Dayton, venti anni fa l'accordo che pose fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina
"Avete visto che cosa ha provocato la guerra. Sapete che cosa può portare la pace. Cogliete l'occasione e fatela fruttare. Non potete fare nulla per cancellare il passato, ma potete fare tutto per costruire il futuro. Non tradite i vostri figli": così il presidente americano Bill Clinton nel suo discorso introduttivo quel 14 dicembre del 1995, quando, poco prima di mezzogiorno, Izetbegović, Tudjman e Milošević firmarono all'Eliseo di Parigi lo "storico ed eroico" accordo, come lo definì Clinton, "il cessate il fuoco più costoso della storia" secondo le parole di un alto ufficiale Nato. Lo firmarono successivamente Clinton, Chirac, Cernomyrdin, Kohl, Major e Gonzales, esponenti del Gruppo di contatto. L'accordo, faticosamente raggiunto il 20 novembre di 20 anni fa, poneva fine ai tre anni di sanguinoso conflitto e ridisegnava i confini della Bosnia-Erzegovina, stabilendo che sarebbe rimasta uno stato unitario, internazionalmente riconosciuto, con capitale Sarajevo, aperta a tutti, ma inserita nella Federazione musulmano-croata. Ai profughi sarebbe stato consentito il rientro nei propri territori e sarebbero stati perseguiti coloro che si erano macchiati di crimini di guerra. Entro 30 giorni tutte le forze militari straniere escluse quelle dell'Onu avrebbero dovuto abbandonare la Bosnia-Erzegovina. All'inizio del 1996, il foglio belgradese la Republika commentava così il raggiungimento della pace: " Ne siamo veramente all'altezza, considerato che i cani della guerra sono stati proclamati dall'alto signori della pace?". Secondo la giornalista di origine bosniaca Azra Nuhefendic "quello che di buono ha prodotto Dayton è la pace, di cattivo la politica nazionalista che continua ancora e va avanti. Le nuove generazioni in Bosnia sono purtroppo cresciute sotto la fortissima ed inquietante pressione della politica nazionalistica che ha fatto crescere i 20enni di oggi non a fianco l’uno dell’altro, ma uno contro l’altro"