10 anni fa moriva Gheddafi da 42 anni al potere in Libia
Fu catturato, torturato e ucciso dai ribelli del Consiglio nazionale di transizione
Gheddafi fu catturato nei pressi di Sirte, sua zona d'origine, nel nord della Libia sull'omonimo golfo. Era stato localizzato già ad agosto, quando le forze ribelli stavano per conquistare Tripoli. Il 20 ottobre 2011, vista l'inutilità degli sforzi per difendere Sirte nella quale si era asserragliato, tentò di fuggire nel deserto per continuare la resistenza dalle dune, ma il convoglio in cui viaggiava fu individuato da droni statunitensi e attaccato da aerei francesi. Ferito alle gambe e catturato vivo, fu picchiato a lungo per poi essere ucciso con un colpo di pistola alla testa e i suoi ultimi momenti di vita furono registrati in numerosi video.

Il suo corpo martoriato venne esposto al pubblico al mercato in segno di sfregio e seppellito all'alba di cinque giorni dopo nel deserto, in un luogo segreto in modo che nessuno potesse andare sulla sua tomba. In ogni caso, la sua sepoltura avvenne ''secondo il rito islamico'' spiegarono i ribelli per cercare di mettere a tacere le critiche sulle ultime ore di Gheddafi, anche da parte della comunità internazionale che chiedeva chiarezza e rispetto dei diritti umani. Con la sua morte l'allora Consiglio Nazionale di Transizione (Cnt) proclamò la "liberazione" del Paese.
Il "capo della rivoluzione" che nel 1969 aveva rovesciato la monarchia era stato spazzato via dai venti della primavera araba, ma soprattutto da un controverso intervento internazionale, lanciato nel 2011 sotto l'egida della Nato. Raid che però hanno fatto anche precipitare il Paese nordafricano in una spirale di guerre civili (quella del 2014 e l'attacco del generale Khalifa Haftar a Tripoli nel 2019/'20) e divisioni alimentate da ingerenze straniere: solo l'anno scorso è stato istituito un governo di transizione, sotto l'egida delle Nazioni Unite, per guidare il Paese verso le elezioni presidenziali previste per il 24 dicembre.
La vita, i simboli
Capitano, autoproclamatosi colonnello, Muammar Gheddafi è stato il più longevo leader del mondo arabo. Nato a Sirte, in Libia, nel 1942, ha guidato il Paese per 42 anni, da quando il primo settembre del 1969 rovesciò con un colpo di Stato re Idris. Aveva 27 anni quando divenne ufficialmente la 'Guida della grande rivoluzione della Grande Jamahiriya araba libica popolare e socialista'. Leader controverso, non vantò mai un sostegno condiviso tra i capi di Stati arabi e sulla scena internazionale, anche per aver offerto appoggio a movimenti radicali. Ultimo figlio di una famiglia di beduini, Gheddafi era cresciuto con il mito del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser e il suo sogno era sempre stato quello di promuovere l'unità araba. Entrato nell'accademia militare di Bengasi nel 1963, Gheddafi organizzò giovanissimo un movimento segreto per rovesciare la monarchia libica filo-occidentale. Dalla sua ascesa al potere, istaurò un ''socialismo islamico'', come lui lo ha definito, con tinte di nazionalismo pan-arabo.
Come altre figure rivoluzionarie prima di lui, anche Gheddafi ha delineato la sua filosofia politica nel 'Libro Verde'. Il testo pubblicato tra il 1975 e il 1979 racchiude la dottrina politica del leader libico. Il volume, in cui vengono descritti gli ideali dello stato islamico-socialista, contiene quelli che, senza temere di apparire immodesto, lo stesso colonnello definì come i principi della "terza teoria universale". Nel libro, scritto dal Gheddafi condottiero e ideologo, era esposta in maniera sintetica la sua visione della democrazia e dell'economia, prendendo le distanze tanto dal modello occidentale, accusato di non essere democratico, che dal comunismo.
Gheddafi e i rapporti con la comunità internazionale
Nel corso della sua vita furono diversi gli attriti tra Gheddafi e la comunità internazionale, in particolare con gli Stati Uniti. Nel 1981, con l'avvento alla Casa Bianca di Ronald Reagan, i rapporti tra Washington e Tripoli peggiorarono, nonostante la Libia continuasse a esportare oltre il 40 per cento del proprio petrolio verso gli Usa. Il 19 agosto del 1981 vi fu il primo scontro aereo tra libici e statunitensi sul golfo di Sirte. Peggiorarono anche i rapporti con l'Italia, dietro pressioni di Washington, che cercava di isolare commercialmente e politicamente la Libia.
Gheddafi ebbe una svolta politica negli anni Ottanta: la sua indole anti-israeliana e anti-americana lo portò a sostenere gruppi terroristi, quali per esempio l'irlandese Ira e il palestinese Settembre Nero. Fu anche accusato dall'intelligence statunitense di aver organizzato degli attentati in Scozia e Francia, ma si dichiarò sempre innocente. Si rese anche responsabile del lancio di un missile contro Lampedusa.
