Legalizzazione dell'aborto in Italia, le immagini della lunga marcia
Le immagini della lotta e delle manifestazioni delle donne per il riconoscimento del diritto all'interruzione volontaria di gravidanza
Prima del 22 maggio 1978 quando venne approvata la legge 194, l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata un reato e il codice penale prevedeva pene severe. Ma il percorso di lotta politica che portò, nell'Italia cattolica e governata dalla Democrazia Cristiana, alla legalizzazione dell'aborto a pochi anni di distanza da quella del divorzio, fu lungo e tormentato.
Nel 1975 la questione esplode a livello nazionale arrivando sulle prime pagine dei giornali. A Firenze, vengono arrestati l'allora segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, Adele Faccio, fondatrice del Centro d'informazione sulla sterilizzazione e sull'aborto (CISA) e Emma Bonino i quali, secondo i dettami della disobbedienza civile, si erano autodenunciati per aver procurato aborti. Lo scopo dell'azione nonviolenta era denunciare la piaga dell'aborto clandestino prodotto dalla repressiva legge vigente.
In Italia è in pieno fermento il movimento femminista, di liberazione della donna e per i diritti civili che sono l'altro volto spesso dimenticato di anni ricordati solo per il piombo del terrorismo. In questo clima nasce la campagna abortista condotta a sinistra oltre che dal Partito Radicale di Marco Pannella, dal Movimento di liberazione della donna, Lotta continua, Avanguardia operaia e PdUP-Manifesto.
La campagna sfocia nella raccolta di 700mila firme per un referendum abrogativo degli articoli del codice penale che punivano varie condotte legate all'interruzione della gravidanza. Il 15 aprile del 1976 vene fissato il giorno per la consultazione referendaria, ma l'allora Presidente della repubblica Leone è costretto a sciogliere le Camere: i partiti in Parlamento temono le divisioni a cui può portare la nuova consultazione popolare dopo l'esperienza del referendum sul divorzio del 1974 e, provocando lo scioglimento delle Camere, fanno saltare il referendum.
Ci era già stato l'intervento della Corte Costituzionale che, con la sentenza n.27 del 18 febbraio 1975, pur mantenendo fermo il principio costituzionale della tutela del concepito, aveva ammesso il ricorso alla IVG per motivi molto gravi, ma ci vollero mutate circostanze politiche e la continua pressione del movimento delle donne per indurre il Parlamento ad approvare, due anni dopo, la legge 194.
Una legge che fu mantenuta immutata tre anni dopo quando due referendum proposti da posizioni opposte, quelle radicali e quelle del Movimento per la Vita, intendevano abrogarne delle parti. Una legge che ha sostanzialmente raggiunto l'obiettivo di arginare la piaga dell'aborto clandestino ma la cui attuazione non è stata priva di difficoltà e ostacoli culturali e politici, Fin da subito era emerso il nodo cruciale del diritto da parte dei medici a fare obiezione di coscienza. Un diritto riconosciuto dalla legge ma che negli anni e in particolare in alcune aree del Paese ha messo a rischio l'applicazione stessa delle norme e dei diritti ad esse collegati. Ancora oggi nella provincia di Bolzano o in Molise la percentuale dei medici obiettori supera il 90 per cento.