Stati Uniti, carta igienica in esaurimento: è di nuovo corsa a fare scorta di prodotti per l'igiene
Si ripetono le scene già viste a marzo in molti Paesi colpiti dalla pandemia
La notizia arriva proprio nel giorno in cui si celebra la Giornata Mondiale della Toilette istituita dalle Nazioni Unite per sollecitare l'opinione pubblica e i governi a affrontare la crisi sanitaria globale che vede 4,2 miliardi di persone vivere senza servizi igienici sicuri e circa 673 milioni costrette ancora a defecare all'aperto. Una situazione di igiene precaria che in tempi di pandemia determina una emergenza nell'emergenza e finisce per interessare anche il cosiddetto mondo "sviluppato".
E' quello che sta accadendo in queste ore negli Stati Uniti dove l'ennesima impennata di casi di coronavirus sta inducendo le persone a prendere nuovamente d'assalto i negozi per fare scorta di beni di prima necessità. Scaffali vuoti e rivenditori costretti a porre limiti agli acquisti.
Martedì Walmart, la più grande catena di distribuzione al dettaglio del mondo, ha annunciato problemi a tenere il passo con la domanda di prodotti di pulizia per la casa in alcuni dei suoi negozi. Le catene di supermercati Kroger e Publix in seguito all'aumento di richiesta registrato di recente, stanno limitando il numero di confezioni di carta igienica e panni di carta che i clienti possono acquistare. Una difficoltà cui non è immune nemmeno il colosso Amazon dove è esaurita la maggior parte delle salviette disinfettanti e dei tovaglioli di carta.
Si ripete così una scena già vista a marzo, non solo negli Usa, quando le persone, costrette a casa dalla pandemia, hanno fatto incetta di questo tipo di prodotti nel timore di rimanerne privi. Il problema maggiore sembra essere quello dei prodotti di carta: il 21% degli scaffali che hanno in stock panni di carta e carta igienica sono vuoti, il livello più alto da almeno un mese, secondo la società di ricerche di mercato IRI. La carenza dei prodotti per la pulizia è a livello del 16%. Prima della pandemia il livello fisiologico per questi beni di consumo era del 5-7%, spiega l'IRI.
A contribuire al problema è il fatto che circa il 10% della forza lavoro negli stabilimenti che producono questa merce risulta in malattia, principalmente perché sono stati in contatto con altre persone che sono risultate positive a COVID-19.