Libia, l'inferno del centro detenzione migranti di Zawiya
Il centro si trova a 30 km da Tripoli
L'ultima conferma del girone infernale che intrappola migliaia di migranti in Libia è arrivata nelle ultime ore all'agenzia umanitaria Habeshia, fondata dal sacerdote eritreo padre Mussie Zerai. "Un giovane esule eritreo residente in Svezia ha ricevuto una drammatica richiesta di aiuto dal fratello minore. Arrivato in Libia dopo un viaggio denso di pericoli nel deserto, questo ragazzo "è segregato in un capannone-prigione vicino alla costa". Tra quelle mura "sono rinchiuse, insieme a lui, centinaia di persone: donne, uomini, numerosi bambini, praticamente abbandonati a se stessi. Da giorni non ricevono cibo e persino l'acqua da bere è scarsa e di cattiva qualità. Nessuna forma di assistenza".
Altri 400 prigionieri, dopo aver pagato il riscatto per la traversata del Mediterraneo, sono stati trasferiti in un luogo diverso. Nessuno dei compagni rimasti nel capannone sa dire dove. Molti però hanno avuto notizia che "nella zona ci sono numerosi altri lager del genere, con migliaia di detenuti in estremo pericolo e bisognosi di aiuto al più presto".
Habeshia fa appello all'Unione europea, ai singoli Stati membri e in particolare al Governo italiano, all'Unhcr, all'Oim perché "intervengano al più presto, con ogni mezzo possibile, per rintracciare e mettere al sicuro tutte queste persone".
Altri 400 prigionieri, dopo aver pagato il riscatto per la traversata del Mediterraneo, sono stati trasferiti in un luogo diverso. Nessuno dei compagni rimasti nel capannone sa dire dove. Molti però hanno avuto notizia che "nella zona ci sono numerosi altri lager del genere, con migliaia di detenuti in estremo pericolo e bisognosi di aiuto al più presto".
Habeshia fa appello all'Unione europea, ai singoli Stati membri e in particolare al Governo italiano, all'Unhcr, all'Oim perché "intervengano al più presto, con ogni mezzo possibile, per rintracciare e mettere al sicuro tutte queste persone".