Russia, vincono i sì. Il 77, 9% dei voti è a favore della riforma costituzionale di Putin
L'elettorato ha appoggiato la riforma che di fatto introduce una nuova Costituzione, che permetterà a Putin di ricandidarsi per altri due mandati
Dopo aver contato il 100% dei voti espressi nella votazione nazionale sugli emendamenti alla Costituzione russa, la Commissione Elettorale Centrale ha annunciato che il 77,92% dei cittadini ha sostenuto gli emendamenti e il 21,27% ha votato contro.
Si tratta di una percentuale decisamente più alta di quelle registrate nei sondaggi svolti alla vigilia della consultazione popolare (in via eccezionale spalmata su sette giorni e conclusasi il 1 luglio) che supera le aspettative del Cremlino che, secondo gli analisti, si sarebbe "accontentato" di un'approvazione del possente pacchetto di emendamenti tra il 60 e il 70%. L'affluenza a livello nazionale è stata di quasi il 65%. In tutte le regioni della Federazione, l'elettorato ha appoggiato la riforma che di fatto introduce una vera e propria nuova Costituzione, che permetterà a Putin di ricandidarsi per altri due mandati (prospettiva preclusagli in precedenza per via del vincolo dei due mandati consecutivi). In teoria potrebbe restare al potere fino al 2036, allontanando lo spettro di una lotta per la successione.
La riforma costituzionale di Putin
Se la novità principale, anche se poco pubblicizzata, riguarda proprio l'eliminazione del limite dei due mandati presidenziali consecutivi, la riforma prevede anche una serie di emendamenti non di poco conto.
Alcuni ridisegnano in parte le competenze dei vari organi statali aumentando di fatto i poteri del capo dello Stato. Altri danno valore costituzionale al patriottismo e ai principi conservatori promossi da Putin in questi 20 anni ai vertici della Federazione. Nella "nuova Costituzione", ad esempio, il matrimonio sarà definito come "un'unione tra un uomo e una donna" rinvigorendo il divieto dei matrimoni gay in un Paese in cui i diritti delle minoranze sessuali sono regolarmente calpestati. Nella legge fondamentale dello Stato inoltre si inserisce un accenno alla "fede in Dio", si vieta di sminuire il contributo sovietico nella lotta al nazismo e di cedere ad altri Paesi parti del territorio russo: un modo quest'ultimo per ribadire che Mosca non intende restituire all'Ucraina la Crimea, annessa di fatto dalla Russia nel 2014. Infine, si afferma che la Russia è l'erede dell'Urss e si legittimano così le mire del Cremlino sullo scacchiere internazionale.
C'è poi una terza categoria di emendamenti che riguardano il benessere socio-economico e che servono ad attirare voti: introducono nella Costituzione l'indicizzazione delle pensioni e vietano che gli stipendi siano inferiori al minimo di sussistenza, per ora fissato a 135 euro al mese.
Per quanto riguarda l'assetto istituzionale, il capo dello Stato potrà adesso imporre il proprio candidato premier anche senza sciogliere la Duma nel caso in cui questa respinga tre volte la persona scelta dal presidente per guidare l'esecutivo. Il presidente potrà inoltre destituire i giudici della Corte costituzionale e della Corte suprema e "dirigere il lavoro generale del governo", che così viene di fatto subordinato al Cremlino, a cui in futuro i ministri risponderanno direttamente.
Gli ex presidenti diverranno poi senatori a vita ottenendo così l'immunità parlamentare. Si rafforza anche il Consiglio di Stato, che finora ha solo avuto funzione consultiva e ora diventa invece un organo di rilevanza costituzionale col potere di indicare "la direzione della politica interna e di quella estera e le priorità socio-economiche" del Paese. Per questa ragione, non è da escludere che Putin possa un giorno presiedere questo istituto.
La Russia di Putin si dota inoltre di una sorta di filtro per eliminare le sentenze dei tribunali internazionali che non le vanno a genio: un emendamento prevede infatti che il diritto internazionale non si applichi nel caso in cui la Corte Costituzionale lo reputi in contrasto con la legge russa.
C'è chi dice no
La svolta non è arrivata senza critiche. Specie a San Pietroburgo e a Mosca. Sulla Piazza Rossa un gruppo di attivisti si è disteso sul selciato per disegnare coi propri corpi la cifra "2036", l'anno appunto della fine potenziale del regno di Putin (tutti bloccati dalla polizia). E anche nella capitale del nord ci sono state manifestazioni di protesta. Il circolo delle opposizioni è d'altra parte sul piede di guerra fin dal giorno uno. Le indicazioni che il voto è stato fortemente condizionato dalle pressioni delle autorità sui dipendenti pubblici o delle grandi aziende che fanno capo allo Stato si sono moltiplicate nel corso degli ultimi giorni e c'è chi, come l'ex blogger Alexei Navalny, ha parlato apertamente di brogli, specie per quanto riguarda il voto online, organizzato a Mosca e Nizhny Novgorod.
