei bambini, Antonio Torquato Lo Mele, artista e studioso della comunicazione visiva, mette in discussione la prevalente interpretazione evolutiva per cui "ciò che viene dopo è sempre migliore di quel che viene prima" restituendo al disegno infantile una valenza ricca, autonoma e indipendente. Quella stessa grafica primordiale, non a caso, è rintracciabile propri nei lavori di grandi pittori come Picasso e Mirò che al disegno infantile sembrano in fondo tornare da adulti.
Il saggio di Lo Mele, "Il disegno infantile nell'arte e nel pensiero visivo" (Gangemi Editore), sarà presentato a Roma il 9 novembre, in via Giulia. Scrive Lo Mele: «Il tratto dei bambini non si giustifica in quanto destinato a trasformarsi in disegno 'corretto' dal punto di vista del realismo visivo, adulto. In un'epoca in cui la pratica della parola ha preso il sopravvento e ogni altro linguaggio è stato relegato in un mondo specializzato, tracce dell'originario pensiero visivo rimangono intatte quasi solo nell'universo dei bambini che riescono a mettere i loro segni al servizio del significato. Volendo ricorrere ad una metafora, oggi viviamo un po' tutti, purtroppo, in una forma di analfabetismo visivo dalle evidenti ricadute sociali e culturali. Siamo orfani della semplice matita...».
Analizzando i primordiali tratti del disegno nell'essere umano, dunque dei bambini, Antonio Torquato Lo Mele, artista e studioso della comunicazione visiva, mette in discussione la prevalente interpretazione evolutiva per cui "ciò che viene dopo è sempre migliore di quel che viene prima" restituendo al disegno infantile una valenza ricca, autonoma e indipendente. Quella stessa grafica primordiale, non a caso, è rintracciabile propri nei lavori di grandi pittori come Picasso e Mirò che al disegno infantile sembrano in fondo tornare da adulti.
Il saggio di Lo Mele, "Il disegno infantile nell'arte e nel pensiero visivo" (Gangemi Editore), sarà presentato a Roma il 9 novembre, in via Giulia. Scrive Lo Mele: «Il tratto dei bambini non si giustifica in quanto destinato a trasformarsi in disegno 'corretto' dal punto di vista del realismo visivo, adulto. In un'epoca in cui la pratica della parola ha preso il sopravvento e ogni altro linguaggio è stato relegato in un mondo specializzato, tracce dell'originario pensiero visivo rimangono intatte quasi solo nell'universo dei bambini che riescono a mettere i loro segni al servizio del significato. Volendo ricorrere ad una metafora, oggi viviamo un po' tutti, purtroppo, in una forma di analfabetismo visivo dalle evidenti ricadute sociali e culturali. Siamo orfani della semplice matita...».