Venti anni dopo l'11/9: che ne sarà dell'Afghanistan?
Il ritorno dei talebani a vent'anni dagli attacchi al World Trade Center dell'11 settembre 2001
I talebani sono comparsi all'inizio degli anni '90 nel nord del Pakistan in seguito al ritiro delle truppe sovietiche dall'Afghanistan. Si ritiene che il movimento, prevalentemente pashtun, sia apparso per la prima volta nei seminari religiosi che predicavano una forma intransigente di Islam sunnita. La promessa fatta dai talebani - nelle aree pashtun a cavallo tra Pakistan e Afghanistan - era di ripristinare la pace e la sicurezza e imporre la propria versione austera della sharia, o legge islamica, una volta al potere. Dal sud-ovest dell'Afghanistan, estesero rapidamente la loro influenza.
Nel settembre 1995 conquistarono la provincia di Herat, al confine con l'Iran, ed esattamente un anno dopo conquistarono la capitale afghana, Kabul, rovesciando il regime del presidente Burhanuddin Rabbani - uno dei padri fondatori dei mujaheddin afghani che resistettero all'occupazione sovietica. Nel 1998, i talebani controllavano quasi il 90% dell'Afghanistan.

Herat, 1996 (Foto: Getty)
Gli afghani, stanchi degli eccessi dei mujaheddin e delle lotte intestine dopo la cacciata dei sovietici, li avevano generalmente accolti con favore: la loro prima popolarità era in gran parte dovuta al successo nello sradicare la corruzione, nel frenare l'illegalità e nel rendere sicure le strade e le aree sotto il loro controllo per far prosperare il commercio. Anche con l'introduzione di punizioni in linea con la loro rigida interpretazione della legge della sharia, come le esecuzioni pubbliche di assassini e adulteri condannati e l'amputazione per i colpevoli di furto.
Gli uomini dovevano farsi crescere la barba e le donne dovevano indossare il burka. I talebani vietarono la televisione, la musica e il cinema impedendo alle ragazze dai 10 anni in su di andare a scuola. In cielo smisero di volare gli aquiloni che segnavano la fine del gelido inverno e l’arrivo della primavera, vietati anch'essi nel 1998 dal ministero per "la lotta al vizio e la promozione della virtù".
Kabul, 1996 (Foto: Getty)
Dopo gli attacchi al World Trade Center di New York dell'11 settembre 2001, i talebani furono accusati di fornire un rifugio ai principali sospettati: Osama Bin Laden e il suo movimento al-Qaeda. Il 7 ottobre 2001, una coalizione militare guidata dagli Stati Uniti sferrò l'attacco all'Afghanistan e nella prima settimana di dicembre il regime talebano crollò.
Era il 13 novembre 2001 quando i talebani lasciarono Kabul, la martoriata capitale dell'Afghanistan. Il Paese aveva due decenni di disordini alle spalle e per altri vent'anni sarebbe stato sospeso in un tempo intermedio dove tutto sembrava difficile e tutto sembrava possibile. Gli afghani capirono che nell'"occupazione straniera" c'erano sprazzi di futuro. Un futuro che è tornato ad essere oscuro. La parola "straniero" era fino ad allora stata foriera di molteplici significati nel contesto afghano: invasori, colonizzatori, conquistatori. Ma nella Kabul distrutta del 2001, tra le strade disastrate, le biciclette vecchie e i taxi malconci significava "speranza".
Kabul, 2001 (Getty)
L'arrivo della coalizione guidata dagli Stati Uniti pose fine a un regime repressivo. Il mullah Mohammad Omar, il misterioso capo dei talebani, aveva portato il "villaggio" nelle città.
Dopo la ritirata dei talebani del 2001, il nuovo leader Hamid Karzai varcò la soglia del palazzo presidenziale. Il pianoforte a coda era stato sventrato per paura che un tasto del pianoforte potesse essere premuto accidentalmente e si potesse fare musica. I murales dipinti a mano erano stati deturpati: i talebani considerano le immagini di esseri viventi un crimine contro l'Islam e le avevano ricoperte con vernice nera.
Ma Omar, e altre figure di spicco, tra cui Bin Laden, erano sfuggiti alla cattura. Forse rifugiati nella città pakistana di Quetta, da dove avrebbero continuato a guidare il gruppo, ipotesi sempre negata da Islamabad.
