Il ricordo del Grande Torino. 71 anni fa la tragedia di Superga
Bandiere granata alle finestre e flash mob dai balconi, la messa allo Stadio Filadelfia vuoto e il video dei tifosi che leggono i nomi: così Torino ricorda gli Invincibili
Tra il 1943 e il 1949 disputarono 172 partite: 440 gol fatti e 151 subiti. Secondo una leggenda un tifoso andava allo stadio Filadelfia armato di tromba: nelle giornate in cui i granata giocavano lenti, bastavano tre squilli dagli spalti a dare la carica. Al segnale, Valentino Mazzola si tirava su le maniche e da quel momento il Toro diventava travolgente.
Il 3 maggio 1949 il Torino giocò una partita amichevole a Lisbona contro il Benfica davanti a 40mila spettatori: i portoghesi vinsero 4-3. Il giorno seguente i granata si imbarcarono su un volo trimotore FIAT G.212 per fare rientro in Italia. Poco prima dell'atterraggio a Torino, a causa della fitta nebbia, l'aereo si schianto' contro la collina di Superga. Nessuno si salvo' nel terribile incidente. Morirono tutte e 31 le persone a bordo: l'intera squadra granata con campioni del calibro di Mazzola, Loik, Gabetto, Ossola, il tecnico Erbstein, i dirigenti, gli accompagnatori, l'equipaggio e tre giornalisti, Casalbore, fondatore di Tuttosport, Tosatti padre e Cavallero. I primi a rendersi conto della tragedia furono gli abitanti della collina di Superga, che, dopo aver assistito allo schianto contro il terrapieno sul quale sorge la basilica, furono guidati dalla colonna di fumo nero davanti a uno spettacolo agghiacciante: un varco di quattro metri aperto dal velivolo in fiamme.
La squadra dei record
Quando il Grande Torino vinceva, l'Italia era in piena ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale. Mazzola, Gabetto, Loik, Bagicalupo oltre a vestire la maglia del Toro, difendevano anche i colori azzurri. Erano eroi per i bambini, idoli per la gente che, in quegli anni, si affidava anche al calcio (e al nascente totocalcio) per ricominciare a sognare una vita migliore dopo gli anni bui della guerra.
Il record, che ancora resiste, è dell'11 maggio del 1947 quando 10 granata su 11 furono schierati in maglia azzurra nel match vinto 3-2 sull'Ungheria del giovane ma già promettente Ferenc Puskas. Mancava solo il portiere Bacigalupo sostituito dallo juventino Sentimenti IV. I due giocatori erano amici per la pelle: i resti di Bacigalupo furono riconosciuti a Superga soltanto perché nel suo portafoglio fu trovata la foto dei due portieri assieme.
Nazionale a parte, a distanza di tantissimo tempo, sono ancora numerosi i primati, rimasti a oggi imbattuti, collezionati dal Grande Torino: come il 10-0 inflitto in casa all'Alessandria o la tripletta che Mazzola mise a segno in tre minuti (dal 29esimo al 31esimo) in un Torino-Vicenza 6-0. E poi ci sono, ovviamente, record ormai raggiunti, ma che all'epoca fecero impressione come la conquista di uno scudetto con cinque turni di anticipo, o la prima volta di un'accoppiata vincente Campionato-Coppa Italia (1942-43). Un altro record "impossibile", che nessuna squadra italiana è stata in grado di uguagliare, è quello dell'imbattibilità interna: per 6 anni e 9 mesi (dal 31 gennaio del 1943 al 23 ottobre del 1949) cioè per 100 partite, di cui 3 giocate dai ragazzi della Primavera subito dopo la tragedia di Superga e 4 dalla nuova squadra nel campionato successivo, i granata non conobbero sconfitte: 89 vittorie e 11 pareggi con 363 gol realizzati e 80 incassati.
Chi erano i campioni del Grande Torino
Furono diciotto i calciatori della formazione che persero la vita. Tra questi, il portiere Valerio Bacigalupo, al quale è stato intitolato lo stadio di Savona. Specialista in interventi acrobatici e nel parare i calci di rigore, aveva vinto quattro campionati nazionali con la squadra e, insieme ai compagni Danilo Martelli e Mario Rigamonti, faceva parte del celebre Trio Nizza, dal nome della via di Torino in cui dividevano l'appartamento. Martelli, mediano e mezz'ala a cui è stato intitolato lo stadio di Mantova, vinse invece 3 campionati con il Torino: era molto amato dai compagni, tant'è che, quando i dirigenti pensarono di venderlo per riassestare le proprie finanze, i colleghi organizzarono una specie di autotassazione pur di far rimanere Danilo in granata. Il terzo componente del Trio Nizza era infine il difensore Mario Rigamonti, al quale sono stati dedicati lo stadio del Brescia Calcio e lo stadio di Lecco. Anche lui vinse quattro campionati con il Torino, per il quale giocò 140 partite in Serie A.
