Dalla Libia a Lampedusa: il dramma dei migranti. Mediterranean Hope: sempre più difficile
Il racconto di Angela Caponnetto
Mentre le oltre 100 persone recuperate da un barcone in avaria al largo delle coste libiche vengono sbarcare a forza in Libia dal mercantile battente bandiera Sierra Leone lady SHAM, continuano gli appelli dalla nave umanitaria SEA Watch 3 per trovare un porto sicuro di approdo per altri 47 migranti salvati a ovest di Tripoli sabato 19 gennaio
Un caso che si ripropone a meno di un mese dalla vicenda delle 49 persone rimaste per diversi giorni in mare sulle navi umanitarie di Sea Watch e Sea Eye prima di sbarcare a Malta.
Intanto a Lampedusa gli operatori delle organizzazioni internazionali umanitarie cercano di ricostruire i tasselli del naufragio di venerdì scorso dai racconti degli unici tre sopravvissuti ora nell'hotspot di Contrada Imbriacola. La loro ricostruzione sarà fondamentale anche per i magistrati della procura militare di Roma e ordinaria di Agrigento che indagano sui ritardi nei soccorsi e violazione delle norme internazionali sul salvataggio in mare.
I tre ventenni del Gambia e Sudan, hanno raccontato di essere stati portati in due gruppi di 100 e 28 dentro un capannone sulla spiaggia di Misurata. 8 donne sarebbero rimaste a terra perché non avevano più soldi da dare ai trafficanti. Partiti gli altri 120, confermando così la cifra di oltre 100 vittime tra cui anche un bambino di due mesi.
Alla sede lampedusana di Mediterranean Hope centro di osservazione locale della federazione delle chiese evangeliche si cerca di tirare le somme di partenze e naufragi ma negli ultimi mesi fare bilanci è sempre più difficile non essendo possibile confrontarsi con le autorità libiche a cui è stato affidato il soccorso delle imbarcazioni che partono da quell'area del Nord Africa.
Angela Caponnetto, inviata a Lampedusa
Un caso che si ripropone a meno di un mese dalla vicenda delle 49 persone rimaste per diversi giorni in mare sulle navi umanitarie di Sea Watch e Sea Eye prima di sbarcare a Malta.
Intanto a Lampedusa gli operatori delle organizzazioni internazionali umanitarie cercano di ricostruire i tasselli del naufragio di venerdì scorso dai racconti degli unici tre sopravvissuti ora nell'hotspot di Contrada Imbriacola. La loro ricostruzione sarà fondamentale anche per i magistrati della procura militare di Roma e ordinaria di Agrigento che indagano sui ritardi nei soccorsi e violazione delle norme internazionali sul salvataggio in mare.
I tre ventenni del Gambia e Sudan, hanno raccontato di essere stati portati in due gruppi di 100 e 28 dentro un capannone sulla spiaggia di Misurata. 8 donne sarebbero rimaste a terra perché non avevano più soldi da dare ai trafficanti. Partiti gli altri 120, confermando così la cifra di oltre 100 vittime tra cui anche un bambino di due mesi.
Alla sede lampedusana di Mediterranean Hope centro di osservazione locale della federazione delle chiese evangeliche si cerca di tirare le somme di partenze e naufragi ma negli ultimi mesi fare bilanci è sempre più difficile non essendo possibile confrontarsi con le autorità libiche a cui è stato affidato il soccorso delle imbarcazioni che partono da quell'area del Nord Africa.
Angela Caponnetto, inviata a Lampedusa