Shoah, storia di Rosanna Fiorentino e della sua famiglia in quelle pietre d'inciampo
di Caterina Doglio
La signora Rosanna Fiorentini ha 96 anni, l’eleganza delle donne d’anteguerra e una storia da raccontare.
Ci conosciamo da pochi giorni, ma lei, l’ho capito solo ora, aspettava qualcuno come me, da moltissimo tempo.
Le pietre d’inciampo che ha messo sul mio cammino io l’ho incrociate, senza farci caso, davvero tante volte! Per anni ci camminavo davanti quasi tutte le mattine per portare a scuola mia figlia e nel corso dell’ultimo anno ci capitavo sopra per almeno due settimane al mese, perché la società di post-produzione che ci ospitava era nel suo stesso palazzo, a via Chinotto 1.
Non mi ricordo il momento in cui mi sono accorta delle pietre, ma certamente mi sarò fermata a leggere i nomi incisi sull’ottone: "Salvatore Fiorentini ,Piera Fiorentini, Elda Piattelli, arrestati il 16 ottobre del 1943, morti ad Auschwitz in data ignota".
Come mi capita sempre avrò alzato lo sguardo per un secondo sulla facciata per cercare di immaginare la loro vita in questo palazzo, prima che una malvagità senza senso li portasse via.
Le pietre d’inciampo mi hanno sempre colpito e commosso e quindi nei giorni scorsi, nel lavorare sulla Memoria, ho voluto seguire alcune installazioni a Roma di Gunter Deming, l’artista tedesco che attraversa l’Europa per ricordare con questi segni concreti, incisi nell’ottone lucente, tutti i deportati.
Così ho scoperto che sul sito dedicato alle pietre d’inciampo c’era anche memoria dell’installazione di via Chinotto, avvenuta il 15 gennaio di quattro anni fa. C'erano anche tre foto in cui si vedeva Deming in compagnia di un’anziana signora. Ma era veramente poco e io mi sentivo in colpa perché pensavo che in un intero anno in cui avevo frequentato quel palazzo, non avevo mai trovato il tempo di interrogare il portiere per saperne di più.
Così sono tornata, gli ho mostrato le foto e ho scoperto che una parente dei deportati ,la signora Rosanna Fiorentino abitava ancora lì, nello stesso appartamento in cui viveva durante il fascismo e da cui furono strappati i suoi famigliari. Il portiere però ha escluso di portarmici: non voleva disturbarla. In compenso mi ha offerto di lasciare il mio numero di telefono e mi ha assicurato che gliene avrebbe parlato… Due giorni dopo la signora mi ha chiamato e mi ha detto che mi voleva conoscere. "Sono preoccupata"- mi ha detto - "Quando non ci sarò più la mia storia sarà dimenticata, mi venga a trovare perché sarebbe un peccato che non si ricordasse più. Gliela vorrei raccontare".
Ecco quello che mi ha detto nel suo salotto davanti ad un bicchiere di aranciata il pomeriggio di martedì 24 gennaio 2017, mentre il suo telefono ci interrompeva continuamente: un esercito di nipoti sue o ereditate da amiche ormai defunte, telefonavano soltanto per un saluto, per sapere se stava bene.
"I nomi sulle pietre erano quelli di mio papà e mia mamma e la mia sorella più piccola. Noi eravamo tre sorelle, Gabriella la più grande, poi c’ero io e Piera. Era la migliore! La migliore di noi tre. Era molto particolare, io le ero molto legata, in un modo speciale. Era una ragazza così sensibile, pensi che aveva un presentimento. Mi aveva detto 'sento che io non vivrò a lungo'. Io le volevo tanto bene…"
Quanti anni aveva quando la presero?
"Aveva 21 anni".
Su internet ho trovato questa foto, aspetti, gliela mostro… E’ di una ragazza bellissima… era lei ?
"Sì è lei! che emozione mi fa rivederla… ma dove l’ha trovata? Me la può fare avere?"
Si certo! Gliela porterò… mi racconti qualcosa della vostra vita qui nel quartiere Prati, che cosa faceva suo padre?
