In memoria di Albert II, la prima scimmia a guardare la Terra dallo Spazio. Accadde oggi, 70 anni fa
14 giugno 1949 un macaco supera la Linea di Kármán a bordo di un missile V2 ma al rientro il paracadute non si apre.
All'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale sia gli Stati Uniti sia l'Unione Sovietica intrapresero la loro gara alla conquista dello Spazio a partire dai missili V2 e dalla tecnologia sviluppata dagli scienziati tedeschi sotto il Terzo Reich. Nel giro di pochi anni quei razzi furono adattati prima per trasportare apparecchiature e sensori scientifici e poi i primi esseri viventi.
In realtà il primato della conquista dello spazio da parte di una forma vivente spetta alle mosche della frutta. Il 20 febbraio 1947 dalla rampa di lancio di White Sands nel New Messico i piccoli insetti furono sparati oltre l'atmosfera per testare gli effetti delle radiazioni sul DNA. Le mosche non riuscirono a raggiungere l'orbita terrestre ma superarono per la prima volta la cosiddetta Linea di Kármán, il confine tra il nostro Pianeta e lo Spazio posto all'altitudine convenzionale di 100 Km dalla superficie terrestre e, cosa formidabile, tornarono a Terra sane e salve.
Albert II, la prima scimmia a raggiungere lo spazio il 14 giugno del 1949, non fu tanto fortunata. Intanto va detto che, come il nome fa intuire, il macaco di circa 3 Kg di peso, non fu il primo ad essere usato per questi primi esperimenti di astronautica. Poco più di un anno prima nell'abitacolo del V2 che raggiunse quota 63 Km c'era un piccolo Albert I, il quale però non poté godersi nemmeno per un attimo la vista dall'alto del pianeta blu perché a quel punto era già morto, soffocato per un guasto al sistema di areazione.
Con elettrodi applicati sul corpo per misurarne l'attività cardiaca durante la missione, Albert II fu collocato dentro un razzo battezzato 'Blossom' (Fiorire) non prima di essere sedato. Il suo tracciato elettrocardiaco è il primo 'data set' della risposta di un essere vivente al volo spaziale e all'assenza di gravità. E non fu una risposta piacevole. Colin Burgess e Chris Dubbs in "Animals in Space: From Research Rockets to the Space Shuttle" citano il resoconto di David Simons, il medico ufficiale del progetto dell'aeronautica militare Usa per lo studio sugli animali usati in questi voli sperimentali sui V2, che spiega: "La frequenza cardiaca di Albert II fu chiaramente disturbata dagli improvvisi sbalzi prodotti dall'accelerazione gravitazionale, sia all'andata sia al rientro."
E tuttavia Albert II ce l'avrebbe fatta e tutto sommato in buone condizioni - aveva raggiunto i 134 Km di altitudine (34 oltre il limite dell'atmosfera) e stava rientrando a Terra dopo che la capsula si era separata con successo dal razzo - se il paracadute si fosse aperto correttamente. Erano passati appena 6 minuti dal momento del lancio quando il coraggioso macaco morì nello schianto a terra.
Ci vollero dieci anni di voli sperimentali prima che, finalmente il 28 maggio 1959, Able e Miss Baker, un macaco e una scimmia scoiattolo, lanciati in orbita su un missile balistico JUPITER AM-18, riuscissero a tornare vivi sulla Terra, facendo fare all'umanità un altro decisivo salto verso la conquista dello Spazio.