Terremoto in Irpinia. 36 anni dopo, il ricordo dei morti e la difficile ricostruzione
Il 23 novembre 1980 la terra trema in Irpinia. Il bilancio del sisma di magnitudo di 6.9 è devastante: 2.914 morti, 8.848 feriti e circa 300mila senzatetto, interi paesi isolati per giorni.
Trentasei anni dopo il terremoto che il 23 novembre del 1980 colpì Irpinia e Basilicata, la parola fine alla ricostruzione non è stata ancora scritta. Ufficialmente mancano all'appello 250 milioni di euro di risorse nazionali, stanziate nel 2008 ma mai rese disponibili ai comuni irpini, destinate a opere da completare e a lavori eseguiti da imprese private che risalgono anche ad alcuni decenni fa.
La Regione Campania ha insediato un comitato composto da esperti e sindaci del "cratere" del terremoto con il compito di rendere più diretto il rapporto tra Stato e enti locali che ha ottenuto lo sblocco del 50% delle risorse. Rosanna Repole, oggi come 36 anni fa sindaco di Sant'Angelo dei Lombardi (Avellino), non fa a meno di sottolineare "che queste risorse, arrivano in un momento inopportuno, quando lutti e distruzione hanno colpito duramente le popolazioni del Centro Italia: una coincidenza che avremmo voluto evitare e che poteva essere evitata se non fossero stati accumulati ritardi, politici e burocratici, di cui i sindaci e le comunità irpine non hanno alcuna responsabilità".
Il discorso del presidente Pertini
Una storia lunga e tormentata quella del sisma di magnitudo 6.9 della scala Richter che alle 19:34 del 23 novembre 1980, per novanta secondi, colpì soprattutto una vasta area compresa tra l'Alta Irpinia, l'epicentro venne localizzato a Conza della Campania (Avellino), e la Basilicata: 2.914 le vittime, quasi 9 mila i feriti, 18 comuni rasi al suolo, 99 devastati, 300 mila le persone che da quella domenica sera rimasero senza una casa. L'allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il 25 novembre, nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri, si recò in elicottero sui luoghi della tragedia. Di ritorno dall'Irpinia, in un discorso in televisione rivolto agli italiani, Pertini denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni. Il discorso di Pertini ebbe come ulteriore effetto quello di mobilizzare un gran numero di volontari che si recarono nelle zone del sisma per portare aiuto.
La difficile ricostruzione
I costi ufficiali della ricostruzione, e del processo di industrializzazione che ha riguardato tre regioni, (Campania,
Basilicata e Puglia), sono quelli contabilizzati, più o meno definitivamente nel 2011 dalla Camera dei Deputati e, nel 2012, dalla commissione insediata presso il ministero delle Infrastrutture: 29 miliardi di euro, meno della metà dei quali
destinati al territorio più colpito della provincia di Avellino. La stessa commissione ha infatti certificato che a fronte dei 14 mila miliardi di vecchie lire assegnati all'Irpinia per la ricostruzione delle abitazioni, altrettanti vennero assegnati
per realizzare il piano di edilizia residenziale a Napoli. Una ricostruzione resa ancora più costosa dall'allargamento
dell'area del terremoto da 280 a 687 comuni di Campania, Puglia e Basilicata (l'8,5% del totale dei comuni italiani, ndr).
Trentasei anni dopo la calamità, che insieme al destino delle singole persone ha cambiato anche le prospettive delle comunità, le speranze di sviluppo dell'Irpinia restano concentrate sulla capacità espansiva delle eccellenze industriali nei comparti aerospaziale, informatico e agro-alimentare presenti nelle aree industriali dell'Alta Irpinia e dai nuovi scenari che interessano la Valle dell'Ufita.
La Regione Campania ha insediato un comitato composto da esperti e sindaci del "cratere" del terremoto con il compito di rendere più diretto il rapporto tra Stato e enti locali che ha ottenuto lo sblocco del 50% delle risorse. Rosanna Repole, oggi come 36 anni fa sindaco di Sant'Angelo dei Lombardi (Avellino), non fa a meno di sottolineare "che queste risorse, arrivano in un momento inopportuno, quando lutti e distruzione hanno colpito duramente le popolazioni del Centro Italia: una coincidenza che avremmo voluto evitare e che poteva essere evitata se non fossero stati accumulati ritardi, politici e burocratici, di cui i sindaci e le comunità irpine non hanno alcuna responsabilità".
Il discorso del presidente Pertini
Una storia lunga e tormentata quella del sisma di magnitudo 6.9 della scala Richter che alle 19:34 del 23 novembre 1980, per novanta secondi, colpì soprattutto una vasta area compresa tra l'Alta Irpinia, l'epicentro venne localizzato a Conza della Campania (Avellino), e la Basilicata: 2.914 le vittime, quasi 9 mila i feriti, 18 comuni rasi al suolo, 99 devastati, 300 mila le persone che da quella domenica sera rimasero senza una casa. L'allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il 25 novembre, nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri, si recò in elicottero sui luoghi della tragedia. Di ritorno dall'Irpinia, in un discorso in televisione rivolto agli italiani, Pertini denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni. Il discorso di Pertini ebbe come ulteriore effetto quello di mobilizzare un gran numero di volontari che si recarono nelle zone del sisma per portare aiuto.
La difficile ricostruzione
I costi ufficiali della ricostruzione, e del processo di industrializzazione che ha riguardato tre regioni, (Campania,
Basilicata e Puglia), sono quelli contabilizzati, più o meno definitivamente nel 2011 dalla Camera dei Deputati e, nel 2012, dalla commissione insediata presso il ministero delle Infrastrutture: 29 miliardi di euro, meno della metà dei quali
destinati al territorio più colpito della provincia di Avellino. La stessa commissione ha infatti certificato che a fronte dei 14 mila miliardi di vecchie lire assegnati all'Irpinia per la ricostruzione delle abitazioni, altrettanti vennero assegnati
per realizzare il piano di edilizia residenziale a Napoli. Una ricostruzione resa ancora più costosa dall'allargamento
dell'area del terremoto da 280 a 687 comuni di Campania, Puglia e Basilicata (l'8,5% del totale dei comuni italiani, ndr).
Trentasei anni dopo la calamità, che insieme al destino delle singole persone ha cambiato anche le prospettive delle comunità, le speranze di sviluppo dell'Irpinia restano concentrate sulla capacità espansiva delle eccellenze industriali nei comparti aerospaziale, informatico e agro-alimentare presenti nelle aree industriali dell'Alta Irpinia e dai nuovi scenari che interessano la Valle dell'Ufita.