Damasco città fantasma, viaggio fotografico alla periferia della capitale siriana
Le macerie del campo profughi palestinese di Yarmouk e quelle di Ein Tarma e Ghouta tornate sotto il controllo di Assad.
Damasco, la città vecchia e il centro della città sono rimasti in gran parte incolumi durante la guerra civile, un contrasto appariscente con i quartieri periferici devastati dal conflitto e dai bombardamenti dell'esercito di Assad che in primavera ha preso il sopravvento in queste aree che ancora all'inizio di quest'anno erano sotto il controllo dei ribelli. Ora tutto quel che rimane sono macerie, lascito della guerra. Il reportage fotografico di Associated Press.
Yarmouk, la "capitale" della diaspora palestinese
Yarmouk è un quartiere periferico di Damasco, su cui il governo siriano ha ripreso il controllo ormai da diversi mesi dopo averlo strappato agli insorti. Oggi rimane in gran parte vuoto. Prima della guerra qui vivevano circa 200.000 rifugiati palestinesi. La maggior parte dei suoi abitanti sono fuggiti, nei Paesi limitrofi e anche verso l'Europa, durante l'assedio delle forze governative, dopo che dal 2015 era stato occupato da miliziani dello Stato Islamico. L'esercito siriano ha annunciato di aver riconquistato Yarmouk il 21 maggio quest'anno, portando l'intera capitale e le sue periferie sotto il pieno controllo governativo per la prima volta dal 2011.
Ora, a parte i soldati, pochi sono i residenti che vagano nel quartiere, mentre i soldati avvertono che alcuni dei vicoli più reconditi devono ancora essere sminati. Il fotografo di AP ha incontrato Mohamham Dakhous, 74 anni, fuggito dalla Palestina nel 1948 e rifugiatosi qui fino a che, con l'arrivo dei ribelli e dei miliziani è scappato con il fratello per sfuggire ai combattimenti. Ora spera di tornare nel suo appartamento dove ha lasciato i ricordi di una vita.
Il campo di Yarmouk prima della guerra era in gran parte popolato da profughi palestinesi, eredi di quelli fuggiti in Siria dopo la fondazione di Israele nel 1948, ed era diventato la capitale della diaspora palestinese.
I mondiali a Ein Tarma
Anche tra le macerie del quartiere di Ein Tarma, periferia est di Damasco, domenica scorsa si è guardata la finale dei mondiali di calcio di Russia 2018 tra Francia e Croazia. E tra le truppe siriane che presidiano il territorio dopo averlo riconquistato in primavera ai ribelli il tifo era tutto per la Croazia. "No!" esclamano quattro soldati davanti a un tv mentre la Francia segna il terzo dei quattro gol. Anche in questa parte della Siria devastata dal conflitto il tifo si mescola con la geopolitica: la maggior parte dei siriani filogovernativi nelle aree controllate dall'esercito nutrono antipatia per la Francia, dato che molti di loro lo considerano parte di una coalizione contraria al presidente Bashar Assad.
Anche se molti siriani hanno tifato Croazia per motivi politici, c'è chi come il macellaio Fahd al-Qadi, 39 anni, ha detto di farlo solo perché è un ammiratore di Luka Modric, il talentuoso centrocampista, eletto miglior giocatore del torneo: "Non mischio la politica al calcio", ha detto Qadi, in piedi dietro il suo tagliere di legno mentre guardava la partita su una piccola TV alimentata da un generatore perché l'energia elettrica è ancora un miraggio qui. Quando nei quarti di finale la Russia era stata eliminata dalla dalla Croazia, molti siriani in tutto il mondo avevano esultato per la sconfitta di quello che è riconosciuto come il principale alleato del presidente siriano.
L'ultima vittoria di Assad è stata la riconquista di Ghouta, la periferia orientale di Damasco e Ein Terma è uno dei quartieri principali di questa parte della città. Mohammed Qadi, un tempo faceva l'allenatore della squadra di calcio Wahda, anche lui ha tifato la Croazia in finale e come, ovunque nel mondo, ha chiamato degli aamici a casa per vedere la partita in tv. Nelle foto si vede ciò che rimane della sua casa: due stanze senza soffitto di cui restano solo parte delle mura perimetrali.
Ma a Ein Tarma, non tutti hanno visto la partita. Nabil Harmoush è un tappezziere, non ha un televisore e la sua casa è andata distrutta durante l'offensiva delle forze governative che ha riconquistato a suon di bombe Ghouta all'inizio di quest'anno: "Ho problemi più grandi di cui preoccuparmi."