Re Giorgio produce camici per ospedali. Da Armani alle piccole sartorie: uniti contro il coronavirus
Grandi marchi e piccole sartorie unite nell'emergenza sanitaria. Si cuciono mascherine anche nelle carceri milanesi. Le storie di solidarietà da tutta Italia
Un milione di euro per il Columbus Covid 2 del Gemelli a Roma dalla Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti Foundation.
Due milioni da Gucci insieme a Intesa Sanpaolo e Facebook: un milione per la Protezione Civile Italiana per la creazione di nuovi posti letto in terapia intensiva in via prioritaria, l'altro milione per Solidarity Response Fund della Fondazione delle Nazioni Unite a sostegno dell'Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso la campagna di Matchmaking lanciata da Facebook, che a sua volta corrisponderà una cifra pari all'importo complessivo delle donazioni, nell'ambito dell'iniziativa di Matching.
L'iniziativa segue le donazioni precedenti del Gruppo Kering, di cui Gucci fa parte, in Cina, Italia e Francia, e l'annuncio della produzione di oltre 1 milione di maschere e camici per il personale sanitario in risposta all'appello della regione Toscana. Appello cui hanno risposto tra gli altri anche Scervino, Ferragamo, Prada, Fendi. In particolare, le sarte volontarie di Scervino cuciono mascherine in Tnt (tessuto non tessuto) da casa: tutti i giorni gli incaricati dell'azienda portano le pezze di stoffa, gli elastici e i ferretti nelle abitazioni delle sarte, ritirando nell'occasione anche i dispositivi già realizzati, destinati alle aziende sanitarie e alle residenze sanitarie assistenziali della Toscana.
Da Giorgio Armani, che aveva già elargito 1.250.000 euro nelle scorse settimane per gli ospedali, oggi si aggiungono altre 750 mila euro, arrivando a 2 milioni. Re Giorgio ha anche deciso di riconvertire l'intera produzione di abbigliamento dei suoi stabilimenti per produrre camici monouso, destinati alla protezione del personale sanitario impegnato negli ospedali nella lotta al coronavirus.
Per quanto riguarda il futuro della moda lo stilista è drastico: "È inevitabile, dovremo trovare soluzioni diverse per raggiungere il consumatore. È il tempo di verifiche e di identificazione di ciò che è veramente necessario e non di dare voce alla necessità di parlare di moda in termini enfatici". E ciò che è 'essenziale' in questo momento per Giorgio Armani, l'uomo più pragmatico della moda, è aiutare gli ospedali. La prima somma di 1.250.000 euro nelle scorse settimane, era andata a favore della Protezione Civile e degli ospedali Luigi Sacco, San Raffaele, Istituto dei Tumori di Milano e dello Spallanzani di Roma. Oggi ha deciso di aumentare il suo contributo anche all'ospedale di Bergamo, a quello di Piacenza e a quello della Versilia.
Di fatto le regole imposte dal governo per il contenimento del contagio hanno momentaneamente paralizzato l'industria della moda. I negozi sono stati chiusi. Le aziende del settore hanno dovuto sospendere completamente le attività produttive. Ma alcune hanno convertito la produzione per aiutare gli ospedali come ha fatto Armani e come ha fatto Prada, che dal 18 marzo ha avviato su richiesta della Regione Toscana la produzione di 80.000 camici e 110.000 mascherine da destinare al personale sanitario della Regione secondo un piano che prevede consegne giornaliere che saranno ultimate entro il 6 aprile. Camici e maschere sono prodotti internamente nell'unico stabilimento del Gruppo - Prada Montone (Perugia) rimasto operativo a questo scopo e da una rete di fornitori esterni sul territorio italiano.
Anche Bulgari, dopo aver fatto un'importante donazione all'ospedale Spallanzani di Roma per l'acquisto di un nuovo microscopio 3D ad alta definizione indispensabile per la ricerca, ha deciso di produrre insieme al suo storico partner di fragranze, ICR (Industrie Cosmetiche Riunite, Lodi), diverse centinaia di migliaia di flaconi di gel disinfettante per le mani da fornire in via prioritaria a tutte le strutture mediche attraverso il coordinamento del Governo Italiano. La produzione prevede 6000 pezzi al giorno fino ad arrivare ad un totale di 200.000 pezzi in circa due mesi.
