Mediterraneo sempre più caldo: ondate fino a 2 gradi sopra la media nelle acque profonde
Uno studio francese ricostruisce 35 anni di storia delle ondate di calore "marine" nel Mediterraneo, rilevando temperature di superficie record nel 2012, 2015 e 2017. Meno frequenti gli episodi di profondità, ma più lunghi e intensi di quelli di superficie e mettono a rischio gli ecosistemi marini
Come accade per l'atmosfera terrestre, anche le acque degli oceani sono soggette a ondate di calore, episodi di riscaldamento anomalo del mare che si verificano a diverse profondità e minacciano gli ecosistemi marini. Le correnti oceaniche e le alte temperature dell'aria sono tra le cause più comuni, favorendo la formazione di zone di mare più calde e creando flussi con scambio di calore tra aria e mare.
Il mar Mediterraneo è soggetto a ondate di calore che colpiscono anche i suoi strati profondi, dove la temperatura può aumentare fino a 2 gradi rispetto alla media. Il fenomeno si avverte soprattutto nello Ionio e nella zona sud occidentale e rischia di decimare le specie, soprattutto coralli alghe e spugne.
Questo è quanto emerge dalla ricostruzione di 35 anni di storia delle ondate di calore nel Mediterraneo pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters da un team di ricercatori del Centro Nazionale Francese per le Ricerche Meteorologiche a Tolosa e Università di Tolosa, coordinato da Pierre Nabat.
Nel 2003, ad esempio, il mar Mediterraneo ha subito un'ondata di calore devastante che ha decimato popolazioni di spugne, alghe e coralli. Fenomeni che potrebbero diventare più frequenti nei prossimi decenni a causa dei cambiamenti climatici che anche sulla terraferma fanno registrare un caldo record, con temperature al suolo, in agosto, fino a 50 gradi in molte aree del sud Italia, e con luglio 2019 che è stato il mese più caldo degli ultimi 140 anni.
Comprendere le dinamiche di questi fenomeni è importante per riuscire a prevederne gli effetti.
Grazie a dati raccolti in mare e dallo spazio, con i satelliti del programma Copernicus, dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione Europea, i ricercatori hanno ricostruito le ondate di calore nel mar Mediterraneo dal 1982 al 2017 a 23 metri, 41 metri e 55 metri di profondità perché, scrivono gli autori, "è in questi livelli che in passato sono stati osservati eventi di mortalità legati allo stress termico delle specie marine del Mediterraneo".
I risultati mostrano che le ondate di calore marine negli strati superficiali durano circa 15 giorni, coprono circa il 20% del bacino del Mediterraneo dove le temperature salgono in media di 0,6 gradi, e sono più frequenti delle ondate di calore in profondità.
Tuttavia le ondate di calore in profondità sono più lunghe e più severe: durano circa 20 giorni alla profondità di 23 metri (in alcune regioni del Mediterraneo nord-occidentale, Ionio e Adriatico) e fino a 50 giorni a 41 e 55 metri, dove il mare si scalda di 1-1,7 gradi, con picchi di 2 gradi nello Ionio e nella parte sud occidentale del bacino.
Ciò significa che le specie marine che vivono in profondità hanno maggiori probabilità di morte quando si verifica un brusco cambiamento di temperatura.
Il mar Mediterraneo è soggetto a ondate di calore che colpiscono anche i suoi strati profondi, dove la temperatura può aumentare fino a 2 gradi rispetto alla media. Il fenomeno si avverte soprattutto nello Ionio e nella zona sud occidentale e rischia di decimare le specie, soprattutto coralli alghe e spugne.
Questo è quanto emerge dalla ricostruzione di 35 anni di storia delle ondate di calore nel Mediterraneo pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters da un team di ricercatori del Centro Nazionale Francese per le Ricerche Meteorologiche a Tolosa e Università di Tolosa, coordinato da Pierre Nabat.
Nel 2003, ad esempio, il mar Mediterraneo ha subito un'ondata di calore devastante che ha decimato popolazioni di spugne, alghe e coralli. Fenomeni che potrebbero diventare più frequenti nei prossimi decenni a causa dei cambiamenti climatici che anche sulla terraferma fanno registrare un caldo record, con temperature al suolo, in agosto, fino a 50 gradi in molte aree del sud Italia, e con luglio 2019 che è stato il mese più caldo degli ultimi 140 anni.
Comprendere le dinamiche di questi fenomeni è importante per riuscire a prevederne gli effetti.
Grazie a dati raccolti in mare e dallo spazio, con i satelliti del programma Copernicus, dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione Europea, i ricercatori hanno ricostruito le ondate di calore nel mar Mediterraneo dal 1982 al 2017 a 23 metri, 41 metri e 55 metri di profondità perché, scrivono gli autori, "è in questi livelli che in passato sono stati osservati eventi di mortalità legati allo stress termico delle specie marine del Mediterraneo".
I risultati mostrano che le ondate di calore marine negli strati superficiali durano circa 15 giorni, coprono circa il 20% del bacino del Mediterraneo dove le temperature salgono in media di 0,6 gradi, e sono più frequenti delle ondate di calore in profondità.
Tuttavia le ondate di calore in profondità sono più lunghe e più severe: durano circa 20 giorni alla profondità di 23 metri (in alcune regioni del Mediterraneo nord-occidentale, Ionio e Adriatico) e fino a 50 giorni a 41 e 55 metri, dove il mare si scalda di 1-1,7 gradi, con picchi di 2 gradi nello Ionio e nella parte sud occidentale del bacino.
Ciò significa che le specie marine che vivono in profondità hanno maggiori probabilità di morte quando si verifica un brusco cambiamento di temperatura.