Scanmars, il "water detector" italiano per le future missioni su Marte
Presentati all'Epsc di Berlino i risultati del progetto realizzato dagli scienziati dell'INAF e dell'Università di Perugia che potrebbe aiutare gli esploratori di Marte a trovare l'acqua nel sottosuolo
Lo ScanMars è un progetto realizzato dagli scienziati italiani dell'INAF e dell'Università di Perugia che potrebbe aiutare gli esploratori delle future missioni su Marte a trovare acqua nel sottosuolo del pianeta.
L'esperimento è composto da 3 fasi principali: il "training" degli astronauti, per imparare ad utilizzare lo strumento, la raccolta dei dati sul campo e la sintesi scientifica. La seconda fase è stata condotta lo scorso febbraio 2018 in Oman nell'ambito della missione AMADEE-18, una simulazione di sbarco sul "Pianeta Rosso" coordinata dall'Austrian Space Forum.
La componente strumentale del progetto consiste in un radar per sottosuolo Zond-12e, sviluppato dalla lettone Radsys. Il dispositivo, simile a un metal-detector, trasmette impulsi radio nel terreno ed elabora i segnali di ritorno, "riflessi" dalle caratteristiche della roccia. I dati vengono poi analizzati per comporre un'immagine del sottosuolo che evidenzi le differenze tra materiali geologici e la presenza di acqua.
Durante gli esperimenti sono stati raccolti dati da 4 zone diverse della regione del Dhofar, collezionando un totale di 70.000 segnali e quasi un chilometro e mezzo di profili del sottosuolo a una profondità di 5 metri. Tra questi dati, è stato possibile riconoscere con successo i tipici segnali del terreno alluvionale.
"La qualità dei dati è molto buona", dice il dott. Alessandro Frigeri, ricercatore all'Inaf Iaps di Roma. "Anche se non siamo ancora in grado di distinguere inequivocabilmente la presenza di acqua, possiamo individuare quelle strutture alluvionali che potrebbero indicare ai futuri astronauti dove scavare per avere maggiori probabilità di trovare l'acqua". "Vista la recente scoperta di acqua liquida sotto la superficie di Marte - continua Frigeri - è molto opportuno procedere con lo sviluppo di tecniche che i futuri esploratori potrebbero utilizzare per analizzare il sottosuolo marziano".
L'esperimento è composto da 3 fasi principali: il "training" degli astronauti, per imparare ad utilizzare lo strumento, la raccolta dei dati sul campo e la sintesi scientifica. La seconda fase è stata condotta lo scorso febbraio 2018 in Oman nell'ambito della missione AMADEE-18, una simulazione di sbarco sul "Pianeta Rosso" coordinata dall'Austrian Space Forum.
La componente strumentale del progetto consiste in un radar per sottosuolo Zond-12e, sviluppato dalla lettone Radsys. Il dispositivo, simile a un metal-detector, trasmette impulsi radio nel terreno ed elabora i segnali di ritorno, "riflessi" dalle caratteristiche della roccia. I dati vengono poi analizzati per comporre un'immagine del sottosuolo che evidenzi le differenze tra materiali geologici e la presenza di acqua.
Durante gli esperimenti sono stati raccolti dati da 4 zone diverse della regione del Dhofar, collezionando un totale di 70.000 segnali e quasi un chilometro e mezzo di profili del sottosuolo a una profondità di 5 metri. Tra questi dati, è stato possibile riconoscere con successo i tipici segnali del terreno alluvionale.
"La qualità dei dati è molto buona", dice il dott. Alessandro Frigeri, ricercatore all'Inaf Iaps di Roma. "Anche se non siamo ancora in grado di distinguere inequivocabilmente la presenza di acqua, possiamo individuare quelle strutture alluvionali che potrebbero indicare ai futuri astronauti dove scavare per avere maggiori probabilità di trovare l'acqua". "Vista la recente scoperta di acqua liquida sotto la superficie di Marte - continua Frigeri - è molto opportuno procedere con lo sviluppo di tecniche che i futuri esploratori potrebbero utilizzare per analizzare il sottosuolo marziano".