Corni di rinoceronte come l'oppio, 2 milioni di dollari in fumo contro la legalizzazione del mercato
Guerra al commercio illegale dei corni, la protesta rituale dello zoo ceco per una controversa asta in Sud Africa del materiale. Il corno è pregiato perché viene ampiamente usato come ingrediente nella medicina orientale. Il dibattito tra favorevoli e contrari al commercio illegale ferve in maniera trasversale.
Lo zoo di Dvur Kralove in Repubblica Ceca ha ridotto in cenere 33,5 chilogrammi di corni di rinoceronte che, sul mercato nero, possono valere attualmente oltre 2 milioni di dollari. Il falò è stato deciso per protestare contro una controversa asta di corni di rinoceronte in Sud Africa. Si tratta di una cerimonia di denuncia non nuova per lo zoo che anche negli anni precedenti ha voluto in questo modo porre l'attenzione al tema del contrabbando dei corni. Il piccolo zoo che si trova 110 chilometri a nordest di Praga ospita 19 rinoceronti, il branco più numeroso di questa specie in Europa. Erano decine i visitatori che hanno applaudito alla pira, accesa sotto il serrato controllo di agenti armati. Il materiale cremato, tra cui anche dell'avorio, proveniva da animali morti ma anche da tagli preventivi. Lo zoo ha infatti rimosso i corni da alcuni di questi animali per preacuzione e per prevenire la possibilità che criminali potessero penetrare nella struttura e rubarli uccidendo gli animali come è avvenuto nel marzo scorso in un parco zoologico vicino a Parigi.
Le ragioni per proibire
Un chilogrammo di corno di rinoceronte viene venduto sul mercato nero intorno ai 65mila dollari. In alcune regioni asiatiche è considerato cura per qualsiasi genere di malattia dal cancro al raffreddore, dalla pressione sanguigna troppo alta ai postumi della sbornia fino all'impotenza. I contrabbandieri hanno decimato la popolazione dei rinoceronti specialmente in Africa eil direttore dello zoo ceco Premysl Rabas ha voluto lanciare un messaggio contro un asta svoltasi nell'agosto scorso in Sud Africa mentre un'altra è in programma proprio oggi. "E' un grosso errore," ha detto credere che legalizzando il mercato dei corni di rinoceronte si ridurrà il contrabbando che, negli ultimi anni ha toccato cifre record, "Non feremeremo la mattanza legalizzandone il commercio. Servirà solo a stimolare la domanda."
Le ragioni per legalizzare
In Sud Africa è stata la sentenza di una corte ad aprire la strada al commercio legale interno di corni di rinoceronti anche se, dall'altra parte, il governo dello stesso Paese ha confermato la partecipazione al bando internazionale che dal 1977 proibisce questo commercio. A sostenere nell'aprile scorso la decisione della Corte sudafricana c'era l'Associazione degli allevatori privati di rinoceronti: "Possediamo più di 6500 rinoceronti sia bianchi sia neri," ha detto Pelham Jones alla BBC in occasione della sentenza, "e abbiamo investito molto nella conservazione e nella protezione e inoltre il diritto a un "utilizzo sostenibile" è nella Costituzione."
E il dolore?
Associazioni animaliste come il WWF sono contrarie alla legalizzazione ma altre come Save The Rhino sono più possibiliste. E c'è dibattito anche su uno dei temi cruciali della pratica e cioè il dolore inferto agli animali nella rimozione del corno. I favorevoli sostengono che fatto in modo controllato non sia doloroso e che una volta tagliato secondo i crismi il corno ricresce, i contrari sostengono che sia una afflizione inutile.
Il mercato nero dilaga
Questa la convinzione degli organizzatori del falò nello zoo di Dvur Kralove secondo i quali il commercio legale non è altro che il paravento dietro al quale vengono fatti passare attraverso le dogane anche le parti di animali vittime dei bracconieri difficili da distinguere per gli agenti alle frontiere. Infine, il denaro che proviene dal commercio illegale degli animali affluisce nelle casse di bande criminali e gruppi terroristici. Sono loro che finanziano i bracconieri, uccidono le guardie forestali nei parchi naturali e tutto il processo sostiene inoltre il livello di corruzione sia nei Paesi africani da dove questa merce proviene sia nei Paesi di transito.