Il Cremlino ha bollato il tutto come "fake news oltre ogni limite". Poi sia la Commissione Elettorale Centrale che il ministero dell'Interno hanno detto chiaramente che le violazioni non sono state tali da inficiare la validità del referendum.
Si tratta di una percentuale decisamente più alta di quelle registrate nei sondaggi svolti alla vigilia della consultazione popolare (in via eccezionale spalmata su sette giorni e conclusasi il 1 luglio) che supera le aspettative del Cremlino che, secondo gli analisti, si sarebbe "accontentato" di un'approvazione del possente pacchetto di emendamenti tra il 60 e il 70%. L'affluenza a livello nazionale è stata di quasi il 65%. In tutte le regioni della Federazione, l'elettorato ha appoggiato la riforma che di fatto introduce una vera e propria nuova Costituzione, che permetterà a Putin di ricandidarsi per altri due mandati (prospettiva preclusagli in precedenza per via del vincolo dei due mandati consecutivi). In teoria potrebbe restare al potere fino al 2036, allontanando lo spettro di una lotta per la successione.
La riforma costituzionale di Putin
Se la novità principale, anche se poco pubblicizzata, riguarda proprio l'eliminazione del limite dei due mandati presidenziali consecutivi, la riforma prevede anche una serie di emendamenti non di poco conto.
Alcuni ridisegnano in parte le competenze dei vari organi statali aumentando di fatto i poteri del capo dello Stato. Altri danno valore costituzionale al patriottismo e ai principi conservatori promossi da Putin in questi 20 anni ai vertici della Federazione. Nella "nuova Costituzione", ad esempio, il matrimonio sarà definito come "un'unione tra un uomo e una donna" rinvigorendo il divieto dei matrimoni gay in un Paese in cui i diritti delle minoranze sessuali sono regolarmente calpestati. Nella legge fondamentale dello Stato inoltre si inserisce un accenno alla "fede in Dio", si vieta di sminuire il contributo sovietico nella lotta al nazismo e di cedere ad altri Paesi parti del territorio russo: un modo quest'ultimo per ribadire che Mosca non intende restituire all'Ucraina la Crimea, annessa di fatto dalla Russia nel 2014. Infine, si afferma che la Russia è l'erede dell'Urss e si legittimano così le mire del Cremlino sullo scacchiere internazionale.
C'è poi una terza categoria di emendamenti che riguardano il benessere socio-economico e che servono ad attirare voti: introducono nella Costituzione l'indicizzazione delle pensioni e vietano che gli stipendi siano inferiori al minimo di sussistenza, per ora fissato a 135 euro al mese.
Per quanto riguarda l'assetto istituzionale, il capo dello Stato potrà adesso imporre il proprio candidato premier anche senza sciogliere la Duma nel caso in cui questa respinga tre volte la persona scelta dal presidente per guidare l'esecutivo. Il presidente potrà inoltre destituire i giudici della Corte costituzionale e della Corte suprema e "dirigere il lavoro generale del governo", che così viene di fatto subordinato al Cremlino, a cui in futuro i ministri risponderanno direttamente.
Gli ex presidenti diverranno poi senatori a vita ottenendo così l'immunità parlamentare. Si rafforza anche il Consiglio di Stato, che finora ha solo avuto funzione consultiva e ora diventa invece un organo di rilevanza costituzionale col potere di indicare "la direzione della politica interna e di quella estera e le priorità socio-economiche" del Paese. Per questa ragione, non è da escludere che Putin possa un giorno presiedere questo istituto.
La Russia di Putin si dota inoltre di una sorta di filtro per eliminare le sentenze dei tribunali internazionali che non le vanno a genio: un emendamento prevede infatti che il diritto internazionale non si applichi nel caso in cui la Corte Costituzionale lo reputi in contrasto con la legge russa.
C'è chi dice no
La svolta non è arrivata senza critiche. Specie a San Pietroburgo e a Mosca. Sulla Piazza Rossa un gruppo di attivisti si è disteso sul selciato per disegnare coi propri corpi la cifra "2036", l'anno appunto della fine potenziale del regno di Putin (tutti bloccati dalla polizia). E anche nella capitale del nord ci sono state manifestazioni di protesta. Il circolo delle opposizioni è d'altra parte sul piede di guerra fin dal giorno uno. Le indicazioni che il voto è stato fortemente condizionato dalle pressioni delle autorità sui dipendenti pubblici o delle grandi aziende che fanno capo allo Stato si sono moltiplicate nel corso degli ultimi giorni e c'è chi, come l'ex blogger Alexei Navalny, ha parlato apertamente di brogli, specie per quanto riguarda il voto online, organizzato a Mosca e Nizhny Novgorod.
Il Cremlino ha bollato il tutto come "fake news oltre ogni limite". Poi sia la Commissione Elettorale Centrale che il ministero dell'Interno hanno detto chiaramente che le violazioni non sono state tali da inficiare la validità del referendum.