Lorenzo Orsetti, l'italiano ucciso dall'Isis in Siria: aveva 33 anni e combatteva per i curdi
L'annuncio dell'Isis: "Abbiamo ucciso il crociato italiano"
Sarebbe stato ucciso in un'imboscata Lorenzo Orsetti, il 33enne italiano che stava combattendo in Siria al fianco del Siryan democratic Force, l'alleanza delle milizie arabo e curde contro l'Isis. Orsetti si trovava a Baghuz, dove è in corso la battaglia contro le ultime sacche di resistenza dell'Isis: assieme ad altri uomini del suo battaglione sarebbe caduto in un'imboscata e sarebbe rimasto ucciso nello scontro a fuoco. La notizia della sua morte è stata data dall'Isis che ha pubblicato la fotografia dei suoi documenti. Nello scarno messaggio su Telegram, l'Isis scrive che "il crociato italiano è stato assassinato negli scontri nella località di Baghuz".
Lorenzo Orsetti, nome di battaglia Tekoser, il 'lottatore', combatteva da un anno e mezzo al fianco del popolo curdo contro l'esercito della Turchia e lo Stato Islamico. Nato e cresciuto a Firenze, per oltre dieci anni ha lavorato nel campo della ristorazione. Lo scorso 13 marzo era partito per una nuova missione. "A quanto pare diverse case-trincee-tunnel sono rimaste. Non me lo faccio dire due volte, se tutto va bene domani riparto!", aveva scritto su Facebook.
Orsetti combatteva nelle file delle milizie curde Ypg, legate al Pkk turco, contro i jihadisti dello 'Stato islamico'. Era stato di recente intervistato da media italiani come un combattente volontario italiano a fianco dei curdi contro l'Isis. Il 21 dicembre 2018 aveva parlato al microfono di 'Radio Anch'io' su Radio 1 Rai: "Qui la situazione è quella che è. Diciamo che se dovessi tornare in Italia non mi preoccuperei troppo delle conseguenze (si riferiva alla legge Alfano che punisce i foreign fighters). Io non ho nessuna remora morale, sto facendo la cosa giusta, sono a posto con la mia coscienza. Siamo qua e qua resteremo fino all'ultimo. Un po' perché non c'è nient'altro da fare, un po' perché è la cosa giusta da fare. Combattiamo".
Si era raccontato anche al Corriere fiorentino: "Mi chiamo Lorenzo, sono nato e cresciuto a Firenze. Ho lavorato per 13 anni nell'alta ristorazione: ho fatto il cameriere, il sommelier, il cuoco. Mi sono avvicinato alla causa curda perché mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono costruire una società più giusta più equa. L'emancipazione della donna, la cooperazione sociale, l'ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos a Afrin nel nord della Siria e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi".
"Siamo orgogliosi di lui, della scelta che ha fatto", "ma ora siamo distrutti dal dolore. Da un anno e mezzo, cioè da quando è partito, stavamo in angoscia, più contenti quando lo sentivamo al telefono, in ansia quando stavamo un periodo senza sentirlo". Sono le parole di Alessandro Orsetti, padre del giovane ucciso in Siria.
Lorenzo Orsetti, nome di battaglia Tekoser, il 'lottatore', combatteva da un anno e mezzo al fianco del popolo curdo contro l'esercito della Turchia e lo Stato Islamico. Nato e cresciuto a Firenze, per oltre dieci anni ha lavorato nel campo della ristorazione. Lo scorso 13 marzo era partito per una nuova missione. "A quanto pare diverse case-trincee-tunnel sono rimaste. Non me lo faccio dire due volte, se tutto va bene domani riparto!", aveva scritto su Facebook.
Orsetti combatteva nelle file delle milizie curde Ypg, legate al Pkk turco, contro i jihadisti dello 'Stato islamico'. Era stato di recente intervistato da media italiani come un combattente volontario italiano a fianco dei curdi contro l'Isis. Il 21 dicembre 2018 aveva parlato al microfono di 'Radio Anch'io' su Radio 1 Rai: "Qui la situazione è quella che è. Diciamo che se dovessi tornare in Italia non mi preoccuperei troppo delle conseguenze (si riferiva alla legge Alfano che punisce i foreign fighters). Io non ho nessuna remora morale, sto facendo la cosa giusta, sono a posto con la mia coscienza. Siamo qua e qua resteremo fino all'ultimo. Un po' perché non c'è nient'altro da fare, un po' perché è la cosa giusta da fare. Combattiamo".
Si era raccontato anche al Corriere fiorentino: "Mi chiamo Lorenzo, sono nato e cresciuto a Firenze. Ho lavorato per 13 anni nell'alta ristorazione: ho fatto il cameriere, il sommelier, il cuoco. Mi sono avvicinato alla causa curda perché mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono costruire una società più giusta più equa. L'emancipazione della donna, la cooperazione sociale, l'ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos a Afrin nel nord della Siria e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi".
"Siamo orgogliosi di lui, della scelta che ha fatto", "ma ora siamo distrutti dal dolore. Da un anno e mezzo, cioè da quando è partito, stavamo in angoscia, più contenti quando lo sentivamo al telefono, in ansia quando stavamo un periodo senza sentirlo". Sono le parole di Alessandro Orsetti, padre del giovane ucciso in Siria.