Presadiretta, esclusiva da Lesbo: viaggio nel campo profughi di Moria tra filo spinato e gabbie
Aspettando le nuove puntate di Presadiretta di settembre, Raffaella Pusceddu con Cristiano Forti, è andata in Grecia per raccontare le conseguenze dell’Accordo tra Unione Europea e Turchia per la gestione dei profughi
Dopo pochi giorni dalla visita del Papa, le telecamere di Presadiretta sono entrate in esclusiva nel campo profughi di Moria, nell’isola di Lesbo, in Grecia. Una visita guidata, sotto la stretta sorveglianza del direttore Spyros Kourtiss. Moria, in teoria dovrebbe essere un centro di prima accoglienza, ma di fatto si è trasformato in una trappola per oltre 3500 migranti, nonostante i posti letto a disposizione siano solo 700.
Prima Moria era solo un luogo di transito: siriani, iracheni, afgani ci restavano tre, quattro giorni prima di riprendere il viaggio verso il Nord. Da quando a fine marzo è entrato in vigore l’accordo tra Unione Europea e Turchia - che di fatto chiude la rotta per l’Europa – molti profughi rimangono bloccati nel campo anche per due mesi in attesa che la loro domanda d’asilo venga accolta. Se dovesse venire respinta rischiano l’espulsione in Turchia, da dove sono arrivati dopo un viaggio infinito. Queste persone hanno una storia terribile alle spalle, come racconta il medico di Medecins du Monde che lavora nel campo e che nell’intervista parla delle patologie, soprattutto psicologiche, dei profughi rinchiusi a Moria. Racconta delle donne che dopo aver subito violenze sessuali in Turchia ora si ritrovano ad affrontare anche i problemi dovuti alla detenzione dentro il Campo di Moria.
In mezzo al filo spinato, ormai le rivolte e gli scontri tra le diverse nazionalità sono all’ordine del giorno. In due gabbie diverse sono stati divisi gli adolescenti afgani da quelli pachistani, iracheni e siriani per evitare le risse. Spyros Kourtis era a capo del campo di Moria quando la Grecia era ancora un paese di passaggio per gli immigrati. E oggi si sente il direttore di un vera e propria prigione. “Mi sembra di dirigere un carcere e non un centro d’accoglienza soprattutto quando vedo i bambini chiusi qui dentro - racconta. Io ho due bambini. Il fatto di essere padre mi aiuta ad affrontare meglio una situazione così difficile, vedo questi ragazzi e penso che potrebbero essere i miei figli. Quindi ci sono bambini che vivono a Moria da 40 giorni e la cosa più orribile è che non ci sono strutture adeguate per i minori sull’isola.”