La diga di Mosul e i militari italiani tra avvertimenti e minacce
Dopo l'annuncio di Matteo Renzi sull'invio di 450 militari italiani a protezione dei lavori di ricostruzione della diga di Mosul, a testimoniare l'impegno italiano nel conflitto all'Isis, emergono le reazioni delle fazioni presenti nell'area. "Qualsiasi forza straniera in Iraq sarà considerata una potenza occupante a cui dobbiamo resistere", ha detto al Jaafar al Hussein, portavoce delle Brigate sciite irachene di Hezbollah.
All'avvertimento di Hussein, sono seguite le dichiarazioni del presidente della Commissione Difesa del Parlamento iracheno, Hakim Zamili, che ha definito "irragionevole e illogico" il dispiegamento dei militari italiani a difesa dei lavori di manutenzione della diga di Mosul, nel governatorato settentrionale di Ninive. "Abbiamo davvero bisogno dei combattenti italiani?", si è chiesto l'esponente del movimento politico-religioso sadrista, in un comunicato, affermando che le forze irachene sono in grado di proteggere la struttura da sole. Secondo il politico di Baghdad, sono in atto delle manovre per "tracciare nuovi confini tra sunniti, sciiti, curdi e arabi" e per "dividere l'Iraq con il pretesto della guerra contro Daesh", acronimo dispregiativo di Stato islamico in Iraq e Siria.
L'annuncio della Turchia
Nel frattempo, la Turchia ha annunciato il ritiro delle truppe da Mosul. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri in un comunicato dopo l'appello di ieri sera di Obama a Erdogan. Ankara aveva dispiegato centinaia di truppe a Bashiqa all'inizio di dicembre spiegando che le forze facevano parte di una missione internazionale per combattere l'Isis. Baghdad aveva boicottato l'iniziativa dicendo di non aver mai richiesto le truppe. "Tenendo conto della sensibilità irachena - si legge nel comunicato del ministero degli Esteri - la Turchia proseguirà nel processo di ritiro delle truppe nella provincia di Mosul".
Il controllo della diga
Nel 1980, per volontà di Saddam Hussein, la realizzazione della diga fu affidata a un consorzio italo-tedesco guidato dall’azienda Hochtief Aktiengesellschaft, che la completò nel 1984. L'opera è la più grande dell’Iraq e la quarta più grande di tutto il Medio Oriente: si trova sul fiume Tigri, a circa 40 chilometri a nord dal centro abitato. Finito momentaneamente sotto il controllo dello Stato Islamico, lo scorso agosto, la struttura fu riconquistata dalla coalizione anti-Isis. Protetta dalle forze curde, è emersa la necessità di una messa in sicurezza dell'argine. Si teme, infatti, un possibile cedimento della diga, che sarebbe in grado di produrre un’onda alta 30 metri e che colpirebbe in poco tempo la città di Mosul e altre città più a sud, causando inondazioni fino a Baghdad. L'appalto per la manutenzione è stato vinto da Trevi Spa, un'azienda di Cesena.