Pizzi e stampe 3D, ricami e ultrasuoni: la moda al tempo della tecnologia
La "Pregnant Bride" della collezione di Karl Lagerfeld per l'autunno Chanel 2014: neoprene e sei metri di strascico disegnato a mano, stampato e poi ricamato a mano. Tecnologia e barocco e 450 ore di lavoro. È l'emblema di "Manus x Machina: Moda nell'Epoca della Tecnologia", la nuova mostra ideata dal curatore del Costume Institute del Metropolitan Museum di New York, Andrew Bolton, per dimostrare che tra "fatto a mano" e "fatto a macchina" non c'è antinomia, ma sono invece due concetti che "lavorano in tandem per risolvere problemi e far avanzare la moda". Non solo pizzi, plissè e ricami ma anche stampa 3D, luci led, saldature a ultrasuoni per veri e propri abiti-scultura, capolavori di maestria e artigianato 2.0. Il concetto di fondo è che tra mano e macchina non c'è opposizione come dimostrano i 170 capi esposti nelle gallerie Lehman seguendo lo schema dell'Enciclopedia di Diderot che per primo introdusse l'alto artigianato della sartoria al livello delle arti maggiori. La mostra, sponsorizzata da Apple, parte da fine Ottocento per trovare contrasti e punti in comune: un Pierre Cardin modellato a caldo in 3D nel 1968 accanto a un abito simile del 2015 di Junya Watanabe; un Dior 1982 in cui gli intarsi floreali coincidono con i petali della collezione botanica del 2014 di Christopher Kane.