Protesta al cioccolato: lavoratori Pernigotti distribuiscono Gianduiotti. Conte convocherà proprietà
Lavoratori della Pernigotti protestano fuori dal Ministero dello Sviluppo Economico, dopo la decisione del gruppo turco Toksoz di chiudere lo stabilimento di Novi Ligure e tenersi il marchio. Ci sono 250 posti di lavoro a rischio: di cui 100 dipendenti e circa 150 lavoratori fra stagionali e interinali. Di Maio incontra i manifestanti e annuncia l'imminente convocazione della Pernigotti e della proprietà turca presso la presidenza del Consiglio.
L'annuncio della chiusura dello stabilimento di Novi Ligure da parte della multinazionale turca Toksoz ha allarmato lavoratori, sindacati e governo. Il cioccolatino Pernigotti diventa così il prossimo 'nodo' da sciogliere da parte del Ministero dello Sviluppo Economico.
Sotto le finestre del Mise, la giornata inizia con la protesta dei lavoratori al grido di "Lavoro! Lavoro!". "Noi siamo Pernigotti. Pernigotti è di Novi", mentre distribuiscono Gianduiotti ai passanti. Dentro il palazzo sono seduti le sigle di categoria Flai-Cgi, Fai-Cisl e Uila che chiedono di tutelare l'occupazione ma anche una normativa che salvaguardi i marchi storici italiani. Una proposta maturata di fronte all'ipotesi della proprietà turca Toksoz di spostare altrove la produzione, anche affidandola a cooperative italiane, e tenersi il brand Pernigotti risalente al 1860. "Sarebbe un precedente pericolosissimo di delocalizzazione tutta italiana - ha sottolineato la segretaria generale della Flai, Ivana Galli, una situazione paradossale. L'azienda non è in crisi ma così non si può fare neppure un piano industriale". "La strada da battere, ha affermato Stefano Mantegazza, segretario generale della Uila, è una norma che leghi i prodotti made in Italy ai luoghi di produzione. Si configura diversamente una truffa ai consumatori che leggono su un prodotto il nome Pernigotti e comprerebbero dei cioccolatini fatti altrove, con minori costi. L'appello che rivolgiamo al governo, ha dichiarato Onofrio Rota, della Fai-Cisl, è di intervenire al sostegno del made in Italy".
A raccogliere l'appello è il ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio, incontrando i lavoratori della Pernigotti in presidio al Mise: "Entro la fine dell'anno faremo la proposta di legge che lega per sempre i marchi ai loro territori, non è accettabile tenere il marchio e chiudere la produzione". "Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte - aggiunge Di Maio - convocherà la proprietà turca della Pernigotti per aprire un tavolo alla presidenza del Consiglio".
"Il Governo sta lavorando per difendere un marchio italiano che è sinonimo di qualità. Il Ministro Di Maio si è attivato subito con l'apertura di un tavolo al Mise, in corso proprio in questi minuti. La politica sia unita per trovare soluzioni: useremo tutti gli strumenti a disposizione per cercare di mantenere la produzione in Italia". Lo ha detto a 'Mattino Cinque' Stefano Buffagni, sottosegretario M5S agli Affari regionali, a proposito della crisi Pernigotti.
A rischio ci sono 250 lavoratori, di cui 100 stabili e 150 stagionali e interinali. "Lavoro alla Pernigotti da oltre 20 anni, - racconta una delle manifestanti - e continuo a mangiare tantissimi cioccolatini, non stancano mai. È per le capacità dei miei colleghi che hanno anche 30 anni di esperienza. Se Novi chiude, non saranno più così buoni".
Sotto le finestre del Mise, la giornata inizia con la protesta dei lavoratori al grido di "Lavoro! Lavoro!". "Noi siamo Pernigotti. Pernigotti è di Novi", mentre distribuiscono Gianduiotti ai passanti. Dentro il palazzo sono seduti le sigle di categoria Flai-Cgi, Fai-Cisl e Uila che chiedono di tutelare l'occupazione ma anche una normativa che salvaguardi i marchi storici italiani. Una proposta maturata di fronte all'ipotesi della proprietà turca Toksoz di spostare altrove la produzione, anche affidandola a cooperative italiane, e tenersi il brand Pernigotti risalente al 1860. "Sarebbe un precedente pericolosissimo di delocalizzazione tutta italiana - ha sottolineato la segretaria generale della Flai, Ivana Galli, una situazione paradossale. L'azienda non è in crisi ma così non si può fare neppure un piano industriale". "La strada da battere, ha affermato Stefano Mantegazza, segretario generale della Uila, è una norma che leghi i prodotti made in Italy ai luoghi di produzione. Si configura diversamente una truffa ai consumatori che leggono su un prodotto il nome Pernigotti e comprerebbero dei cioccolatini fatti altrove, con minori costi. L'appello che rivolgiamo al governo, ha dichiarato Onofrio Rota, della Fai-Cisl, è di intervenire al sostegno del made in Italy".
A raccogliere l'appello è il ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio, incontrando i lavoratori della Pernigotti in presidio al Mise: "Entro la fine dell'anno faremo la proposta di legge che lega per sempre i marchi ai loro territori, non è accettabile tenere il marchio e chiudere la produzione". "Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte - aggiunge Di Maio - convocherà la proprietà turca della Pernigotti per aprire un tavolo alla presidenza del Consiglio".
"Il Governo sta lavorando per difendere un marchio italiano che è sinonimo di qualità. Il Ministro Di Maio si è attivato subito con l'apertura di un tavolo al Mise, in corso proprio in questi minuti. La politica sia unita per trovare soluzioni: useremo tutti gli strumenti a disposizione per cercare di mantenere la produzione in Italia". Lo ha detto a 'Mattino Cinque' Stefano Buffagni, sottosegretario M5S agli Affari regionali, a proposito della crisi Pernigotti.
A rischio ci sono 250 lavoratori, di cui 100 stabili e 150 stagionali e interinali. "Lavoro alla Pernigotti da oltre 20 anni, - racconta una delle manifestanti - e continuo a mangiare tantissimi cioccolatini, non stancano mai. È per le capacità dei miei colleghi che hanno anche 30 anni di esperienza. Se Novi chiude, non saranno più così buoni".