Oltreoceano Ralph Lauren ha stanziato 10 milioni di dollari per rispondere all'emergenza coronavirus e annunciato che produrrà 250.000 mascherine e altri 25.000 indumenti di protezione. "Non importa dove ci si trova o da dove si proviene, siamo tutti connessi", ha detto il presidente esecutivo del brand di moda che porta il suo nome.
Non solo le griffe
Nella battaglia al coronavirus sono impegnate anche le piccole case di moda. In tante hanno riconvertito la produzione per realizzare mascherine e camici. A Roma, i proprietari di Dresscode sono riusciti a non chiudere i battenti preservando posti di lavoro dedicandosi alla produzione di dispositivi di protezione, come ha raccontato in un post su Facebook il sindaco Virginia Raggi.
A Firenze le pelletterie Edo.Mat ed Elys Color di Scandicci hanno deciso di donare ad Anpas Toscana le mascherine autoprodotte.
Da Grosseto, arriva la storia della tappezzeria di Adolfo Lettieri che con il figlio Alessio produce mascherine protettive distribuendole gratis alla popolazione, alle varie comunità, quali pro loco, croce rossa, carceri e a varie associazioni di volontariato in tutta Italia.
Si cuciono mascherine anche nelle sartorie di quattro carceri milanesi - San Vittore, Opera, Bollate e Monza - per l'iniziativa "Italia is one". L'istituto di Monza ha già avviato la produzione. Oltre alle attività dei detenuti coinvolti e coordinati dalla cooperativa Alice (che da anni gestisce il lavoro nelle sartorie milanesi), al progetto hanno aderito un laboratorio extra carcerario milanese, la sartoria dello Sprar di Latina che, tramite la cooperativa sociale Astrolabio, normalmente cuce abiti grazie a donne vittime di tratta e in accoglienza e la società 'Mending for good'. L'obiettivo è cucire 10 mila mascherine a settimana. Finora quelle prodotte vengono 'testate' dai detenuti e poi vanno al laboratorio del Politecnico di Milano per la certificazione finale.
Due milioni da Gucci insieme a Intesa Sanpaolo e Facebook: un milione per la Protezione Civile Italiana per la creazione di nuovi posti letto in terapia intensiva in via prioritaria, l'altro milione per Solidarity Response Fund della Fondazione delle Nazioni Unite a sostegno dell'Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso la campagna di Matchmaking lanciata da Facebook, che a sua volta corrisponderà una cifra pari all'importo complessivo delle donazioni, nell'ambito dell'iniziativa di Matching.
L'iniziativa segue le donazioni precedenti del Gruppo Kering, di cui Gucci fa parte, in Cina, Italia e Francia, e l'annuncio della produzione di oltre 1 milione di maschere e camici per il personale sanitario in risposta all'appello della regione Toscana. Appello cui hanno risposto tra gli altri anche Scervino, Ferragamo, Prada, Fendi. In particolare, le sarte volontarie di Scervino cuciono mascherine in Tnt (tessuto non tessuto) da casa: tutti i giorni gli incaricati dell'azienda portano le pezze di stoffa, gli elastici e i ferretti nelle abitazioni delle sarte, ritirando nell'occasione anche i dispositivi già realizzati, destinati alle aziende sanitarie e alle residenze sanitarie assistenziali della Toscana.
Da Giorgio Armani, che aveva già elargito 1.250.000 euro nelle scorse settimane per gli ospedali, oggi si aggiungono altre 750 mila euro, arrivando a 2 milioni. Re Giorgio ha anche deciso di riconvertire l'intera produzione di abbigliamento dei suoi stabilimenti per produrre camici monouso, destinati alla protezione del personale sanitario impegnato negli ospedali nella lotta al coronavirus.
