Apre a Milano il primo Starbucks in Italia. Entro l'anno altri 4
Una grande tostatrice per il caffè al centro della sala e tutto il procedimento a vista. Il patron Schultz assicura: "Siamo qui con umiltà, non vogliamo insegnarvi a fare il caffè"
Tubi di rame che corrono sul soffitto, e poi il caldo colore del legno, ottone e vetri di Murano intorno alle colonne e marmi di Carrara ovunque. E' il primo Starbucks italiano, una torrefazione, una Reserve Roastery che intende omaggiare la nostra tradizione, e dal 7 settembre apre i battenti a Milano nello storico ex palazzo della Posta di piazza Cordusio.
Al suo interno, al centro del grande salone di 2.300 metri quadrati, fa bella mostra di sè una grande tostatrice Scolari.
Tutto il procedimento è vista. La macchina per la torrefazione in pochi minuti trasforma i chicchi verdi del caffè in un colore bruno scuro, raggiungendo la tostatura. Poi il tutto passa nel vassoio di raffreddamento prima di finire in un tamburo di bronzo alto 7 metri, in attesa di essere servito ai clienti o impacchettato e spedito verso gli store di tutta Europa, Medio Oriente e Africa.
L'uomo che fortemente ha voluto tutto ciò, sfidando le polemiche dei tradizionalisti che già fioccarono copiose lo scorso febbraio quando la catena americana annunciò l'apertura milanese, è il patron della multinazionale Howard Schultz che, non a caso, ha subito precisato: "non vogliamo insegnare agli italiani a fare il caffè", "siamo qui con umiltà e sappiamo bene che dobbiamo tributare il massimo rispetto al caffè italiano".
In effetti nel Starbucks Reserve Roastery c'è tanto del Bel Paese. Non solo una miscela ad hoc, un blend di caffè pensato per il gusto nostrano, ma la gastronomia di Rocco Princi con la sua bakery, con forno a legna, rivestito da Porfido della Lombardia.
Il piano di espansione della multinazionale americana del caffè procede spedito: "entro l'anno apriremo altri 4 Starbucks".
Al suo interno, al centro del grande salone di 2.300 metri quadrati, fa bella mostra di sè una grande tostatrice Scolari.
Tutto il procedimento è vista. La macchina per la torrefazione in pochi minuti trasforma i chicchi verdi del caffè in un colore bruno scuro, raggiungendo la tostatura. Poi il tutto passa nel vassoio di raffreddamento prima di finire in un tamburo di bronzo alto 7 metri, in attesa di essere servito ai clienti o impacchettato e spedito verso gli store di tutta Europa, Medio Oriente e Africa.
L'uomo che fortemente ha voluto tutto ciò, sfidando le polemiche dei tradizionalisti che già fioccarono copiose lo scorso febbraio quando la catena americana annunciò l'apertura milanese, è il patron della multinazionale Howard Schultz che, non a caso, ha subito precisato: "non vogliamo insegnare agli italiani a fare il caffè", "siamo qui con umiltà e sappiamo bene che dobbiamo tributare il massimo rispetto al caffè italiano".
In effetti nel Starbucks Reserve Roastery c'è tanto del Bel Paese. Non solo una miscela ad hoc, un blend di caffè pensato per il gusto nostrano, ma la gastronomia di Rocco Princi con la sua bakery, con forno a legna, rivestito da Porfido della Lombardia.
Il piano di espansione della multinazionale americana del caffè procede spedito: "entro l'anno apriremo altri 4 Starbucks".