Spagna, quando una poetica spezza l'isolamento
Inaugurata a Roma, nell'Instituto Cervantes, la mostra "La poetica tra astrazione e figurazione", dedicata all'arte spagnola negli anni '50 e '60 del Novecento. Sarà aperta al pubblico fino al 12 gennaio 2019
La poetica tra astrazione e figurazione: dopo Mosca con oltre ventiseimila visitatori, arriva a Roma la mostra dedicata all’arte spagnola degli anni Cinquanta e Sessanta, dal titolo “La poética entre abstracción y figuración”. Fino al 12 gennaio 2019, per la prima volta in Italia, viene esposta nella Sala Dalí dell’Instituto Cervantes la collettiva che comprende le opere di 18 artisti informali e realisti spagnoli, tra cui Antonio López, Amalia Avia, María Moreno, Manuel Millares, Juana Francés, Antonio Saura, Rafael Canogar, Manuel Rivera e Martín Chirino.
La mostra, a cura di María Toral, si compone di 34 opere tra dipinti, rilievi, sculture e disegni, riunendo insieme due generazioni di artisti ispanici che hanno dedicato la loro vita all'arte d'avanguardia, in un contesto difficile caratterizzato dall'isolamento politico e culturale del paese.
I materiali vanno dall'olio su tavola all'olio su compensato, dall'acquarello al bronzo, dal rilievo in bronzo al compensato rivestito di alluminio.
Il desiderio di rinnovare l'arte contemporanea a Madrid negli anni del dopoguerra e di spezzare l'isolamento, tra le difficoltà imposte dalla dittatura franchista, è il comune denominatore di questa mostra che, per la prima volta, riunisce le migliori opere di astrazione e figurazione spagnole di quell’epoca. In particolare sono esposti i lavori dei componenti dei due movimenti d'arte moderna più rappresentative di quegli anni: "El Paso" che ha sperimentato con l’arte informale e "Realistas de Madrid", orientati all'arte figurativa.
"Il nostro scopo è quello di presentare un'opera autentica e libera, aperta alla sperimentazione, alla ricerca, senza frontiere e non soggetta a canoni esclusivisti o limitativi", si legge nel Manifesto di fondazione di "El Paso" nel 1957. Il nome e il logo furono ideati dall'artista aragonese Antonio Saura.
Sebbene l'astrazione e la figurazione possono sembrare opposte, ci sono molti punti in comune e influenze simili tra i due gruppi, che vanno oltre la tecnica e il concetto. La collettiva, infatti, propone uno sguardo lucido verso una delle più grandi generazioni della modernità spagnola, focalizzandosi nello scenario madrileno e mettendo faccia a faccia il lavoro degli artisti dell’informale di El Paso (1957-1960) e quello di coloro che seguono il realismo quotidiano. A fare da ponte tra i due gruppi evocati nella mostra è l’arte informale di Lucio Muñoz.
Questa mostra – visitabile gratuitamente dal mercoledì al sabato dalle 16 alle 20 – è una testimonianza unica che ci rivela le avanguardie di quegli anni come non si sono mai viste prima. Due stili, due gruppi, ma una lotta comune contro la mancanza di riconoscimento della cultura in un clima oscuro. Ogni artista protagonista di questa mostra ci permette di conoscere dal linguaggio espressivo quello che succedeva in un’epoca chiave per lo sviluppo in Spagna. Senza dimenticare che i loro percorsi artistici condizionano in larga misura le tendenze attuali e che sono parte imprescindibile della memoria spagnola.
Al vernissage della mostra, ieri sera, sono intervenuti l’artista Rafael Canogar, la curatrice María Toral, il direttore dell’Instituto Cervantes di Roma, Juan Carlos Reche, e l’ambasciatore di Spagna in Italia, Alfonso María Dastis Quecedo.
La mostra, a cura di María Toral, si compone di 34 opere tra dipinti, rilievi, sculture e disegni, riunendo insieme due generazioni di artisti ispanici che hanno dedicato la loro vita all'arte d'avanguardia, in un contesto difficile caratterizzato dall'isolamento politico e culturale del paese.
I materiali vanno dall'olio su tavola all'olio su compensato, dall'acquarello al bronzo, dal rilievo in bronzo al compensato rivestito di alluminio.
Il desiderio di rinnovare l'arte contemporanea a Madrid negli anni del dopoguerra e di spezzare l'isolamento, tra le difficoltà imposte dalla dittatura franchista, è il comune denominatore di questa mostra che, per la prima volta, riunisce le migliori opere di astrazione e figurazione spagnole di quell’epoca. In particolare sono esposti i lavori dei componenti dei due movimenti d'arte moderna più rappresentative di quegli anni: "El Paso" che ha sperimentato con l’arte informale e "Realistas de Madrid", orientati all'arte figurativa.
"Il nostro scopo è quello di presentare un'opera autentica e libera, aperta alla sperimentazione, alla ricerca, senza frontiere e non soggetta a canoni esclusivisti o limitativi", si legge nel Manifesto di fondazione di "El Paso" nel 1957. Il nome e il logo furono ideati dall'artista aragonese Antonio Saura.
Sebbene l'astrazione e la figurazione possono sembrare opposte, ci sono molti punti in comune e influenze simili tra i due gruppi, che vanno oltre la tecnica e il concetto. La collettiva, infatti, propone uno sguardo lucido verso una delle più grandi generazioni della modernità spagnola, focalizzandosi nello scenario madrileno e mettendo faccia a faccia il lavoro degli artisti dell’informale di El Paso (1957-1960) e quello di coloro che seguono il realismo quotidiano. A fare da ponte tra i due gruppi evocati nella mostra è l’arte informale di Lucio Muñoz.
Questa mostra – visitabile gratuitamente dal mercoledì al sabato dalle 16 alle 20 – è una testimonianza unica che ci rivela le avanguardie di quegli anni come non si sono mai viste prima. Due stili, due gruppi, ma una lotta comune contro la mancanza di riconoscimento della cultura in un clima oscuro. Ogni artista protagonista di questa mostra ci permette di conoscere dal linguaggio espressivo quello che succedeva in un’epoca chiave per lo sviluppo in Spagna. Senza dimenticare che i loro percorsi artistici condizionano in larga misura le tendenze attuali e che sono parte imprescindibile della memoria spagnola.
Al vernissage della mostra, ieri sera, sono intervenuti l’artista Rafael Canogar, la curatrice María Toral, il direttore dell’Instituto Cervantes di Roma, Juan Carlos Reche, e l’ambasciatore di Spagna in Italia, Alfonso María Dastis Quecedo.