Per quanto riguarda il futuro della moda lo stilista è drastico: "È inevitabile, dovremo trovare soluzioni diverse per raggiungere il consumatore. È il tempo di verifiche e di identificazione di ciò che è veramente necessario e non di dare voce alla necessità di parlare di moda in termini enfatici". E ciò che è 'essenziale' in questo momento per Giorgio Armani, l'uomo più pragmatico della moda, è aiutare gli ospedali. La prima somma di 1.250.000 euro nelle scorse settimane, era andata a favore della Protezione Civile e degli ospedali Luigi Sacco, San Raffaele, Istituto dei Tumori di Milano e dello Spallanzani di Roma. Oggi ha deciso di aumentare il suo contributo anche all'ospedale di Bergamo, a quello di Piacenza e a quello della Versilia.
Di fatto le regole imposte dal governo per il contenimento del contagio hanno momentaneamente paralizzato l'industria della moda. I negozi sono stati chiusi. Le aziende del settore hanno dovuto sospendere completamente le attività produttive. Ma alcune hanno convertito la produzione per aiutare gli ospedali come ha fatto Armani e come ha fatto Prada, che dal 18 marzo ha avviato su richiesta della Regione Toscana la produzione di 80.000 camici e 110.000 mascherine da destinare al personale sanitario della Regione secondo un piano che prevede consegne giornaliere che saranno ultimate entro il 6 aprile. Camici e maschere sono prodotti internamente nell'unico stabilimento del Gruppo - Prada Montone (Perugia) rimasto operativo a questo scopo e da una rete di fornitori esterni sul territorio italiano.
Anche Bulgari, dopo aver fatto un'importante donazione all'ospedale Spallanzani di Roma per l'acquisto di un nuovo microscopio 3D ad alta definizione indispensabile per la ricerca, ha deciso di produrre insieme al suo storico partner di fragranze, ICR (Industrie Cosmetiche Riunite, Lodi), diverse centinaia di migliaia di flaconi di gel disinfettante per le mani da fornire in via prioritaria a tutte le strutture mediche attraverso il coordinamento del Governo Italiano. La produzione prevede 6000 pezzi al giorno fino ad arrivare ad un totale di 200.000 pezzi in circa due mesi.
Oltreoceano Ralph Lauren ha stanziato 10 milioni di dollari per rispondere all'emergenza coronavirus e annunciato che produrrà 250.000 mascherine e altri 25.000 indumenti di protezione. "Non importa dove ci si trova o da dove si proviene, siamo tutti connessi", ha detto il presidente esecutivo del brand di moda che porta il suo nome.
Non solo le griffe
Nella battaglia al coronavirus sono impegnate anche le piccole case di moda. In tante hanno riconvertito la produzione per realizzare mascherine e camici. A Roma, i proprietari di Dresscode sono riusciti a non chiudere i battenti preservando posti di lavoro dedicandosi alla produzione di dispositivi di protezione, come ha raccontato in un post su Facebook il sindaco Virginia Raggi.
A Firenze le pelletterie Edo.Mat ed Elys Color di Scandicci hanno deciso di donare ad Anpas Toscana le mascherine autoprodotte.
Da Grosseto, arriva la storia della tappezzeria di Adolfo Lettieri che con il figlio Alessio produce mascherine protettive distribuendole gratis alla popolazione, alle varie comunità, quali pro loco, croce rossa, carceri e a varie associazioni di volontariato in tutta Italia.
Si cuciono mascherine anche nelle sartorie di quattro carceri milanesi - San Vittore, Opera, Bollate e Monza - per l'iniziativa "Italia is one". L'istituto di Monza ha già avviato la produzione. Oltre alle attività dei detenuti coinvolti e coordinati dalla cooperativa Alice (che da anni gestisce il lavoro nelle sartorie milanesi), al progetto hanno aderito un laboratorio extra carcerario milanese, la sartoria dello Sprar di Latina che, tramite la cooperativa sociale Astrolabio, normalmente cuce abiti grazie a donne vittime di tratta e in accoglienza e la società 'Mending for good'. L'obiettivo è cucire 10 mila mascherine a settimana. Finora quelle prodotte vengono 'testate' dai detenuti e poi vanno al laboratorio del Politecnico di Milano per la certificazione finale.