"Mio papà aveva un negozio di antiquariato, che aveva ereditato dal nonno a via del Babuino e i miei erano venuti ad abitare qui che il palazzo era stato appena costruito, io avevo 15 anni. Qui finiva la città. Si diceva in quegli anni che 'qui finiva Roma'. Intorno non c’erano palazzi come oggi, ma tanti villini che il comune aveva concesso ad artisti, ci abitavano tanti pittori, io ero molto amica di una ragazza che era la nipote di un artista. Si chiamava Rosa, mi sembra che si chiamasse Rosa Vignati, sua zia abitava nel villino d’angolo che ora non c’è più”.
Era cattolica?
"Sì, era cattolica"
Si ricorda delle leggi razziali?
"Si capisce! certo che mi ricordo! quando siamo stati cacciati da scuola la Comunità si dette molto da fare e istituì le magistrali..La Comunità Ebraica si è data molto da fare per non farci perdere la scuola".
"In quegli anni la scuola italiana era completamente soggiogata dal fascismo. Venivano indottrinati nella maniera più becera. Mio padre non ci credeva al fascismo, ma lo aveva dovuto accettare"
"Mia madre aveva capito. Molte persone già a quell’epoca avevano capito della bruttura del governo…."
E nel palazzo? Nel quartiere? Le sue vecchie amiche come si comportavano? Qualcuno vi trattava male?
"Abbiamo anche avuto manifestazioni meravigliose di amici e conoscenti. Tanti ci dicevano 'ma questi sono dei pazzi!' Io speravo che finisse presto. No, devo dire che con noi le ragazze si comportavano bene. Forse le famiglie…. Molte madri dell’epoca dicevano alle figlie 'lascia perdere…. non si sa mai, quello che può’ capitare!' Ma non per volontà delle figlie. Più per le madri…Poi abbiamo cominciato a stare molto tra parenti e tra noi (ebrei, ndr.).
Si viveva alla giornata in quel periodo pieno di incubi e cose negative….Prima ancora di sposarmi frequentavamo solo le persone della famiglia perché c’era la preoccupazione di non essere graditi a qualcuno. Era una vita un po’ ristretta, ci si frequentava tra di noi. Per non avere sorprese. Per non avere delusioni".
Come ha conosciuto suo marito?
"Così, in casa di amici"
Il giorno che portarono via la sua famiglia lei dov’era?
"Io l’ho saputo dopo. Perché mi ero sposata e noi non eravamo più a Roma. Anche mia sorella maggiore si era sposata e non abitava più a via Chinotto.
Io mi ero sposata e avevo un bambino di 4 mesi , ma non avevo latte e il bambino non digeriva niente di quello che gli davamo, stava male e così venne una balia . Ma la guerra diventava sempre più preoccupante… la balia era angosciata per la sua famiglia, per i suoi figli rimasti al paese. Così mia suocera ha detto: “Andiamo nel paese della balia. Andiamo incontro agli americani”. ….Siamo andati verso sud".
"Ci siamo nascosti in montagna per nove mesi. Amaseno. la balia era di Amaseno- .. Mia suocera era impazzita dalla preoccupazione perché aveva altri due figli maschi che erano rimasti a Roma. Poi anche loro si spostarono… Ci siamo in parte nascosti sulle montagne della Ciociaria. E’ stato veramente brutto. Un periodo durissimo per noi…"
"Mio suocero- si chiamava Arnaldo Leoni, era un grande uomo, si sapeva muovere. Tutti i giorni scendeva dalla montagna per andare in paese a avere notizie per non restare isolati. Aveva mantenuto dei rapporti con una famiglia di Roma, non ebrea, che gli dava delle notizie perché abitava qui vicino. Così abbiamo saputo…."
Come facevano i nazisti a sapere che voi eravate ebrei? Siete stati traditi?
"Ma che scherza ? Al tempo del fascismo sapevano tutto di tutti. Se qualcuno del quartiere avesse potuto avrebbero sicuramente aiutato i miei genitori e mia sorella, li avrebbero nascosti"
Poi il bambino l’ha perduto?
"Sì."
Ma poi ha avuto altri figli?
"Sì ho ho una figlia"
Come l’ha chiamata?
