Regeni abbraccia Zaki sul murales: "Stavolta andrà tutto bene"
Zaki, ricercatore dell'Alma Mater di Bologna, noto per il suo impegno nel campo dei diritti umani e LGBT, è stato arrestato venerdì scorso mentre si trovava in Egitto per una vacanza
Un murales apparso sul muro che circonda Villa Ada a Roma, a pochi passi dall'Ambasciata d'Egitto, ritrae Giulio Regeni che abbraccia lo studente arrestato in Egitto Zaki. Davanti alle due figure campeggia la parola "Libertà" scritta in lingua araba. Nell'opera, Regeni rassicura Zaki, dicendogli:"Stavolta andrà tutto bene". L'opera è della street artist Laika.
"Questa frase - spiega l'artista - ha un doppio significato, serve a rassicurare Patrick, ma soprattutto a mettere davanti alle proprie responsabilità il governo egiziano e la comunità internazionale. Non si può permettere che quanto accaduto a Giulio Regeni e a troppi altri, avvenga di nuovo. Stavolta DEVE andare tutto bene. Mi auguro che questa vicenda vada a finire bene e che Zaki venga liberato il prima possibile. Spero anche che, pur non essendo un cittadino italiano, il nostro paese possa vigilare su quanto sta accadendo. Vorrei che questo mio piccolo gesto fosse da stimolo ai media per accendere ancora di più i riflettori sulla vicenda di Zaki".
Patrick George Zaki, ricercatore dell'Alma Mater di Bologna, noto per il suo impegno nel campo dei diritti umani e LGBT, è stato arrestato venerdì scorso mentre si trovava in Egitto per una vacanza e, stando a quanto riferito dal suo avvocato, sottoposto a torture da parte della polizia egiziana. È in stato di detenzione con diversi capi d'accusa, tra cui istigazione a proteste e propaganda di terrorismo.
Per il ricercatore, è forte la mobilitazione di politica e società civile. Sul caso si è acceso anche il faro dell'Unione europea: l'attenzione richiamata dall'Italia ha innescato l'attenzione del Servizio europeo per l'azione esterna (Seae), l'organismo che gestisce le relazioni diplomatiche dell'Ue con altri Paesi al di fuori dell'Unione, guidato dall'Alto rappresentante Josep Borrell. Il portavoce Peter Stano, interpellato dai giornalisti a Bruxelles, ha spiegato che il Seae è "al corrente del caso" di Zaky e lo sta "valutando" con la sua delegazione Ue al Cairo. In caso necessario, assicura, saranno intraprese "adeguate azioni. Appena avremo raccolto più informazioni saremo in grado di dire qualcosa di più concreto". L'Unione europea "sta cercando di stabilire tutti i fatti, e se sarà necessaria un'iniziativa, l'Unione sosterrà in pieno le autorità italiane". Una presa di posizione prudente, secondo Amnesty International, attesa, ma sicuramente non banale. "Nulla è inutile in questa fase - sottolinea Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia - ma ci aspettiamo un'azione incisiva e costante a partire dalla presenza - come chiesto dall'Italia - di osservatori Ue all'udienza o alle udienze che seguiranno, la prima delle quali il 22 febbraio".
Questa è una prima data clou per il destino di Zaky, al netto di novità precedenti: il 22, infatti, scadono i 15 giorni della prima ordinanza e quindi ci sarà a Mansoura un'udienza per decidere se rinviare a giudizio il ricercatore, se prorogare di altri 15 giorni la detenzione per supplemento di indagini o nel caso più favorevole se disporre il rilascio del 27enne.
"Questa frase - spiega l'artista - ha un doppio significato, serve a rassicurare Patrick, ma soprattutto a mettere davanti alle proprie responsabilità il governo egiziano e la comunità internazionale. Non si può permettere che quanto accaduto a Giulio Regeni e a troppi altri, avvenga di nuovo. Stavolta DEVE andare tutto bene. Mi auguro che questa vicenda vada a finire bene e che Zaki venga liberato il prima possibile. Spero anche che, pur non essendo un cittadino italiano, il nostro paese possa vigilare su quanto sta accadendo. Vorrei che questo mio piccolo gesto fosse da stimolo ai media per accendere ancora di più i riflettori sulla vicenda di Zaki".
Patrick George Zaki, ricercatore dell'Alma Mater di Bologna, noto per il suo impegno nel campo dei diritti umani e LGBT, è stato arrestato venerdì scorso mentre si trovava in Egitto per una vacanza e, stando a quanto riferito dal suo avvocato, sottoposto a torture da parte della polizia egiziana. È in stato di detenzione con diversi capi d'accusa, tra cui istigazione a proteste e propaganda di terrorismo.
Per il ricercatore, è forte la mobilitazione di politica e società civile. Sul caso si è acceso anche il faro dell'Unione europea: l'attenzione richiamata dall'Italia ha innescato l'attenzione del Servizio europeo per l'azione esterna (Seae), l'organismo che gestisce le relazioni diplomatiche dell'Ue con altri Paesi al di fuori dell'Unione, guidato dall'Alto rappresentante Josep Borrell. Il portavoce Peter Stano, interpellato dai giornalisti a Bruxelles, ha spiegato che il Seae è "al corrente del caso" di Zaky e lo sta "valutando" con la sua delegazione Ue al Cairo. In caso necessario, assicura, saranno intraprese "adeguate azioni. Appena avremo raccolto più informazioni saremo in grado di dire qualcosa di più concreto". L'Unione europea "sta cercando di stabilire tutti i fatti, e se sarà necessaria un'iniziativa, l'Unione sosterrà in pieno le autorità italiane". Una presa di posizione prudente, secondo Amnesty International, attesa, ma sicuramente non banale. "Nulla è inutile in questa fase - sottolinea Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia - ma ci aspettiamo un'azione incisiva e costante a partire dalla presenza - come chiesto dall'Italia - di osservatori Ue all'udienza o alle udienze che seguiranno, la prima delle quali il 22 febbraio".
Questa è una prima data clou per il destino di Zaky, al netto di novità precedenti: il 22, infatti, scadono i 15 giorni della prima ordinanza e quindi ci sarà a Mansoura un'udienza per decidere se rinviare a giudizio il ricercatore, se prorogare di altri 15 giorni la detenzione per supplemento di indagini o nel caso più favorevole se disporre il rilascio del 27enne.