Soldati americani rispondono al fuoco talebano, 2009 (Ap)
La gestione del Paese fu affidata agli alleati afghani di Washington, molti dei quali avevano partecipato alla distruzione di Kabul con le loro aspre faide durante l'ultimo governo. Sotto la loro guida, il paese si è trasformato in una serie di feudi che hanno arricchito i signori della guerra locali e hanno portato alla nuova ascesa dei talebani che negli anni hanno proseguito la loro avanzata rendendo insicure vaste aree del paese ed effettuando numerosi attacchi a Kabul.
Kandahar, 2010 (Ap)
Nel settembre 2012, il gruppo ha effettuato un raid di alto profilo alla base Nato di Camp Bastion. Le speranze di una pace negoziata sono state sollevate nel 2013, quando i talebani hanno annunciato l'intenzione di aprire un ufficio in Qatar. Ma la sfiducia da tutte le parti è rimasta alta e la violenza è continuata.
Nell'agosto 2015, i talebani hanno ammesso di aver insabbiato la morte del mullah Omar - secondo quanto riferito per problemi di salute in un ospedale in Pakistan - per più di due anni. Il mese successivo, il gruppo ha dichiarato di aver concluso settimane di lotte intestine e si è radunato attorno a un nuovo leader nella forma del Mullah Mansour, che era stato il vice del Mullah Omar. Più o meno nello stesso periodo, i talebani hanno preso il controllo di un capoluogo di provincia per la prima volta dalla loro sconfitta nel 2001, Kunduz, di importanza strategica. Il mullah Mansour è stato ucciso in un attacco di droni statunitensi nel maggio 2016 e sostituito dal suo vice Mawlawi Hibatullah Akhundzada.
Nell'anno successivo all'accordo di pace USA-talebani del febbraio 2020 - che è stato il culmine di un lungo periodo di colloqui diretti - i talebani hanno spostato le loro tattiche da complessi attacchi nelle città e su avamposti militari a un'ondata di omicidi mirati che terrorizzavano civili afgani. Gli obiettivi - giornalisti, giudici, attivisti per la pace, donne in posizioni di potere - sembravano suggerire che i talebani non avessero cambiato la loro ideologia estremista, ma solo la loro strategia.
Kabul, 2010 (Ap)
Nonostante le gravi preoccupazioni dei funzionari afgani sulla vulnerabilità del governo senza il sostegno internazionale, il nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato nell'aprile 2021 che tutte le forze americane avrebbero lasciato il paese entro l'11 settembre, due decenni dopo l'abbattimento del World Trade Center.
Kabul, 2021 (Ap)
Il ritorno dei talebani è adesso visto con terrore dalle giovani donne che sono cresciute libere di socializzare nei caffè e per strada e di andare all'università e praticare sport e anche dai giovani uomini che indossano abiti occidentali e che, numerosi, si sono visti tra la folla correre verso gli aerei in partenza alla ricerca di un futuro.
L'Afghanistan, 36 milioni di abitanti, è pieno di conservatori, molti dei quali vivono nelle zone rurali. Ma anche loro non aderiscono alla rigida interpretazione dell'Islam che i talebani hanno imposto l'ultima volta che hanno governato. I leader talebani, molti dei quali legati al precedente regime, incluso il cofondatore del movimento, il mullah Abdul Ghani Baradar, promettono questa volta maggiore moderazione. Ed eccoli apparire in tv e padroneggiare i social network. Dicono che alle donne non sarà impedito di lavorare e di partecipare alla vita pubblica, ma hanno varato un governo tutto al maschile.
In questi vent'anni i reporter hanno raccontato e documentato il conflitto e la ricostruzione e adesso la rapida ascesa dei talebani che hanno riconquistato il controllo del Paese. Sono immagini di morte e distruzione, dolore e sofferenza, di soldati caduti e feriti sui campi di combattimento, di famiglie divise e di fame, ma altre raccontano la speranza e la vita quotidiana. Come quella illustrata in questo scatto del 2013: un bambino sorride mentre gioca con un aquilone, simbolo di libertà, che forse presto non potrà più volare.
Kabul, 2013 (Ap)