(mi risponde sorridendo, ndr)
"Piera. Come mia sorella…"
E ha voluto tornare qui. Nonostante tutto. E’ un bellissimo palazzo.
"A me è sempre piaciuto molto. Ma guardi che la casa non è mia, sono in affitto".
Quando tornò a Roma trovò qualcosa dei suoi famigliari, qualche ricordo rimasto a casa?
“Non c’era più niente, ma non mi importa, non mi interessavano le cose materiali” .
C’è andata ad Auschwitz? (a questa domanda e alla seguente Rosanna Fiorentini mi risponderà in modo molto secco)
"Io no. E lei?"
Non ancora. Ha mai pensato dopo la guerra di andare a vivere in Israele?
"No! Andare in Israele, così, per visitare il paese, questo sì, ma noi no, volevamo restare in Italia".
Non era arrabbiata con gli italiani per quello che era successo?
"No, tante persone all’inizio sono state imbrogliate in buona fede dal fascismo e poi è stato troppo tardi. Non mi ha chiesto cosa ne penso dei tedeschi"
Cosa pensa dei tedeschi?
"Non lo so".
Ma anche gli italiani collaborarono con i nazisti !
"Si ma sono stati i tedeschi a cominciare".
Però adesso hanno fatto molta strada in Germania. Pensi all’artista tedesco che è venuto a mettere le pietre d’inciampo in tutta Europa. Lei lo ha conosciuto Demnig, il giorno dell’istallazione delle pietre per i suoi famigliari…Perché ha voluto mettere queste pietre davanti a casa sua? In fondo lei aveva già novant’anni…
"Appena ho saputo di queste pietre io subito ho chiesto all’associazione di muoversi per metterle".
Che effetto le ha fatto?
"Mi sono sentita appagata di aver portato a termine questa cosa. Un ricordo che non scomparirà mai.
Si ricorderà di tornare a portarmi l’articolo? E soprattutto si ricordi di portarmi la foto di Piera, ci terrei molto!"
Vado via promettendole che tornerò presto e anche che mi prenderò cura delle pietre e di ricordare questa storia.Perché questa memoria, adesso che sono inciampata davanti a via Chinotto, è anche mia.
Ci conosciamo da pochi giorni, ma lei, l’ho capito solo ora, aspettava qualcuno come me, da moltissimo tempo.
Le pietre d’inciampo che ha messo sul mio cammino io l’ho incrociate, senza farci caso, davvero tante volte! Per anni ci camminavo davanti quasi tutte le mattine per portare a scuola mia figlia e nel corso dell’ultimo anno ci capitavo sopra per almeno due settimane al mese, perché la società di post-produzione che ci ospitava era nel suo stesso palazzo, a via Chinotto 1.
Non mi ricordo il momento in cui mi sono accorta delle pietre, ma certamente mi sarò fermata a leggere i nomi incisi sull’ottone: "Salvatore Fiorentini ,Piera Fiorentini, Elda Piattelli, arrestati il 16 ottobre del 1943, morti ad Auschwitz in data ignota".
Come mi capita sempre avrò alzato lo sguardo per un secondo sulla facciata per cercare di immaginare la loro vita in questo palazzo, prima che una malvagità senza senso li portasse via.
Le pietre d’inciampo mi hanno sempre colpito e commosso e quindi nei giorni scorsi, nel lavorare sulla Memoria, ho voluto seguire alcune installazioni a Roma di Gunter Deming, l’artista tedesco che attraversa l’Europa per ricordare con questi segni concreti, incisi nell’ottone lucente, tutti i deportati.
Così ho scoperto che sul sito dedicato alle pietre d’inciampo c’era anche memoria dell’installazione di via Chinotto, avvenuta il 15 gennaio di quattro anni fa. C'erano anche tre foto in cui si vedeva Deming in compagnia di un’anziana signora. Ma era veramente poco e io mi sentivo in colpa perché pensavo che in un intero anno in cui avevo frequentato quel palazzo, non avevo mai trovato il tempo di interrogare il portiere per saperne di più.
