Coronavirus. Dall'alba al tramonto: un giorno in prima linea con i medici del reparto Covid
La fotoreporter di Associated Press racconta la dura giornata di lavoro di una dottoressa impegnata nelle cure dei pazienti ricoverati in un reparto Covid del Policlinico di Tor Vergata.
La dottoressa Elisabetta Teti ricorda bene le settimane da incubo vissute in ospedale durante la prima ondata di Coronavirus e si interroga su quello che potrà accadere nell'inverno alle porte visto che sono ancora decine di migliaia gli italiani a cui viene diagnosticato il COVID-19 e centinaia ogni giorno ne muoiono. In questo periodo la dottoressa, specialista in malattie infettive al Policlinico di Tor Vergata alla periferia di Roma, inizia e finisce il suo turno di lavoro senza vedere la luce del giorno.
I numeri della pandemia al Policlinico di Tor Vergata sono pesanti: 28 pazienti ricoverati in due unità COVID-19, 18 di questi devono indossare i caschi medici di cui hanno bisogno per continuare a respirare; 70 pazienti nel pronto soccorso, dove molti sono aiutati con le maschere di ossigeno. Ogni mattina, prima di iniziare il suo giro la dottoressa impiega 10 minuti per "vestirsi" con il suo equipaggiamento protettivo.
La procedura, eseguita in un ambiente asettico, prevede un'attenta cura nell'indossare il camice protettivo, due paia di guanti legati intorno ai polsi, due maschere facciali, una cuffia per tenere i capelli e una visiera. E al termine della giornata ci vuole ancora più tempo per "spogliarsi", dato che occorre applicare il gel igienizzante sulle mani guantate ogni volta che si toglie uno degli strati protettivi.
Quando la dottoressa arriva in ospedale, il giorno in cui sono state scattate le foto, il personale si sta occupando di un paziente deceduto durante la notte. Le infermiere fanno spostano il corpo su una barella. L'inizio è duro ma non c'è scelta, occorre subito tornare a focalizzare l'attenzione sui vivi.
La comunicazione con i pazienti che indossano caschi per l'ossigeno mentre i medici sono coperti da strati di indumenti protettivi è difficile. Bisogna emanare energia e calore attraverso queste barriere fisiche. Un paziente sulla sessantina sorride mentre la dottoressa Teti cerca di trasmettere fiducia e ottimismo passando da un letto all'altro. Ma quando torna nella sala riunioni dove i medici esaminano le cartelle dei pazienti, deve ammettere che nel cercare di tenere le persone in vita di fronte a questo virus si paga un prezzo emotivo molto alto.
All'inizio, la maggior parte del personale medico ha trovato delle scuse quando l'ospedale ha offerto loro sessioni di supporto psicologico di gruppo, racconta la dottoressa. Ora, si rendono conto che anche loro hanno bisogno di aiuto, e hanno iniziato a frequentarle.
La paura di trasmettere inavvertitamente il virus influenza anche la vita privata di questi medici. Durante i primi mesi della pandemia, la dottoressa e suo marito, Stefano Capasso, indossavano le mascherine anche in casa. Per mesi si sono astenuti anche solo dallo scambiarsi un bacio. Lei ha dormito sul letto, il marito sul divano. Sabato scorso è scivolata fuori di casa all'alba, mentre il marito stava ancora dormendo. Ma finalmente, quando l'ennesima dura giornata di lavoro volge al termine la coppia si riunisce a tarda sera intorno al tavolo da pranzo per cenare insieme.