Sgomberato campo nomadi a Roma. Al posto del Camping River sorgerà un quartiere d'emergenza sociale?
Edifici fissi in legno, aree per attività sportive, uffici, corsi di formazione, aree verdi e piazze. È il progetto 'Aqua' che la Soges srl intende proporre al Comune per sostituire il campo rom River, nella periferia nord di Roma, sgomberato dall'amministrazione capitolina
Dopo un lungo braccio di ferro, il campo nomadi 'Camping River' a Roma è stato sgomberato. E ora? Il futuro di quest'area potrebbe essere un 'quartiere' dedicato all'emergenza sociale, mentre tutti coloro che vi abitavano sono per strada. Nessuna delle famiglie residenti ha accettato le soluzioni alternative proposte dal Campidoglio, che prevedevano la separazione forzata di madri e figli a cui veniva offerta assistenza da una parte, e padri che si sarebbero trovati in strada e lontani dai propri congiunti dall'altra.
Tra le voci contrarie allo sgombero c'è quella di monsignor Feroci, presidente della Caritas che ne aveva criticato le modalità 'disumane'. Dall'altra parte il Comune di Roma, tramite una ditta appaltatrice, ha ultimato la distruzione dei circa 50 moduli presenti nel campo, costati alle casse comunali circa 20mila euro ciascuno. Ora resta il problema abitativo. Ci sono dei nuclei familiari che non hanno più nulla. Come Meladinin e Senada, genitori di 10 figli, l'ultima nata 20 giorni fa: "Non abbiamo più niente, non abbiamo acqua per lavarci, una casa in cui vivere, dormire e far mangiare i nostri bambini". I due hanno allestito delle sistemazioni di fortuna a ridosso dei moduli distrutti, come materassi in terra o tende. Inoltre sarebbe a rischio anche la questione igienico-sanitaria: "Alcuni scarichi - continuano- sono stati otturati con il cemento, altri no, ma per tutti non c'è acqua per scaricare".
Una latrina a cielo aperto e con le temperature alte di questi giorni, il rischio è più che concreto. E ancora, "per noi non sarebbe stata possibile nemmeno l'assistenza proposta alle altre famiglie - conclude Senada - abbiamo 10 figli e ci è stato detto che sono troppi, non c'è posto per loro". Tutte rimostranze ribadite, da loro e dagli altri abitanti del campo, anche con toni molto accesi, al responsabile Rom, Sinti e Camminanti del Comune di Roma, Fabrizio Fraternali.
Tra le voci contrarie allo sgombero c'è quella di monsignor Feroci, presidente della Caritas che ne aveva criticato le modalità 'disumane'. Dall'altra parte il Comune di Roma, tramite una ditta appaltatrice, ha ultimato la distruzione dei circa 50 moduli presenti nel campo, costati alle casse comunali circa 20mila euro ciascuno. Ora resta il problema abitativo. Ci sono dei nuclei familiari che non hanno più nulla. Come Meladinin e Senada, genitori di 10 figli, l'ultima nata 20 giorni fa: "Non abbiamo più niente, non abbiamo acqua per lavarci, una casa in cui vivere, dormire e far mangiare i nostri bambini". I due hanno allestito delle sistemazioni di fortuna a ridosso dei moduli distrutti, come materassi in terra o tende. Inoltre sarebbe a rischio anche la questione igienico-sanitaria: "Alcuni scarichi - continuano- sono stati otturati con il cemento, altri no, ma per tutti non c'è acqua per scaricare".
Una latrina a cielo aperto e con le temperature alte di questi giorni, il rischio è più che concreto. E ancora, "per noi non sarebbe stata possibile nemmeno l'assistenza proposta alle altre famiglie - conclude Senada - abbiamo 10 figli e ci è stato detto che sono troppi, non c'è posto per loro". Tutte rimostranze ribadite, da loro e dagli altri abitanti del campo, anche con toni molto accesi, al responsabile Rom, Sinti e Camminanti del Comune di Roma, Fabrizio Fraternali.