Così sono tornata, gli ho mostrato le foto e ho scoperto che una parente dei deportati ,la signora Rosanna Fiorentino abitava ancora lì, nello stesso appartamento in cui viveva durante il fascismo e da cui furono strappati i suoi famigliari. Il portiere però ha escluso di portarmici: non voleva disturbarla. In compenso mi ha offerto di lasciare il mio numero di telefono e mi ha assicurato che gliene avrebbe parlato… Due giorni dopo la signora mi ha chiamato e mi ha detto che mi voleva conoscere. "Sono preoccupata"- mi ha detto - "Quando non ci sarò più la mia storia sarà dimenticata, mi venga a trovare perché sarebbe un peccato che non si ricordasse più. Gliela vorrei raccontare".
Ecco quello che mi ha detto nel suo salotto davanti ad un bicchiere di aranciata il pomeriggio di martedì 24 gennaio 2017, mentre il suo telefono ci interrompeva continuamente: un esercito di nipoti sue o ereditate da amiche ormai defunte, telefonavano soltanto per un saluto, per sapere se stava bene.
"I nomi sulle pietre erano quelli di mio papà e mia mamma e la mia sorella più piccola. Noi eravamo tre sorelle, Gabriella la più grande, poi c’ero io e Piera. Era la migliore! La migliore di noi tre. Era molto particolare, io le ero molto legata, in un modo speciale. Era una ragazza così sensibile, pensi che aveva un presentimento. Mi aveva detto 'sento che io non vivrò a lungo'. Io le volevo tanto bene…"
Quanti anni aveva quando la presero?
"Aveva 21 anni".
Su internet ho trovato questa foto, aspetti, gliela mostro… E’ di una ragazza bellissima… era lei ?
"Sì è lei! che emozione mi fa rivederla… ma dove l’ha trovata? Me la può fare avere?"
Si certo! Gliela porterò… mi racconti qualcosa della vostra vita qui nel quartiere Prati, che cosa faceva suo padre?
"Mio papà aveva un negozio di antiquariato, che aveva ereditato dal nonno a via del Babuino e i miei erano venuti ad abitare qui che il palazzo era stato appena costruito, io avevo 15 anni. Qui finiva la città. Si diceva in quegli anni che 'qui finiva Roma'. Intorno non c’erano palazzi come oggi, ma tanti villini che il comune aveva concesso ad artisti, ci abitavano tanti pittori, io ero molto amica di una ragazza che era la nipote di un artista. Si chiamava Rosa, mi sembra che si chiamasse Rosa Vignati, sua zia abitava nel villino d’angolo che ora non c’è più”.
Era cattolica?
"Sì, era cattolica"
Si ricorda delle leggi razziali?
"Si capisce! certo che mi ricordo! quando siamo stati cacciati da scuola la Comunità si dette molto da fare e istituì le magistrali..La Comunità Ebraica si è data molto da fare per non farci perdere la scuola".
"In quegli anni la scuola italiana era completamente soggiogata dal fascismo. Venivano indottrinati nella maniera più becera. Mio padre non ci credeva al fascismo, ma lo aveva dovuto accettare"
"Mia madre aveva capito. Molte persone già a quell’epoca avevano capito della bruttura del governo…."
E nel palazzo? Nel quartiere? Le sue vecchie amiche come si comportavano? Qualcuno vi trattava male?
"Abbiamo anche avuto manifestazioni meravigliose di amici e conoscenti. Tanti ci dicevano 'ma questi sono dei pazzi!' Io speravo che finisse presto. No, devo dire che con noi le ragazze si comportavano bene. Forse le famiglie…. Molte madri dell’epoca dicevano alle figlie 'lascia perdere…. non si sa mai, quello che può’ capitare!' Ma non per volontà delle figlie. Più per le madri…Poi abbiamo cominciato a stare molto tra parenti e tra noi (ebrei, ndr.).
Si viveva alla giornata in quel periodo pieno di incubi e cose negative….Prima ancora di sposarmi frequentavamo solo le persone della famiglia perché c’era la preoccupazione di non essere graditi a qualcuno. Era una vita un po’ ristretta, ci si frequentava tra di noi. Per non avere sorprese. Per non avere delusioni".
