Riscaldamento globale. A 30 anni di distanza dal primo allarme del dottor Hansen a che punto siamo?
Ce lo ricordano gli esperti interpellati da Associated Press
Il 23 giugno 1988 era una giornata afosa a Washington e divenne politicamente torrida quando James Hansen disse al Congresso degli Stati Uniti che il riscaldamento globale non si stava avvicinando ma era già arrivato. Quella testimonianza, portata direttamente nelle stanze del potere della più grande potenza economica e industriale del mondo da uno degli scienziati di punta della NASA, fu l'inzio ufficiale dell'era dei cambiamenti climatici.
A trenta anni di distanza - un lasso di tempo che gli studiosi del clima usano come termine di valutazione delle variazioni naturali - la temperatura media del pianeta è alzata di 1 grado Fahrenheit (circa 0,54 gradi Celsius) - dati ufficiali della National Oceanic and Atmospheric Administration americana (NOAA): "Il più grande cambiamento avvenuto negli ultimi 30 anni è che non possiamo pensare più solo al futuro", ha detto Kathie Dello, scienziato del clima all'Oregon State University di Corvallis sentito dall'Associated Press, "Il cambiamento climatico è qui, è ora e ci sta colpendo duramente da tutti i lati". Se il mondo si è riscaldato di mezzo grado negli Stati Uniti le cose sono andate peggio, con un incremento superiore di oltre il 50% di questa media globale.
Riscaldamento locale
Il riscaldamento non è stato solo globale, è stato anche, forse soprattutto, locale. Secondo un'analisi statistica di Associated Press su 30 anni di dati meteorologici, sui ghiacciai, sugli incendi, sugli oceani, di dati biologici e di altro tipo, ognuna delle 344 divisioni climatiche in cui la NOAA raggruppa le contee degli Stati Uniti con condizioni climatiche simili - si è riscaldata in modo significativo, così come ognuna delle 188 città esaminate. Gli effetti sono stati avvertiti particolarmente in città come Atlantic City, nel New Jersey, dove la temperatura media annuale è aumentata di 2,9 gradi Farhenheit (circa 1,5 Celsius) negli ultimi 30 anni, a Yakima, Washington, dove il termometro è salito ancora di più, come a Des Moines, Iowa, che si è scaldata di 3,3 gradi Farhenheit (circa 1,8 Celsius) dal 1988.
Nord più caldo del Sud
L'emisfero settentrionale si è riscaldato più di quello meridionale, la terra più rapidamente dell'oceano. Negli Stati Uniti, gli aumenti di temperatura sono stati più evidenti di notte, in estate e in autunno. Il calore poi è aumentato in proporzione più a Nord che a Sud. Dal 1988, i record di temperatura giornaliera sono stati infranti più di 2,3 milioni di volte nelle stazioni meteorologiche di tutti gli Usa, mezzo milione di volte in più rispetto ai record delle temperature minime.
L'AP ha intervistato più di 50 scienziati che hanno confermato la profondità e la diffusione del riscaldamento.
Il parere degli esperti
Clara Deser, responsabile dell'analisi del clima presso il Centro nazionale per la ricerca atmosferica, afferma che, quando si tratta di periodi di 30 anni in porzioni di territorio più piccole rispetto ai continenti o al globo nel suo complesso, non sarebbe saggio affermare che tutto il riscaldamento è provocato dall'uomo. I suoi studi dimostrano che in alcuni luoghi degli Stati Uniti, la variabilità del clima locale da addebitare alla natura potrebbe rappresentare circa la metà del riscaldamento.
Ma se si guarda la questione su scala globale, specialmente a partire dal 1970, quasi tutto il riscaldamento è stato provocato dall'uomo. A sostenerlo è Zeke Hausfather del gruppo scientifico indipendente Berkeley Earth. Senza l'anidride carbonica in più e altri gas serra, ha detto, la Terra si sarebbe leggermente raffreddata a causa di un indebolibento delle radiazioni solari. Numerosi studi scientifici e rapporti governativi calcolano che i gas serra nel quadro globale rappresentano oltre il 90% del riscaldamento post-industriale della Terra. "Ci vorrebbero secoli o forse un millennio per realizzare questo tipo di cambiamento attraverso cause naturali: quello a cui siamo di fronte invece è un ritmo vertiginoso", dice Kim Cobb, scienziato del clima presso la Georgia Tech di Atlanta.
Diversi esperti sostengono che quello che potrebbe sembrare solo un piccolo aumento di temperatura non va preso alla leggera. "Basta alzare il termostato di quella stessa quantità di gradi per accorgersi dell'effetto sul proprio benessere", avverte Deke Arndt, responsabile del controllo climatico della NOAA ad Asheville, nella Carolina del Nord, uno Stato che ha visto la temperatura media alzarsi di circa 1,8 gradi Fahrenheit (circa 1 grado centigrado) in questi 30 anni. Ma Arndt dice anche che le temperature medie non raccontano tutta la storia: "Sono gli eventi estremi che questi cambiamenti comportano".
