Ritorno a Lesbo, la barriera anti-immigrazione dell'Ue sul punto di scoppiare
Tre anni fa le immagini quotidiane degli sbarchi sull'Isola del Mar Egeo, una delle porte dell'Europa dove l'emergenza migranti non è mai finita. Il reportage fotografico di Associated Press
Nel cuore di Moria, il sovraffollato campo profughi sull'isola greca di Lesbo, c'è un edificio rettangolare circondato dalla polizia e protetto da filo spinato: è proibito anche fotografarlo. È in questo edificio che migliaia di migranti vengono intervistati dai funzionari del campo e dove alla fine viene loro comunicato se avranno il permesso di lasciare l'isola.
Ziad Rashid, quarantaduenne dalla Siria è un caso emblematico. "Vietato viaggiare fuori da Lesbo" si legge sul suo permesso di asilo tutto consumato. "Sono qui da due anni", dice Rashid cercando di trovare le parole in inglese e in un greco molto approssimativo. Doveva essere rimpatriato dopo aver perso l'appello nei confronti della decisione che aveva respinto la sua domanda di asilo. Ma la Turchia rifiuta di riamettere effettivamente i migranti e dunque Rashid non ha un posto dove andare: "E' un grosso problema."
Lesbo sta per affrontare la quarta estate di crisi dei migranti. È una delle cinque isole greche vicino la costa della Turchia utilizzata dall'Unione europea per costituire una barriera contro il flusso migratorio dopo che, nel biennio 2015-2016, oltre un milione di persone erano sbarcate su queste coste, dirette verso i paesi dell'Europa continentale.
Oggi, con i suoi 7000 abitanti, il campo profughi di Moria sta scoppiando (si tratta di una popolazione tre volte superiore alla sua capienza) e sono sempre più frequenti le risse e gli episodi di violenza innescati da banali controversie. All'interno del campo, un ospedale di Medici senza Frontiere si fa carico della cura in particolare dei 2mila bambini presenti. Dopo un breve periodo di calo il numero degli arrivi sulle isole è aumentato, dai 50 al giorno del 2017 ai circa 200 al giorno delle ultime settimane, mentre le domande di asilo si accumulano ormai da tre anni.
Il divieto per i richiedenti asilo di viaggiare fuori da questi cinque grandi CIE a cielo aperto nel mar Egeo (Lesbo, Chio, Samo, Leros e Kos) che è parte integrante della controversa "politica di contenimento" dell'Unione Europea, sta creando grandi tensioni perché nelle isole cominciano a nascere tendopoli improvvisate fuori dai campi, cosa che naturalmente provoca la reazione della popolazione locale. E mentre a causa di questo tappo riprende il flusso sulla rotta continentale il parlamento greco discute un progetto di legge volto ad allentare la pressione sulle isole. Secondo questa proposta ai migranti verrebbe permesso di trasferirsi nei campi della Grecia continentale, ma sarebbe sempre impedito loro di lasciare le aree del Paese in cui sono collocati. Il piano ha già suscitato le proteste deigli attivisti per i diritti dei migranti, secondo i quali le cattive condizioni di vita nelle isole sono da addebitare proprio alla politica di contenimento.
Distribuite su una collina, le tende a forma di scatola di scarpe di Moria sono la patria di rifugiati dalla Siria, dall'Iraq, dal Congo e da una cinquantina di altre aree di crisi globale. Il campo sovraffollato, ma tenuto ancora più o meno in ordine, si riversa nei campi improvvisati intorno dove i richiedenti asilo - per lo più uomini africani - hanno poche speranze di andarsene. Di qui sono recentemente passati gli osservatori di Amnesty International e hanno trovato centinaia di persone che dormivano in ripari improvvisati, bambini abbandonati a se stessi, molti che passavano la notte direttamente nei campi. Depressione, stati d'ansia e pulsioni suicide: queste, tra le altre, le patologie lamentate dai migranti, mentre molte donne vivono in allarme costantemente a rischio di abusi sessuali.
La politica di contenimento delle isole è iniziata due anni fa. L'UE ha incoraggiato i Paesi sulla rotta verso ovest a chiudere i confini, ha chiesto alla NATO di pattugliare il Mar Egeo orientale e ha promesso 6 miliardi di euro alla Turchia per trattenere i migranti e accettare i rimpatri dalla Grecia. Dopo l'accordo tra l'UE e Turchia, i paesi dell'UE hanno accolto 22.000 rifugiati dalla Grecia, mentre solo 2.000 sono stati restituiti alla Turchia. Vitsas, il ministro dell'Immigrazione, è stato recentemente a Lesbo insieme al primo ministro Tsipras per promettere più aiuto per l'isola, dal miglioramento del servizio di pronto soccorso al pagamento più rapido dei sussidi agricoli. Ma queste promesse non hanno loro risparmiato le rimostranze degli abitanti che hanno lamentato l'aumento della microcriminalità da quando i campi non riescono più a contenere le migliaia di migranti. Molti abitanti dell'isola infine sono arrabbiati perché temono di perdere i vantaggi economici della stagione turistica estiva. Particolarmente insofferenti i commercianti, che hanno fatto una serrata durante la visita, e gli albergatori: "Abbiamo dato il benvenuto ai rifugiati, ma c'è un problema e deve essere preso seriamente. Avevamo una buona qualità della vita qui ed è stata portata via" dice al reporter di Associated Press Akis Argiropoulos, manager di un hotel nella capitale dell'isola, Mitilene: "Senza le strutture adeguate e la polizia, l'isola non può sostenere questo peso".