Nella lista delle vittime anche i fratelli Aldo e Dino Ballarin: il primo, terzino ottimo sia in difesa che in attacco, era uno dei pilastri della squadra, con la quale vinse quattro scudetti. Dino, invece, era arrivato dai dilettanti come terzo portiere, chiamato dal fratello, e non giocò mai nessuna partita ufficiale col Torino, per il quale, comunque, serbava una grande dedizione. In ricordo della scomparsa dei fratelli Ballarin, i comuni di Chioggia e di San Benedetto del Tronto hanno intitolato il proprio stadio comunale ai due atleti. Anche l'attaccante Emile Bongiorni, uno dei migliori marcatori di Francia, perse la vita nella tragedia. Morì anche il mediano Eusebio Castigliano, ricordato per le sue incredibili doti tecniche: era solito palleggiare con una monetina da venti Lire che riusciva poi a far cadere nel taschino della sua giacca con un colpo di tacco. Al centrocampista Rubens Fadini, è stato intitolato lo stadio comunale di Giulianova. Passato al Torino poco più che ventenne, perse la vita dopo aver vinto la Serie A 1948-1949 con i granata.
L'attaccante Guglielmo Gabetto giocò sia nella Juventus del quinquennio d'oro che nel Grande Torino. Fu uno dei marcatori più prolifici della storia del calcio italiano, oltre ad essere stato uno dei soli tre calciatori, insieme ad Alfredo Bodoira e Eugenio Staccione, ad aver vinto il campionato italiano con entrambe le squadre torinesi. Con i granata, Gabetto vinse sia una Coppa Italia che cinque scudetti. Sull'aereo anche il centravanti francese Ruggero Grava. Un altro campione che perse la vita fu Giuseppe Grezar, soprannominato la "Gazzella". Il comune di Trieste intitolò alla sua memoria lo stadio Comunale. Una Coppa Italia e cinque scudetti del Grande Torino furono possibili anche grazie alla mezzala destra Ezio Loik: i tifosi lo chiamavano Elefante per il suo modo di procedere lento e possente e lo consideravano "l'uomo dei gol impossibili". Con 70 gol totali in maglia granata, è tra i più prolifici del club torinese. Perse poi la vita anche uno dei più grandi terzini della storia del calcio italiano, nonché tra i migliori difensori europei della propria epoca, ovvero Virgilio Maroso, cui è stato intitolato lo stadio di Marostica. Su quell'aereo, il 4 maggio, c'era anche un altro campione, Valentino Mazzola, uno dei più grandi calciatori della storia del calcio mondiale, capitano e simbolo del Grande Torino.
Altri quattro giocatori morirono a Superga: Romeo Menti, Pierino Operti, Franco Ossola e Julius Schibert. A Menti, chiamato anche Menti III per non confonderlo con i fratelli maggiori, sono stati dedicati quattro stadi italiani: quello di Vicenza, di Castellammare di Stabia, di Nereto, nel Teramano, e di Montichiari. Operti, era un abile terzino sinistro esperto soprattutto nei colpi di testa, ebbe tempo di vincere uno scudetto con la squadra. Ossola, al quale è intitolato lo Stadio di Varese, segnò 85 gol totali con la maglia del Toro.
1949-2020
— Torino Football Club (@TorinoFC_1906) May 4, 2020
Il Grande Torino, Orgoglio d'Italia pic.twitter.com/VJ4IVuJ6WD
Sul luogo del disastro aereo c'è una lapide con i nomi dei caduti che ogni anno il capitano del Toro commemora citandoli uno per uno.
I calciatori: Valerio Bacigalupo (25 anni, portiere), Aldo Ballarin (27, difensore), Dino Ballarin (23, portiere), E'mile Bongiorni (28, attaccante), Eusebio Castigliano (28, mediano), Rubens Fadini (21, centrocampista), Guglielmo Gabetto (33, attaccante), Roger Grava (27, centravanti), Giuseppe Grezar (30, mediano), Ezio Loik (29, mezzala destra), Virgilio Maroso (23, terzino sinistro), Danilo Martelli (25, mediano e mezzala), Valentino Mazzola (30, attaccante e centrocampista), Romeo Menti (29, attaccante), Piero Operto (22, difensore), Franco Ossola (27, attaccante), Mario Rigamonti (26, difensore), Julius Schubert (26, mezzala).
