Kenya, vivere in un campo profughi
Reportage di Laura Tangherlini
Dopo l'annuncio del governo kenyota di voler chiudere il campo profughi di Dadaab, il più grande al mondo con 300mila persone ospitate (per la stragrande maggioranza somali), siamo andati a visitare il secondo campo per rifugiati più grande del Paese, quello di Kakuma. Si trova a 100 km dal Sud Sudan, nella contea settentrionale del Turkana. Ha una capienza di 120mila persone ma ne ospita 190mila dopo che dal dicembre 2013 sono arrivate decine di migliaia di profughi scappati a seguito del conflitto sudsudanese. Gli ospiti sono per il 51% sudsudanesi, per il 30% somali e poi congolesi, eritrei, etiopi..per un totale di 15 nazionalità.
Il Dipartimento Umanitario della Commissione Europea ha investito per il 2016 18,7 milioni di euro per aiuti umanitari nel campo e finanzia vari progetti tramite partner locali. Il World Food Program oltre alle normali distribuzioni di pacchi alimentari ha attivato da agosto 2015 il programma "Bamba chakula" che consiste in trasferimenti di denaro mensili ai migranti per permettere loro di acquistare nei negozietti convenzionati all'interno del campo cibo extra (come farina, latte, verdura, carne) non incluso nei pacchi. Il Norvegian Refugee Council si occupa di realizzare pozzi, alimentati a energia solare, per l'estrazione dell'acqua da distribuire nel campo e parzialmente alle comunità che abitano intorno ad esso. Un bene prezioso l'acqua in una zona particolarmente calda e arida del Kenya. L'International Rescue Committee gestisce l'ospedale e i quattro ambulatori del campo, fornendo servizi gratuiti anche alla comunità ospitante oltre che ai rifugiati. La Federazione Luterana mondiale gestisce le scuole e la protezione dei rifugiati, assieme all'Unhcr. Nella aule si canta, ma mancano le sedie e i banchi, come pure gli insegnanti specializzati.
Veterinari senza frontiere si occupa di aiutare le povere comunità ospitanti e i pastori a fronteggiare emergenze come siccità, disastri naturali ed epidemie che coinvolgono il loro bestiame.
Tanti problemi e una vita dura, ma i giovani di Kakuma cercano il sorriso riflesso nelle lussuose piscine e imponenti cascate in cui, grazie alla fantasia, trasformano le pozze d'acqua che si creano in prossimità dei punti di estrazione. O scacciano i loro incubi dando calci a un pallone. O inseguono i loro sogni ballando, componendo, cantanto. Una volta l'anno nel campo si tiene anche un talent show, il Kakuma's got talent. Il loro sogno è esibirsi fuori da queste recinzioni e magari poter spiccare il volo grazie proprio al loro talento.
Il campo di Kakuma non verrà interessato dalla nuova policy annunciata dal governo federale del Kenya, ma è in corso un piano per decongestionarlo e poi trasformarlo secondo logiche di maggiore sostenibilità, integrazione e dignità. Perché nessuno vuole che il campo per rifugiati di Kakuma, sorto 25 anni fa, esista per altri 25 anni e nessuno vuole mantenere la logica che l'ha finora contraddistinto, ovvero quella di una totale dipendenza dagli aiuti umanitarti. Lo strumento, un nuovo insediamento. Quello di Kalobeyei, distante meno di 20 km, e dalla capienza di 60mila persone, che ha appena cominciato ad ospitare i nuovi arrivi e man mano ospiterà quelli volontari da Kakuma. L'idea di base è quella di un insediamento ibrido in cui i rifugiati possano vivere insieme alla ocmunita ospitante e siano dati agli uni e agli altri tutti i servizi, scolastici, sanitari, idrici e piu opportunita di autosostentamenot come l’accesso alla terra e ad altri mezzi di sussistenza, liberta di movimento e un mercato comune per alimentare anche l' economia locale. E l'Unhcr aiuterà i giovani a beneficiare dell'industria emergente in Turkana dove sono state scoperte grandi riserve di petrolio gas e falde acquifere.
Il Dipartimento Umanitario della Commissione Europea ha investito per il 2016 18,7 milioni di euro per aiuti umanitari nel campo e finanzia vari progetti tramite partner locali. Il World Food Program oltre alle normali distribuzioni di pacchi alimentari ha attivato da agosto 2015 il programma "Bamba chakula" che consiste in trasferimenti di denaro mensili ai migranti per permettere loro di acquistare nei negozietti convenzionati all'interno del campo cibo extra (come farina, latte, verdura, carne) non incluso nei pacchi. Il Norvegian Refugee Council si occupa di realizzare pozzi, alimentati a energia solare, per l'estrazione dell'acqua da distribuire nel campo e parzialmente alle comunità che abitano intorno ad esso. Un bene prezioso l'acqua in una zona particolarmente calda e arida del Kenya. L'International Rescue Committee gestisce l'ospedale e i quattro ambulatori del campo, fornendo servizi gratuiti anche alla comunità ospitante oltre che ai rifugiati. La Federazione Luterana mondiale gestisce le scuole e la protezione dei rifugiati, assieme all'Unhcr. Nella aule si canta, ma mancano le sedie e i banchi, come pure gli insegnanti specializzati.
Veterinari senza frontiere si occupa di aiutare le povere comunità ospitanti e i pastori a fronteggiare emergenze come siccità, disastri naturali ed epidemie che coinvolgono il loro bestiame.
Tanti problemi e una vita dura, ma i giovani di Kakuma cercano il sorriso riflesso nelle lussuose piscine e imponenti cascate in cui, grazie alla fantasia, trasformano le pozze d'acqua che si creano in prossimità dei punti di estrazione. O scacciano i loro incubi dando calci a un pallone. O inseguono i loro sogni ballando, componendo, cantanto. Una volta l'anno nel campo si tiene anche un talent show, il Kakuma's got talent. Il loro sogno è esibirsi fuori da queste recinzioni e magari poter spiccare il volo grazie proprio al loro talento.
Il campo di Kakuma non verrà interessato dalla nuova policy annunciata dal governo federale del Kenya, ma è in corso un piano per decongestionarlo e poi trasformarlo secondo logiche di maggiore sostenibilità, integrazione e dignità. Perché nessuno vuole che il campo per rifugiati di Kakuma, sorto 25 anni fa, esista per altri 25 anni e nessuno vuole mantenere la logica che l'ha finora contraddistinto, ovvero quella di una totale dipendenza dagli aiuti umanitarti. Lo strumento, un nuovo insediamento. Quello di Kalobeyei, distante meno di 20 km, e dalla capienza di 60mila persone, che ha appena cominciato ad ospitare i nuovi arrivi e man mano ospiterà quelli volontari da Kakuma. L'idea di base è quella di un insediamento ibrido in cui i rifugiati possano vivere insieme alla ocmunita ospitante e siano dati agli uni e agli altri tutti i servizi, scolastici, sanitari, idrici e piu opportunita di autosostentamenot come l’accesso alla terra e ad altri mezzi di sussistenza, liberta di movimento e un mercato comune per alimentare anche l' economia locale. E l'Unhcr aiuterà i giovani a beneficiare dell'industria emergente in Turkana dove sono state scoperte grandi riserve di petrolio gas e falde acquifere.