Il Papa a Sant'Egidio: creare una società in cui nessuno sia più straniero
Il Pontefice a Trastevere in occasione dei 50 anni della Comunità fondata da Andrea Riccardi: "Benedico i vostri sogni, non escludere mai"
"Dobbiamo avere il cuore aperto per tutti, senza distinguere questo è amico, questo mi piace e quello no. No: aperti a tutti, tutti". Questa è stata la prima raccomandazione di Papa Francesco al popolo della Comunità di Sant'Egidio che lo ha accolto davanti alla Basilica di Santa Maria in Trastevere in occasione dei 50 anni del movimento fondato da Andrea Riccardi.
La pioggia cadeva fitta nel momento dell'arrivo del Papa sulla solita Ford Focus. "Buonasera - ha esordito Francesco - non tanto buona, no. Anche il cielo ha le porte aperte e ha buttato giù tutta l'acqua. Grazie di esserci, benedico voi, le vostre famiglie e i vostri sogni". Ad accoglierlo, lo stesso Andrea Riccardi.
Riccardi: Chiesa in uscita contro gli egoismi nazionaliNo alla "logica del pensare a sé, che va dall'egocentrismo personale all'egoismo nazionale" in base alla quale "ogni Paese deve chiudersi e salvarsi dalla marea del mondo" ha detto il fondatore della Comunità, salutando Francesco nella basilica romana di Santa Maria in Trastevere, ringraziandolo per l'indicazione di una Chiesa che "esca per strada, fuori dall'istituzione e dalle sacrestie".
Osserva Riccardi: "Il tempo è cambiato, tutto si è globalizzato divenendo un grande mercato, ma poco sembra che sia cambiato nei poteri che reggono la Storia come il denaro... Si dice che bisogna prima di tutto sopravvivere, difendersi dagli altri, dai poveri. Ci si sente vittime e si ha paura: siamo in un'età della rabbia contro gli altri, i diversi, i poveri, i presunti nemici; un'età dolorosa dove ci sono violenze e guerre senza fine".
Allora, lamenta, "la tentazione è il pessimismo, che favorisce chiusure e pigrizie. Noi, dal '68, conserviamo invece la convinzione che tutto può cambiare e che dipende anche da noi: si può andare avanti anche nel buio! Ci sono risorse ed energie, non solo rabbia; e questo ci dà speranza e gioia".
Papa: la paura dello straniero può contagiare i cristiani
"Non avere paura dello straniero, di chi è diverso da noi, del povero, come fosse nostro nemico" è l'esortazione arrivata poi dal Papa, che ha ricordato come la paura sia "una malattia antica". "Il mondo oggi - ha sottolineato - è spesso abitato dalla paura. E dalla rabbia che è sorella della paura. È una malattia antica: nella Bibbia ricorre spesso l`invito a non avere paura. Il nostro tempo conosce grandi paure di fronte alle vaste dimensioni della globalizzazione". E "le paure si concentrano spesso su chi è straniero, diverso da noi, povero, come se fosse un nemico. E allora ci si difende da queste persone, credendo di preservare quello che abbiamo o quello che siamo".
"L`atmosfera di paura - ha proseguito il Papa - può contagiare anche i cristiani che, come quel servo della parabola, nascondono il dono ricevuto: non lo investono nel futuro, non lo condividono con gli altri, ma lo conservano per sé". "Se siamo da soli, siamo presi facilmente dalla paura. Ma - ha aggiunto - il vostro cammino vi orienta a guardare insieme il futuro: non da soli, non per sé. Insieme con la Chiesa".
"Creare una società in cui nessuno sia più straniero E 'non dite mai: 'Io che c`entro?"
"Non dite mai 'io che c'entro?'": così il Papa, in occasione della visita alla comunità di Sant'Egidio ha rinnovato l'appello a ciascuno ad essere "artigiano di pace", "profeta di misericordia", ad adoperarsi per "creare una società in cui nessuno sia più straniero", a "valicare i muri e i confini".
"Ciascuno - ha sottolineato il Papa - è chiamato a cambiare il proprio cuore assumendo uno sguardo misericordioso verso l`altro, per diventare artigiano di pace e profeta di misericordia". Papa Francesco ha poi ricordato la parabola del buon samaritano ricordando che non aveva una specifica responsabilità verso l`uomo ferito che aveva incontrato mezzo morto per la strada, ed era straniero. "Invece si comportò da fratello, perché ebbe uno sguardo di misericordia. Il cristiano, per sua vocazione, è fratello di ogni uomo, specie se povero, e anche se nemico".
Quindi "Non dite mai: 'Io che c`entro?', Uno sguardo misericordioso ci impegna all`audacia creativa dell`amore, ce n`è tanto bisogno! Siamo fratelli di tutti e, per questo, profeti di un mondo nuovo; e la Chiesa è segno di unità del genere umano, tra popoli, famiglie, culture".