E poi i dirigenti: Egidio Agnisetta (55, Direttore Generale), Ippolito Civalleri (66, accompagnatore), e Andrea Bonaiuti (36, organizzatore delle trasferte) e lo staff tecnico, Egri Erbstein (50, direttore tecnico), Leslie Lievesley (37, allenatore) e Ottavio Cortina (52, massaggiatore). Tra le vittime anche i giornalisti Renato Casalbore (Tuttosport), Renato Tosatti (la Gazzetta del Popolo) e Luigi Cavallero (la Nuova Stampa) e i membri dell'equipaggio Pierluigi Meroni (primo pilota), Cesare Bianciardi (secondo pilota), Celeste D'Inca' (motorista) e Antonio Pangrazzi (radiotelegrafista).
Il ricordo del Grande Torino nell'anno della pandemia
Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l'ultimo saluto ai giocatori. Da allora ogni anno nella Basilica di Superga si celebra una Messa in ricordo della tragedia. Quest'anno sarà una giornata diversa dalle altre, ma il ricordo del Grande Torino vivrà comunque con un programma pieno di appuntamenti.
Il 'Filadelfia', il mitico stadio granata ricostruito pochi anni fa e che conserva parti di muri e gradinate storiche, ha riaperto oggi, dopo il lockdown, per la commemorazione degli Invincibili ma solo per la messa che celebrerà nel pomeriggio, senza tifosi, il cappellano granata don Robella. Su quel che resta della vecchia gradinata sono stati appesi due striscioni sotto la gigantografia del Grande Torino con le scritte "4/5/1949 solo il Fato li vinse" e "Grande Torino in eterno vincerai, Chi è leggenda non muore mai.
Davanti al 'Filadelfia' passa qualche tifoso, giusto il tempo di una foto, di un pensiero alla squadra leggendaria distrutta dal destino nel '49, di una sbirciata al'interno dello stadio, mentre tutto attorno, ai balconi e sui pali dei cartelli stradali sventolano le bandiere granata.
La canzone dei tifosi
"Distanti ma uniti" è il titolo del video che i tifosi granata hanno dedicato al Grande Torino nel giorno del 71esimo anniversario. Un'idea semplice che anche in questo periodo di chiusura di ogni momento pubblico non volevano mancare all'appuntamento con la tradizionale lettura dei nomi della Lapide di Superga da parte del Capitano della squadra. L'idea è semplice: ogni tifoso legge un nome così da coinvolgere il maggior numero di persone possibili. Ma come spesso accade il cuore è andato oltre l'ostacolo e grazie al digitale sono arrivati contributi video da ogni parte d'Italia e del mondo: dagli Stati Uniti all'Asia i tifosi del Toro hanno fatto sentire la propria voce.
Visto il momento difficile per l'emergenza coronavirus si è pensato di coinvolgere anche chi, per lavoro, si trova in prima linea nella lotta. Ecco che allora, tifosi e non, in camice e mascherina sono stati coinvolti nella lettura dei nomi: da sottolineare il contributo arrivato dallo Staff del reparto di Rianimazione Generale dell'Ospedale Mauriziano di Torino che apre la lettura dei nomi al grido di 'I campioni d'Italia' ma anche gli operatori della Croce Rossa di Torino, medici e operatori sanitari che, pur nella difficoltà hanno prestato il proprio volto e la propria voce.
Il video è poi arricchito dal 'silenzio' suonato con la tromba di un tifoso che accompagna le immagini in bianco e nero dei campioni del Grande Torino. Colonna sonora del video la canzone dei Sensounico 'Quel giorno di pioggia'.
Questa invece è la poesia che Mario Luzi dedicò agli invincibili
Ai campioni del Torino
Qui, a questa rupe nera, qui piegava
la manovra leggera delle ali,
i triangoli in fuga coniugati,
il guizzo breve, il fulmine leggiadro?
Mai la morte fu veramente morte
così, mai corse rapida all’essenza
come questa che vi abolisce, squadra
anche contro la morte, ancora squadra.
Niente c’è più, né grazia trascorrente
né scienza fine e rapida sull’erba,
niente che vi protegga e vi distingua
dal tutto grigio e vile in cui rientraste?
Niente, né ritmo celere né piano
che vi separi più dal moto oscuro,
tempo rubato al tempo non c’è più
che vi salvi dal tempo che v’invade?
Niente c’è più, niente c’è più, o un barbaglio?
niente, niente, non c’è più niente, piove
qui dove noi diciamo Rigamonti,
Castigliano, Maroso, Ballarin.