Eventi climatici estremi
Secondo fonti federali, negli Stati Uniti, il numero degli eventi climatici estremi come bombe d'acqua che provocano alluvioni, siccità estese, ondate di calore o freddo pungente e neve - è raddoppiato in 30 anni. Le piogge torrenziali lungo la costa nordorientale sono più che raddoppiate. Il caso di Brockton nel Massachusetts è sintomatico. Secondo i dati del NOAA la città ha registrato solo un giorno con oltre 10 centimetri di pioggia dal 1957 al 1988, ma questi episodi nei trenta anni successivi sono stati più di una dozzina. Ellicott City, nel Maryland, ha appena avuto la sua seconda inondazione millenaria in poco meno di due anni.
E che dire degli uragani atlantici estivi? Secondo Brian McNoldy, studioso di uragani dell'Università di Miami, ad oggi, in media, il primo uragano si forma quasi un mese in anticipo rispetto a quano non accadesse prima del 1988. I 14 uragani più costosi in termini di danni della storia americana sono avvenuti dopo il 1988, riflettendo sia lo sviluppo costiero in crescita che un periodo che includeva le tempeste atlantiche più intense mai registrate. E dal MIT avvertono che nel 2017 per rispondere all'emergenza provocata da questi eventi catastrofici se n'è andata più di metà del bilancio federale della Difesa.
La cartina di tornasole: l'Artico
Gli scienziati che si occupano di clima sono concordi nell'indicare l'Artico come uno dei luoghi in cui i cambiamenti sono più evidenti con la drammatica riduzione di ghiaccio marino, la fusione della calotta polare della Groenlandia, i ghiacciai che arretrano e lo scongelamento del permafrost. L'Artico si è riscaldato due volte più velocemente del resto del mondo.
In Alaska per esempio la temperatura si è alzata di 2,4 gradi Fahrenheit (oltre 1 grado Celsius) all'anno dal 1988 e di ben 5,4 gradi (3 gradi Celsius) in inverno. Dal 1988, a Utqiagvik la temperatura media si è innalzata più di 6 gradi (oltre 3 gradi Celsius) all'anno e più di 9 gradi (oltre 5 gradi Celsius) in inverno. "Il cambiamento di temperatura è evidente, il nostro terreno si sta sciogliendo", dice Mike Aamodt, 73 anni, ex sindaco della città, "Viviamo nel cambiamento climatico."
La quantità di ghiaccio marino artico a settembre, momento in cui diminuisce di più, si è ridotta di quasi un terzo dal 1988. Secondo Michael Mann, studioso del clima presso la Pennsylvania State University, il ghiaccio artico sta scomparendo con 50 anni di anticipo rispetto a quanto previsto dagli scienziati. E Mark Serreze, direttore del National Data and Ice Data Center, aggiunge: "Abbiamo un nuovo oceano navigale, almeno in estate, l'oceano Artico."
La scomparsa dei ghiacciai
La gran parte dei ghiacciai in tutto il mondo si è ridotta. Un satellite della NASA che misura i mutamenti di massa ha calcolato che i ghiacciai del pianeta hanno perso 279 miliardi di tonnellate di ghiaccio - circa 67 trilioni di litri d'acqua - dal 2002 al 2017. Una storia sintomatica è quella del ghiacciaio di Portage, sempre in Alaska. Nel 1986 fu aperto il centro visitatori di Begich Boggs proprio per valorizzare questa bellezza nazionale ma da allora il ghiacciaio non ha fatto altro che restringersi. Brian Brettschneider, climatologo dell'Università dell'Alaska Fairbanks, constata con amarezza: "Il ghiacciaio? Dal centro visitatori non puoi assolutamente, ed è così ormai da 15 anni..." Sempre secondo il satellite NASA, anche le superfici ghiacciate della Groenlandia e dell'Antartide occidentale si sono ridotte in questi anni, sciogliendo circa 455 miliardi di tonnellate di ghiaccio nell'acqua, una quantità sufficiente per coprire l'intero stato della Georgia sotto quasi tre metri d'acqua.
L'innalzamento degli oceani
Una quantità sufficiente, insieme a tutto il ghiaccio che si scioglie, ad innalzare il livello degli oceani. I satelliti della NASA hanno mostrato complessivamento un aumento di 75 millimetri del livello del mare negli ultimi 25 anni. Visto che oltre il 70% del pianeta è coperto da oceani, un innalzamento di 75 millimetri significa circa 27.150 chilometri cubici di acqua in più. Una massa d'acqua sufficiente a mettere tutti gli Stati Uniti sotto quasi tre metri d'acqua.