Divenuto il nemico numero uno degli Stati Uniti d'America, fu progressivamente emarginato dalla Nato. Nel 1986, Gheddafi fu attaccato militarmente per volere di Reagan: nel massiccio bombardamento morì la sua figlia adottiva, ma il colonnello ne uscì indenne. Il 21 dicembre del 1988 esplodeva un aereo passeggeri sopra la cittadina scozzese di Lockerbie: morirono tutte le 259 persone a bordo. L'Onu attribuì alla Libia la responsabilità di quell'attentato e chiese al governo di Tripoli l'arresto di due suoi cittadini accusati di essere coinvolti. Gheddafi rifiutò e le Nazioni Unite approvarono la risoluzione 748, che sancì un pesante embargo economico contro la Libia.
Nel 1999, con la decisione della Libia di cambiare atteggiamento nei confronti della comunità internazionale, Tripoli consegnò i sospettati di Lockerbie: Abdelbaset ali Mohamed al-Megrahi fu condannato all'ergastolo nel gennaio 2001 da una corte scozzese, mentre Al Amin Khalifa Fhimah fu assolto.
Negli ultimi anni al potere Gheddafi cambiò registro: condannò l'invasione dell'Iraq ai danni del Kuwait del 1990 e successivamente sostenne le trattative di pace tra Etiopia ed Eritrea. Nei primi anni Duemila, gli ultimi sviluppi della politica libica di Gheddafi portarono a un riavvicinamento agli Usa e alle democrazie europee, con un parallelo allontanamento dall'integralismo islamico. Grazie a questi passi l'allora presidente statunitense George W. Bush decise di togliere la Libia dalla lista degli 'Stati Canaglia' ristabilendo pieni rapporti diplomatici. Riguardo l'Italia, Gheddafi e il premier Silvio Berlusconi firmarono il 30 agosto del 2008 a Bengasi il Trattato di Amicizia, mettendo fine a tutte le controversie risalenti all'epoca coloniale. Gheddafi si vantò di essere l'unico leader nordafricano ad aver ottenuto le scuse ufficiali per l'occupazione subita dal suo paese e decise che le foto di quell'evento, sarebbero state impresse sui nuovi passaporti libici.
Ennesima di una serie di stravaganze e ostentati simboli di potere: dal Libro Verde alla residenza-bunker di Bab al-Aziziya, dalla celebre tenda beduina e la famosa Piazza Verde di Tripoli alle amazzoni che portò anche a Roma nel 2009. Rappresentavano la guardia personale tutta al femminile del leader libico. Le 'Gheddafi-girls', come vennero definite ironicamente, erano state addestrate a difendere il loro leader a costo della vita. Si diceva che il leader libico le avesse scelte personalmente, una ad una e che, una volta selezionate, facessero voto di castità.
La volontà di appropriarsi di uno dei simboli del vecchio regime spinse gli insorti, dopo essere entrati a Tripoli a seguito della morte di Gheddafi, ad occupare la famosa Piazza Verde, divenuta ben presto uno dei luoghi simbolo della rivolta contro il colonnello. Già ribattezzata piazza dei Martiri, Piazza Verde durante il periodo coloniale italiano era chiamata Piazza Italia e dal 1951 al 1969 Piazza Indipendenza. In quel periodo ospitò la Fontana dei Cavalli Marini, il palazzo degli uffici del governo della Libia e il Consiglio delle Corporazioni della Libia Occidentale. Ospitò varie volte manifestazioni propagandistiche del regime di Gheddafi, anche nei mesi della rivolta, quando il colonnello si rivolse ai suoi sostenitori in diverse occasioni.
A Tripoli c'era un altro dei simboli del regime di Gheddafi, il compound di Bab al-Aziziya ( La splendida porta), il centro nevralgico del potere del rais, che qui aveva la sua residenza-bunker. Il complesso era una vera e propria cittadella che ospitava al suo interno installazioni militari, abitazioni e la residenza dello stesso colonnello e dei suoi familiari. Al centro di Bab al-Aziziya spiccava il palazzo colpito in raid Usa nel 1986, mai ricostruito per volere dello stesso colonnello che lo fece ribattezzare 'Casa della resistenza'. Davanti al palazzo era stato anche realizzato un monumento in memoria dei fatti di 25 anni prima che mostrava un pugno dorato che si chiudeva stritolando un caccia americano.
All'interno dell'immenso compound si trovava inoltre la celebre tenda beduina di Gheddafi, usata dal colonnello in tutte le sue visite ufficiali all'estero, arredata in stile arabo con divani, tappeti, cuscini sparsi ovunque, tavolini intarsiati e servizi da tè in ottone. Proprio la tenda beduina era stata uno dei più ostentati simboli di potere del regime libico. Gheddafi, in ogni viaggio fuori dalla Libia, infatti, pretendeva sempre di alloggiare nella sua tenda, come avvenuto anche nell'agosto del 2010 in occasione del suo terzo e ultimo soggiorno in Italia.