Come ha conosciuto suo marito?
"Così, in casa di amici"
Il giorno che portarono via la sua famiglia lei dov’era?
"Io l’ho saputo dopo. Perché mi ero sposata e noi non eravamo più a Roma. Anche mia sorella maggiore si era sposata e non abitava più a via Chinotto.
Io mi ero sposata e avevo un bambino di 4 mesi , ma non avevo latte e il bambino non digeriva niente di quello che gli davamo, stava male e così venne una balia . Ma la guerra diventava sempre più preoccupante… la balia era angosciata per la sua famiglia, per i suoi figli rimasti al paese. Così mia suocera ha detto: “Andiamo nel paese della balia. Andiamo incontro agli americani”. ….Siamo andati verso sud".
"Ci siamo nascosti in montagna per nove mesi. Amaseno. la balia era di Amaseno- .. Mia suocera era impazzita dalla preoccupazione perché aveva altri due figli maschi che erano rimasti a Roma. Poi anche loro si spostarono… Ci siamo in parte nascosti sulle montagne della Ciociaria. E’ stato veramente brutto. Un periodo durissimo per noi…"
"Mio suocero- si chiamava Arnaldo Leoni, era un grande uomo, si sapeva muovere. Tutti i giorni scendeva dalla montagna per andare in paese a avere notizie per non restare isolati. Aveva mantenuto dei rapporti con una famiglia di Roma, non ebrea, che gli dava delle notizie perché abitava qui vicino. Così abbiamo saputo…."
Come facevano i nazisti a sapere che voi eravate ebrei? Siete stati traditi?
"Ma che scherza ? Al tempo del fascismo sapevano tutto di tutti. Se qualcuno del quartiere avesse potuto avrebbero sicuramente aiutato i miei genitori e mia sorella, li avrebbero nascosti"
Poi il bambino l’ha perduto?
"Sì."
Ma poi ha avuto altri figli?
"Sì ho ho una figlia"
Come l’ha chiamata?
(mi risponde sorridendo, ndr)
"Piera. Come mia sorella…"
E ha voluto tornare qui. Nonostante tutto. E’ un bellissimo palazzo.
"A me è sempre piaciuto molto. Ma guardi che la casa non è mia, sono in affitto".
Quando tornò a Roma trovò qualcosa dei suoi famigliari, qualche ricordo rimasto a casa?
“Non c’era più niente, ma non mi importa, non mi interessavano le cose materiali” .
C’è andata ad Auschwitz? (a questa domanda e alla seguente Rosanna Fiorentini mi risponderà in modo molto secco)
"Io no. E lei?"
Non ancora. Ha mai pensato dopo la guerra di andare a vivere in Israele?
"No! Andare in Israele, così, per visitare il paese, questo sì, ma noi no, volevamo restare in Italia".
Non era arrabbiata con gli italiani per quello che era successo?
"No, tante persone all’inizio sono state imbrogliate in buona fede dal fascismo e poi è stato troppo tardi. Non mi ha chiesto cosa ne penso dei tedeschi"
Cosa pensa dei tedeschi?
"Non lo so".
Ma anche gli italiani collaborarono con i nazisti !
"Si ma sono stati i tedeschi a cominciare".
Però adesso hanno fatto molta strada in Germania. Pensi all’artista tedesco che è venuto a mettere le pietre d’inciampo in tutta Europa. Lei lo ha conosciuto Demnig, il giorno dell’istallazione delle pietre per i suoi famigliari…Perché ha voluto mettere queste pietre davanti a casa sua? In fondo lei aveva già novant’anni…
"Appena ho saputo di queste pietre io subito ho chiesto all’associazione di muoversi per metterle".
Che effetto le ha fatto?
"Mi sono sentita appagata di aver portato a termine questa cosa. Un ricordo che non scomparirà mai.
Si ricorderà di tornare a portarmi l’articolo? E soprattutto si ricordi di portarmi la foto di Piera, ci terrei molto!"
Vado via promettendole che tornerò presto e anche che mi prenderò cura delle pietre e di ricordare questa storia.Perché questa memoria, adesso che sono inciampata davanti a via Chinotto, è anche mia.