Giornata mondiale degli oceani: proteggiamo il 30% dei mari entro il 2030
Entro il 2050 nell'oceano potrebbe esserci più plastica che pesci
L'8 giugno si celebra la Giornata Mondiale degli Oceani voluta dall'Onu per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'inquinamento marino e istituita nel 1992, in occasione del vertice sull'ambiente di Rio De Janeiro. Viene dedicata ogni anno ad un tema diverso: quello del 2020 è l'"Innovazione per un oceano sostenibile".
Secondo il WWF il valore economico di tutti gli oceani, che coprono il 70% della superficie terrestre, ammonta ad oltre 24 trilioni di dollari divisi in quattro ambiti: la produzione diretta con la pesca marina e l'acquacoltura di barriere coralline, alghe e mangrovie (6,9 trilioni), il commercio navale e i trasporti (5,2 trilioni) e le altre attività, il turismo e l'indotto legato alla educazione e conservazione marina e costiera (rispettivamente 7,8 e 4,3 trilioni).
Si stima che il prodotto marino lordo annuo degli oceani sia paragonabile al Pil dei paesi, pari a 2,5 trilioni di dollari all'anno, il che ne fa l'ottava economia mondiale in termini di Paese. Un enorme bene, anche economico quindi, messo a rischio dal cambiamento climatico, dall'inquinamento e dalla pesca commerciale e artigianale, con i metodi di pesca a strascico.
Il World Economic Forum stima che entro il 2050 ci potrebbe essere più plastica nell'oceano che pesci, a livello di peso complessivo e le Nazioni Unite avvertono che l'inquinamento sta mettendo a rischio la capacità di assorbimento degli oceani di quasi il 30% del carbonio emesso dall'attività umana. L'acidificazione degli oceani potrebbe infatti crescere fino al 100-150% entro la fine del 21mo secolo. In generale il calo della salute degli oceani indotto dal clima potrebbe costare all'economia globale 428 miliardi di dollari all'anno entro il 2050. Inoltre la produzione di stock ittici sostenibili è calata dal 90% al 66,9% in poco più di 40 anni.
L'Italia ha aderito a #30by30: l'iniziativa lanciata dalla Gran Bretagna che mira a proteggere entro il 2030 almeno il 30% dei mari e degli oceani di tutto il mondo, come ha annunciato oggi il ministro dell'Ambiente Costa. Vi hanno già aderito Belgio, Belize, Costa Rica, Finlandia,Gabon, Kenya, Palau, Portogallo, Seychelles, Vanuatu, Nigeria e Svezia.
Appena l'1,27% del Mediterraneo è effettivamente protetto mentre i maggiori scienziati del mondo concordano sul fatto che almeno il 30% del mare dovrebbe essere tutelato. Le analisi economiche del Wwf 2020 mostrano che tutti i sette principali settori marittimi - dal trasporto marittimo all'acquacoltura, dalla nautica da diporto alla pesca ricreativa e su piccola scala - si basano o competono su aree marine chiave, lasciandole in uno stato di grave esaurimento. L'Italia è uno dei paesi più ricchi in Europa e nel Mediterraneo in termini di biodiversità anche marina che forniscono un capitale naturale elevatissimo. Da qui l'iniziativa del Wwf 'A Blue Recovery plan' che mostra un peggioramento delle prospettive ecologiche ed economiche del Mediterraneo nel 2020 e indica una serie di priorità per ecosistemi sani e posti di lavoro entro il 2030.
La manifestazione virtuale contro le navi da crociera
Per denunciare l'inquinamento prodotto dalle crociere, da Venezia a Southampton, da Nassau nelle Bahams a Bergen in Norvegia, gli attivisti delle comunità portuali di tutto il mondo si collegheranno in videoconferenza, nell'evento promosso da Stand.earth, e consegneranno una petizione firmata da 47mila persone a Carnival Corporation, Norwegian Cruise Lines, Royal Caribbean e MSC per chiedere di passare a carburanti più puliti, porre fine allo scarico degli oceani e adottare target di riduzione delle emissioni. "Le navi da crociera - dichiara Jane Da Mosto, direttrice della ong veneziana 'We Are Here Venice' - sono una grave minaccia per il futuro" della città lagunare. "Man mano che l'industria cresce e il numero e le dimensioni delle navi aumentano - conclude - aumenta anche il danno ambientale, economico e sociale che causano".
