15 settembre 1986, Enzo Tortora: la fine di un incubo
Storia per immagini di un uomo perbene e della terribile vicenda giudiziaria che lo vide protagonista negli anni '80
17 giugno 1983 ore quattro del mattino, accusato di associazione camorristica e spaccio di sostanze stupefacenti, Enzo Tortora viene arrestato a Roma nell'ambito di una operazione che porterà in carcere 856 presunti affiliati alla Nuova Camorra Organizzata. Sul suo capo l'accusa di essere un "cinico mercante di morte", come scriveranno i giudici che lo condanneranno in primo grado.
Il caso Tortora raccontato da "La Storia Siamo Noi"
"Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi"
A puntare il dito contro il popolare presentatore le dichiarazioni dei "collaboratori di giustizia" Giovanni Pandico, Giovanni Melluso e Pasquale Barra. Il Procuratore Capo di Napoli, Francesco Cedrangolo difese l'indagine: "Tutte le affermazioni raccolte sono state sottoposte in questi mesi a controlli accurati."
La realtà era un'altra
Il castello accusatorio a carico di Tortora si fondava solo su un riscontro obiettivo: un'agendina trovata nell'abitazione di un camorrista dove il nome Tortora era però "Tortona" e nemmeno il numero di telefono a fianco apparteneva al popolare conduttore. Del resto non fu l'unico errore: degli 856 fermati, 144 risultarono omonimi di presunti camorristi, 65 furono prosciolti in istruttoria, 259 furono assolti e solo 349 furono i condannati.
La gogna mediatica
Le immagini dell'arresto di Tortora portato via davanti alle telecamere con le manette ai polsi divennero, come si direbbe oggi, virali e fecero scaturire un'ondata colpevolista a cui solo pochi opinionisti e personaggi pubblici si sottrassero in quella prima ora. Tra questi Enzo Biagi, Pippo Baudo, Leonardo Sciascia, Eduardo de Filippo e Giorgio Bocca, oltre a Marco Pannella e il Partito Radicale che ne fecero da subito la bandiera della battaglia politica per la "giustizia giusta" candidandolo alle Europee già nel 1984. I mesi trascorsi in carcere sono raccontati nelle lettere alla compagna di allora, Francesca Scopelliti, di cui è stata recentemente pubblicata una selezione.
"La fine di un incubo"
Eletto deputato al Parlamento Europeo Enzo Tortora si dimise poco dopo rinunciando all'immunità parlamentare per affrontare il processo al termine del quale pronunciò in aula un 'j'accuse' perentorio:"Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi!"
Il 4 febbraio 1985 fu condannato a 10 anni di carcere. Un anno e mezzo dopo, il 15 settembre 1986, la Corte di Appello di Napoli rovesciò completamente il verdetto di primo grado pronunciando una sentenza di assoluzione con formula piena che il 13 giugno del 1987 la Corte di Cassazione rese definitiva. ''E' la fine di un incubo'', disse il presentatore.
"Dunque, dove eravamo rimasti?"
Il 20 febbraio 1987, Enzo Tortora tornò a condurre "Portobello", il programma televisivo che tra il 1977 e il 1983 lo aveva portato all'apice della popolarità e aveva cambiato il linguaggio televisivo anticipando alcuni dei format tipici della tv degli anni '90. Il male però si era già fatto strada e poco più di un anno dopo, il 18 maggio 1988, Enzo Tortora morirà per un tumore ai polmoni. Giuliano Ferrara, nella trasmissione "Il testimone" in onda all'epoca su Rai 2 ripercorse la vicenda giudiziaria e raccolse il suo ultimo intervento pubblico.
L'impegno politico
"Ero liberale perchè ho studiato, sono radicale perchè ho capito" amava ripetere Enzo Tortora nell'ultima fase della sua vita quando, dopo alcuni trascorsi nel Partito Liberale di Malagodi e Zanone, si era avvicinato al partito di Pannella e Bonino, di cui divenne presidente durante il processo per condurre in prima persona la battaglia per la cosiddetta "giustizia giusta" che portò nel novembre del 1987 alla vittoria nel referendum per la responsabilità civile dei magistrati.