La nuova vita di Farah Tanveer, la pakistana rapita dall'Italia e costretta ad abortire in Pakistan
Un anno fa il rapimento di Farah Tanveer: rimasta incinta fu portata in Pakistan con l'inganno, colpevole di amare un cristiano e di aver "disonorato la famiglia". Costretta all'aborto, al quarto mese, è riuscita a scappare da maltrattamenti e soprusi. Una storia incredibile che ha portato la 21enne a ribellarsi. Oggi vive a Verona: è un'eroina, icona per tante ragazze in difficoltà
Ha smesso di chinare la testa e prendere le botte da suo padre. L'ultima volta che si sono incontrati risale a qualche settimana fa in tribunale. Chiamata a testimoniare, la giovane Farah Tanveer ha confermato i maltrattamenti. "Continuo a volergli bene, ma ciò che abbiamo vissuto ci ha cambiato in misura diversa. Per lui sono una vergogna ma questo mi lascia indifferente: non può più ferirmi", confessa per la prima volta - dal suo rientro in Italia - la giovane di origine pakistana al Corriere del Veneto. La sua è una seconda vita. Ha pagato a caro prezzo l'amore per un ragazzo cristiano e il bambino che portava in grembo (concepito con il fidanzato di allora): un rapimento, l'aborto, soprusi e segregazione.
Ora ventunenne, Farah fu vittima della sua famiglia tradizionalista, che non accettava la gravidanza e che la portò in Pakistan con la scusa del fidanzamento del fratello, poi sottoponendola a violenze fisiche e, infine, costringendola a un aborto contro la sua volontà. Di nascosto la giovane riuscì a inviare messaggi al fidanzato, innescando l'operazione del Governo italiano che la riportò a Verona: "Semplicemente - racconta - gli agenti entrarono in casa e m'invitarono a seguirli. Mamma era terrorizzata da ciò che avrebbero pensato i vicini vedendomi andare via con i poliziotti e m'implorò di negare tutto. Promise che sarei tornata in Italia e avrei potuto sposare Cristian. Scelsi di andare via con la polizia e la guardai piangere. Ero salva: avevo dato un taglio definitivo a quel rapporto malato".
La nuova vita di Farah
"Sono orgogliosa della mia indipendenza. Faccio la cameriera. Non è il lavoro che sognavo ma ci pago l'affitto e le bollette. La sera posso uscire e incontrare chi voglio. Un giorno mi sposerò. O forse no. Di sicuro, se dovesse accadere, sarà con una persona che amo e che non mi tratterà come un oggetto di sua proprietà", ha dichiarato la ragazza che un anno e mezzo fa fu portata con l'inganno da Verona in patria.
Ora ventunenne, Farah fu vittima della sua famiglia tradizionalista, che non accettava la gravidanza e che la portò in Pakistan con la scusa del fidanzamento del fratello, poi sottoponendola a violenze fisiche e, infine, costringendola a un aborto contro la sua volontà. Di nascosto la giovane riuscì a inviare messaggi al fidanzato, innescando l'operazione del Governo italiano che la riportò a Verona: "Semplicemente - racconta - gli agenti entrarono in casa e m'invitarono a seguirli. Mamma era terrorizzata da ciò che avrebbero pensato i vicini vedendomi andare via con i poliziotti e m'implorò di negare tutto. Promise che sarei tornata in Italia e avrei potuto sposare Cristian. Scelsi di andare via con la polizia e la guardai piangere. Ero salva: avevo dato un taglio definitivo a quel rapporto malato".
La nuova vita di Farah
"Sono orgogliosa della mia indipendenza. Faccio la cameriera. Non è il lavoro che sognavo ma ci pago l'affitto e le bollette. La sera posso uscire e incontrare chi voglio. Un giorno mi sposerò. O forse no. Di sicuro, se dovesse accadere, sarà con una persona che amo e che non mi tratterà come un oggetto di sua proprietà", ha dichiarato la ragazza che un anno e mezzo fa fu portata con l'inganno da Verona in patria.