Russia, Putin inaugura monumento a Solzhenitsyn: "Fu un vero patriota"
La cerimonia nel giorno in cui ricorre il centenario della nascita dello scrittore Premio Nobel
Il presidente russo Vladimir Putin ha inaugurato oggi a Mosca una statua di Aleksandr Solzhenitsyn, nel giorno in cui ricorre il centenario della nascita, parlando dello scrittore, Premio Nobel per la letteratura nel 1970, e dissidente morto a Mosca nel 2008, come di un "vero patriota".
Anche in esilio (dopo l'espulsione dall'Urss nel 1974, lo scrittore si stabilì nel Vermont fino al 1994, quando fece ritorno in Russia), Solzhenitsyn "non consentiva a nessuno di parlare male o con sufficienza della sua madrepatria". "Si ergeva contro qualsiasi forma di russofobia", ha sottolineato Putin, in un riferimento al termine che viene ora usato di frequente nella narrativa politica contemporanea russa.
Il presidente ha poi ricordato che lo scrittore aveva denunciato nel regime comunista "un sistema totalitario che provocava sofferenza e reali difficoltà a milioni di persone". "La cosa più importante è che la voce di Solzhenitsyn continui a risuonare, che i suoi pensieri e le sue idee risuonino nei cuori e nelle menti della gente", ha aggiunto Putin. Fra gli ospiti alla cerimonia di oggi la vedova dello scrittore, Natalya. "La gente continua a uccidersi, a costringersi alla povertà, alla fame, a situazioni pesanti, quindi la giornata di Ivan Denisovich (il lungo racconto della giornata di un detenuto di un gulag con cui Solzhenitsyn divenne famoso in Urss e in tutto il mondo pubblicato sulla rivista Novy Mir nel 1962, ndr)", ha affermato.
Solzhenitsyn era tornato in Russia nel maggio del 1994: dopo una prima tappa a Vladivostok, era arrivato alla stazione Yaroslavsky di Mosca in treno il 21 luglio di quell'anno, accolto in entrambe le occasioni da una folla in festa. Da subito tuttavia aveva riconosciuto come la Russia "fosse cambiata oltre ogni possibilità di riconoscimento". "Nessuno si aspettava che l'uscita dal comunismo sarebbe stata indolore, ma nessuno che sarebbe stata dolorosa a tal punto. La Russia sta vivendo in un'orgia di vizio e immoralità", aveva detto, riconoscendo i danni, ma ancora speranzoso di un loro superamento con la forza che riconosceva all'anima russa. Questi problemi che lo avrebbero portato a breve a criticare il governo di Eltsin come una oligarchia.
Contrariamente a dissidenti come Ludmilla Alekseeva, scomparsa sabato all'età di 91 anni e a cui è stato tributato oggi l'ultimo saluto anche da Putin, Solzhenitsyn mantenne negli anni una posizione fortemente nazionalista e non criticò il nuovo presidente russo, che lo andò a trovare a casa l'anno precedente alla morte dopo avergli conferito una onorificenza, e che rispettava per aver ricostituito un paese forte.
Anche in esilio (dopo l'espulsione dall'Urss nel 1974, lo scrittore si stabilì nel Vermont fino al 1994, quando fece ritorno in Russia), Solzhenitsyn "non consentiva a nessuno di parlare male o con sufficienza della sua madrepatria". "Si ergeva contro qualsiasi forma di russofobia", ha sottolineato Putin, in un riferimento al termine che viene ora usato di frequente nella narrativa politica contemporanea russa.
Il presidente ha poi ricordato che lo scrittore aveva denunciato nel regime comunista "un sistema totalitario che provocava sofferenza e reali difficoltà a milioni di persone". "La cosa più importante è che la voce di Solzhenitsyn continui a risuonare, che i suoi pensieri e le sue idee risuonino nei cuori e nelle menti della gente", ha aggiunto Putin. Fra gli ospiti alla cerimonia di oggi la vedova dello scrittore, Natalya. "La gente continua a uccidersi, a costringersi alla povertà, alla fame, a situazioni pesanti, quindi la giornata di Ivan Denisovich (il lungo racconto della giornata di un detenuto di un gulag con cui Solzhenitsyn divenne famoso in Urss e in tutto il mondo pubblicato sulla rivista Novy Mir nel 1962, ndr)", ha affermato.
Solzhenitsyn era tornato in Russia nel maggio del 1994: dopo una prima tappa a Vladivostok, era arrivato alla stazione Yaroslavsky di Mosca in treno il 21 luglio di quell'anno, accolto in entrambe le occasioni da una folla in festa. Da subito tuttavia aveva riconosciuto come la Russia "fosse cambiata oltre ogni possibilità di riconoscimento". "Nessuno si aspettava che l'uscita dal comunismo sarebbe stata indolore, ma nessuno che sarebbe stata dolorosa a tal punto. La Russia sta vivendo in un'orgia di vizio e immoralità", aveva detto, riconoscendo i danni, ma ancora speranzoso di un loro superamento con la forza che riconosceva all'anima russa. Questi problemi che lo avrebbero portato a breve a criticare il governo di Eltsin come una oligarchia.
Contrariamente a dissidenti come Ludmilla Alekseeva, scomparsa sabato all'età di 91 anni e a cui è stato tributato oggi l'ultimo saluto anche da Putin, Solzhenitsyn mantenne negli anni una posizione fortemente nazionalista e non criticò il nuovo presidente russo, che lo andò a trovare a casa l'anno precedente alla morte dopo avergli conferito una onorificenza, e che rispettava per aver ricostituito un paese forte.