Iraq,10 anni fa la morte di Saddam.Parla la figlia:"Non ho mai voluto vedere video sua impiccagione"
Intervista a Raghad Saddam Hussein: "Non ho mai voluto vederlo e mi rifiuto di vederlo", dice la donna riferendosi al video-shock della morte del padre per impiccagione. E respinge le accuse di sostenere l'Isis, arrivata da Baghdad in questi mesi: "Non ho alcun legame di questo tipo e la mia famiglia non aveva questo tipo di ideologia. Infatti (l'Isis, ndr) è arrivato sulla scena dopo la nostra fine"
Dieci anni fa moriva Saddam Hussein, impiccato dopo la condanna a morte per il massacro di Dujail, la strage del 1982 in cui morirono 148 sciiti. L'ex rais, al potere in Iraq dal 1979, era stato scovato e catturato il 13 dicembre del 2003 dai soldati americani nei pressi di Tikrit, sua città natale.
Le immagini della sua cattura e della sua impiccagione con il cappio intorno al collo trasmesse dalla tv al-Iraqiya nel giorno delle celebrazioni dell'Eid al-Adha restano scalfite nella memoria degli iracheni e di chiunque abbia seguito quegli eventi. Passato più di un decennio da quando iniziò l'intervento Usa in Iraq con George W. Bush alla Casa Bianca, il fantasma di Saddam in qualche modo tormenta ancora gli Stati Uniti.
L'Iraq è tutt'altro che un Paese pacificato. Proprio ieri le forze irachene - che sono sostenute dalla coalizione internazionale anti-Is a guida Usa - hanno annunciato l'avvio di una nuova fase dell'offensiva per la "liberazione" di Mosul, la città del nord in mano dal giugno 2014 ai jihadisti dell'Is che all'epoca ne fecero la loro roccaforte in Iraq. L'offensiva è scattata il 17 ottobre e sinora è sembrata arrancare.
Secondo il premier iracheno Haider al-Abadi servono ancora "tre mesi per eliminare l'Is" dal Paese. In Iraq il gruppo di Abu Bakr al-Baghdadi, che conta su migliaia di combattenti stranieri e che è accusato di un'infinità di brutalità, ha perso il 61% dei territori rispetto a quelli che controllava nell'agosto 2014, almeno stando alle valutazioni di Tanya Mehra, ricercatrice dell'International Centre for Counter-Terrorism (think tank con sede all'Aja), contenute in un rapporto sui "Foreign Terrorist Fighters (Ftf): Trends, Dynamics and Policy Responses".
Per il caos in Iraq punta il dito contro gli Usa Raghad Saddam Hussein, la figlia più grande dell'ex rais iracheno. Oggi 48enne, si dichiara estranea a ogni forma di politica, ma è accusata dal governo di Baghdad di sostenere il partito Baath di suo padre e anche l'Is.
Raghad ha respinto ogni accusa in una recente intervista alla Cnn: "Ovviamente non ho alcun rapporto con questo gruppo e con altri gruppi estremisti - ha detto - A riprova di quel che dico c'è il fatto che questi gruppi sono diventati potenti in Iraq dopo che la mia famiglia ha lasciato il Paese".
Amina Ahmad, operatrice umanitaria di 27 anni, era un'adolescente quando Saddam veniva impiccato per crimini contro l'umanità: "Prima avevamo paura di una sola persona. Se non parlavamo male di lui o della sua famiglia eravamo salvi - ha detto alla Cnn che l'ha intervistata a dieci anni dalla morte dell'ex dittatore - Dopo, è stato il caos totale. La situazione non migliora. Sono di Mosul e sapete qual è la situazione. E' tutto distrutto".
Nonostante gli orrori dell'epoca di Saddam, che ha trascinato l'Iraq in due guerre disastrose, c'è comunque chi crede che quei tempi siano stati migliori rispetto agli ultimi anni, segnati violenze confessionali, attentati e anche dalla difficoltà della classe politica a governare il Paese.
I civili continuano a pagare il prezzo del caos. Solo lo scorso novembre, secondo la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq, 2.885 iracheni (compresi 926 civili) sono morti e altri 1.380 (930 civili) sono rimasti feriti.
Le immagini della sua cattura e della sua impiccagione con il cappio intorno al collo trasmesse dalla tv al-Iraqiya nel giorno delle celebrazioni dell'Eid al-Adha restano scalfite nella memoria degli iracheni e di chiunque abbia seguito quegli eventi. Passato più di un decennio da quando iniziò l'intervento Usa in Iraq con George W. Bush alla Casa Bianca, il fantasma di Saddam in qualche modo tormenta ancora gli Stati Uniti.
L'Iraq è tutt'altro che un Paese pacificato. Proprio ieri le forze irachene - che sono sostenute dalla coalizione internazionale anti-Is a guida Usa - hanno annunciato l'avvio di una nuova fase dell'offensiva per la "liberazione" di Mosul, la città del nord in mano dal giugno 2014 ai jihadisti dell'Is che all'epoca ne fecero la loro roccaforte in Iraq. L'offensiva è scattata il 17 ottobre e sinora è sembrata arrancare.
Secondo il premier iracheno Haider al-Abadi servono ancora "tre mesi per eliminare l'Is" dal Paese. In Iraq il gruppo di Abu Bakr al-Baghdadi, che conta su migliaia di combattenti stranieri e che è accusato di un'infinità di brutalità, ha perso il 61% dei territori rispetto a quelli che controllava nell'agosto 2014, almeno stando alle valutazioni di Tanya Mehra, ricercatrice dell'International Centre for Counter-Terrorism (think tank con sede all'Aja), contenute in un rapporto sui "Foreign Terrorist Fighters (Ftf): Trends, Dynamics and Policy Responses".
Per il caos in Iraq punta il dito contro gli Usa Raghad Saddam Hussein, la figlia più grande dell'ex rais iracheno. Oggi 48enne, si dichiara estranea a ogni forma di politica, ma è accusata dal governo di Baghdad di sostenere il partito Baath di suo padre e anche l'Is.
Raghad ha respinto ogni accusa in una recente intervista alla Cnn: "Ovviamente non ho alcun rapporto con questo gruppo e con altri gruppi estremisti - ha detto - A riprova di quel che dico c'è il fatto che questi gruppi sono diventati potenti in Iraq dopo che la mia famiglia ha lasciato il Paese".
Amina Ahmad, operatrice umanitaria di 27 anni, era un'adolescente quando Saddam veniva impiccato per crimini contro l'umanità: "Prima avevamo paura di una sola persona. Se non parlavamo male di lui o della sua famiglia eravamo salvi - ha detto alla Cnn che l'ha intervistata a dieci anni dalla morte dell'ex dittatore - Dopo, è stato il caos totale. La situazione non migliora. Sono di Mosul e sapete qual è la situazione. E' tutto distrutto".
Nonostante gli orrori dell'epoca di Saddam, che ha trascinato l'Iraq in due guerre disastrose, c'è comunque chi crede che quei tempi siano stati migliori rispetto agli ultimi anni, segnati violenze confessionali, attentati e anche dalla difficoltà della classe politica a governare il Paese.
I civili continuano a pagare il prezzo del caos. Solo lo scorso novembre, secondo la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq, 2.885 iracheni (compresi 926 civili) sono morti e altri 1.380 (930 civili) sono rimasti feriti.