Secondo il WWF il valore economico di tutti gli oceani, che coprono il 70% della superficie terrestre, ammonta ad oltre 24 trilioni di dollari divisi in quattro ambiti: la produzione diretta con la pesca marina e l'acquacoltura di barriere coralline, alghe e mangrovie (6,9 trilioni), il commercio navale e i trasporti (5,2 trilioni) e le altre attività, il turismo e l'indotto legato alla educazione e conservazione marina e costiera (rispettivamente 7,8 e 4,3 trilioni).
Si stima che il prodotto marino lordo annuo degli oceani sia paragonabile al Pil dei paesi, pari a 2,5 trilioni di dollari all'anno, il che ne fa l'ottava economia mondiale in termini di Paese. Un enorme bene, anche economico quindi, messo a rischio dal cambiamento climatico, dall'inquinamento e dalla pesca commerciale e artigianale, con i metodi di pesca a strascico.
Il World Economic Forum stima che entro il 2050 ci potrebbe essere più plastica nell'oceano che pesci, a livello di peso complessivo e le Nazioni Unite avvertono che l'inquinamento sta mettendo a rischio la capacità di assorbimento degli oceani di quasi il 30% del carbonio emesso dall'attività umana. L'acidificazione degli oceani potrebbe infatti crescere fino al 100-150% entro la fine del 21mo secolo. In generale il calo della salute degli oceani indotto dal clima potrebbe costare all'economia globale 428 miliardi di dollari all'anno entro il 2050. Inoltre la produzione di stock ittici sostenibili è calata dal 90% al 66,9% in poco più di 40 anni.
L'Italia ha aderito a #30by30: l'iniziativa lanciata dalla Gran Bretagna che mira a proteggere entro il 2030 almeno il 30% dei mari e degli oceani di tutto il mondo, come ha annunciato oggi il ministro dell'Ambiente Costa. Vi hanno già aderito Belgio, Belize, Costa Rica, Finlandia,Gabon, Kenya, Palau, Portogallo, Seychelles, Vanuatu, Nigeria e Svezia.
Appena l'1,27% del Mediterraneo è effettivamente protetto mentre i maggiori scienziati del mondo concordano sul fatto che almeno il 30% del mare dovrebbe essere tutelato. Le analisi economiche del Wwf 2020 mostrano che tutti i sette principali settori marittimi - dal trasporto marittimo all'acquacoltura, dalla nautica da diporto alla pesca ricreativa e su piccola scala - si basano o competono su aree marine chiave, lasciandole in uno stato di grave esaurimento. L'Italia è uno dei paesi più ricchi in Europa e nel Mediterraneo in termini di biodiversità anche marina che forniscono un capitale naturale elevatissimo. Da qui l'iniziativa del Wwf 'A Blue Recovery plan' che mostra un peggioramento delle prospettive ecologiche ed economiche del Mediterraneo nel 2020 e indica una serie di priorità per ecosistemi sani e posti di lavoro entro il 2030.
La manifestazione virtuale contro le navi da crociera
Per denunciare l'inquinamento prodotto dalle crociere, da Venezia a Southampton, da Nassau nelle Bahams a Bergen in Norvegia, gli attivisti delle comunità portuali di tutto il mondo si collegheranno in videoconferenza, nell'evento promosso da Stand.earth, e consegneranno una petizione firmata da 47mila persone a Carnival Corporation, Norwegian Cruise Lines, Royal Caribbean e MSC per chiedere di passare a carburanti più puliti, porre fine allo scarico degli oceani e adottare target di riduzione delle emissioni. "Le navi da crociera - dichiara Jane Da Mosto, direttrice della ong veneziana 'We Are Here Venice' - sono una grave minaccia per il futuro" della città lagunare. "Man mano che l'industria cresce e il numero e le dimensioni delle navi aumentano - conclude - aumenta anche il danno ambientale, economico e sociale che causano".